Lo so, di World of Warcraft ho già parlato tanto, forse fin troppo nelle scorse settimane. Difficile aggiungere altro dopo il maxi-speciale riguardante tutto quel che sappiamo su WoW Classic, lettura imprescindibile se siete interessati al nuovo (vecchio) gioco targato Blizzard Entertainment.
Eppure in questa puntata di Plinious Ex Machina vorrei fornire un punto di vista diverso, una prospettiva più personale sul tema. Perché le cose non sono mai bianche o nere, ma presentano tutta una serie di sfumature di grigio, e la storica apertura di Blizzard ai server classici, in uscita tra pochissimi giorni, rappresenta un importante cambio di strategia da parte dello studio californiano, non necessariamente per il meglio.
Un anno e nove mesi dopo
Certo è che ne è passato di tempo da quella BlizzCon 2017, quando la compagnia di Irvine svelò la prossima espansione di WoW, Battle for Azeroth, e poi a sorpresa annunciò il progetto Classic, dopo tanti anni di chiusure e tentennamenti.
I motivi per cui Blizzard si convinse finalmente ad aprire dei server classici ufficiali son tanti: la gente li vuole, la community lo ha chiesto a gran voce per un sacco di tempo e la stessa Blizzard è riuscita a sviluppare la tecnologia per renderli possibili. La cosa, inoltre, può rivelarsi un ottimo affare dal punto di vista economico, cosa che di certo non lascia indifferenti i vertici dell’azienda. Ad un certo punto Blizzy si è fatta quattro conti e ha capito che la richiesta di server Vanilla era talmente alta che il gioco valeva la candela. Come dargli torto? WoW Classic più rivelarsi una miniera d’oro per quella che già è una delle compagnie più ricche d’America.
Tutti i giocatori e fan di World of Warcraft, insomma, sanno perfettamente i motivi per cui Blizzard dovrebbe aprire dei server classici ufficiali. Ma qualcuno si è chiesto i motivi per cui NON dovrebbe aprirli?
Welcome (back) to Azeroth
Anzitutto permettetemi di reiterare un concetto fondamentale. Nel 2004 World of Warcraft era qualcosa di mai visto nel genere MMORPG. Oltre ad essere un gioco estremamente ottimizzato e rifinito (almeno rispetto alla media delle produzioni di quel tempo), WoW era un nuovo mondo, pieno di segreti, personaggi e avventure fantastiche. E in questo svolgeva un gran ruolo la community, che si era cementificata attorno al titolo come raramente si era visto ai tempi.
D’altronde quindici anni fa non c’erano Reddit, Discord, Facebook con i suoi gruppi di discussione e tutte le decine di add-on che segnalano il danno o tengono d’occhio qualche altro parametro. Non c’era il forum ufficiale con le guide su come giocare una classe e per capire il meta del momento si andava a tentativi. In generale il pubblico era molto meno abituato alle meccaniche degli MMO, e tanti non sapevano neanche cosa volesse dire “aggrare” o “tankare”: in altre parole, eravamo tutti più giovani e naive.
Non bisogna neanche sottovalutare il ruolo della componente tecnologica: l’hardware che usiamo oggi non è lontanamente paragonabile a quello in voga allora, quando molte configurazioni non reggevano nemmeno gli abbordabili requisiti minimi di World of Warcraft, e spesso ci si trovava a giocare a 15 fps.
Per questo e altri motivi, insomma, il livello di abilità (la cosiddetta “skill”) e il bagaglio di conoscenze del giocatore erano molto più bassi di oggi. Se a questo aggiungiamo il fatto che tanti contenuti di WoW Vanilla andavano fatti in gruppo, si spiega perché la community risultasse così importante. Le quest erano lunghe, il leveling lento e il grind richiesto per essere competitivi all’endgame esasperante. I raid da 40 persone erano a loro modo epici, ma richiedevano una quantità enorme di tempo libero ed escludevano automaticamente qualsiasi gilda medio-piccola.
In ogni caso, quello di Azeroth e dintorni era un bellissimo mondo virtuale, aperto e liberamente esplorabile, con i suoi spazi immensi e i viaggi necessari per coprire grandi distanze, ad esempio via grifone o via nave. Gli scenari erano aggraziati da una direzione artistica molto ispirata, con tratti cartooneschi e colori sgargianti che si imprimevano a fuoco nella retina dando una precisa personalità ad ogni regione del mondo.
Ma soprattutto WoW Vanilla era un autentico gioco di ruolo, che costringeva a prestare attenzione tanto all’ambiente circostante quanto al proprio personaggio, dalle statistiche ai pet (che allora bisognava nutrire) fino a frecce e munizioni (che andavano acquistate se non si voleva restare a secco).
L’attuale World of Warcraft presenta oltre quattordici anni di bilanciamento e quality of life, cose di per sè positive a cui però si sono progressivamente aggiunte anche modifiche superflue ed eccessive semplificazioni della formula ruolistica, come ammesso anche dal game director Ion Hazzikostas un paio di mesi fa. Oggigiorno livellare un nuovo PG è quasi una formalità, dato che si expa a una velocità esagerata (sempre se non si usa il boost al livello massimo, in quel caso ciaone) e la difficoltà è quasi nulla fino all’endgame, ma in cambio si è perso quel forte senso di avventura che si avvertiva prima, l’idea di star compiendo un viaggio in un mondo popolato da migliaia di player.
La paura del nuovo
In questi anni la community si è infiammata sul quesito riguardante quanto della produzione originale andrebbe mantenuto e quanto migliorato. In altre parole, quanto bisogna restare fedeli a WoW Vanilla? Va lasciata la grafica dell’originale, sebbene oggi il gioco presenti modelli molto più aggiornati? Il bilanciamento deve restare lo stesso? E i bug, vanno lasciati pure quelli?
Ovviamente non c’è una risposta giusta, o perlomeno non una sola. Aggiornare i modelli dei personaggi per qualcuno potrebbe voler dire tradire lo spirito del titolo originale, mentre per altri vorrebbe dire migliorare globalmente il prodotto.
A tutte queste domande ora abbiamo una risposta, che non è per forza giusta, ma è quella ufficiale degli sviluppatori: WoW Classic sarà aggiornato alla patch 1.12, Drums of War. Come abbiamo riportato nel nostro speciale, Blizzard ha scelto di mantenere praticamente tutto com’era, a parte la correzione dei bug e qualche timido miglioramento tecnico.
D’altra parte questa era la volontà dei fan: quando è stata interpellata sui forum, gran parte dell’utenza ha spinto per una versione di WoW Classic più pura possibile, temendo semplificazioni e banalizzazioni alla formula. Una riedizione assolutamente fedele all’originale, insomma. Tuttavia così facendo si è perso di vista un importante concetto: migliorare non vuol dire banalizzare.
Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi
Se volete i miei 2 cent sulla questione, sono dell’idea che Blizzard avrebbe dovuto avere il coraggio di prendere qualche decisione impopolare agli occhi dei puristi: WoW Vanilla era un gioco bellissimo per gli standard del 2004, meno per quelli del 2019. Al giorno d’oggi non ha senso riproporre un MMO senza quality of life e con il (non) bilanciamento che offriva il Vanilla, con alcune build impraticabili ed altre assolutamente OP.
Personalmente penso che la migliore soluzione per i server classici sarebbe stata trovare un equilibrio tra WoW Vanilla e l’attuale. Ovvero, poter rivivere il senso di avventura e comunità tipico del gioco originale, ma con i miglioramenti odierni in fatto di grafica, modelli, interfaccia e bilanciamento (ai quali non vedo perché dovremmo rinunciare). Una specie di remaster, fatta con criterio e non con paura. Invece è proprio quella la sensazione che ho provato quando ho testato la demo del Classic a novembre, durante la BlizzCon 2018. WoW Classic sembra un lavoro mosso dalla paura: la paura di sbagliare, di tradire lo spirito dell’originale, di far arrabbiare i fan.
Per spiegarmi meglio vi porto un esempio, che secondo me riassume la situazione in maniera esemplare. Prendete queste parole scritte dal community manager Kaivax nel discusso thread Not a Bug:
“NPCs which offer multiple quests may inconsistently display them as a dot or a ! on the available quests list. They were inconsistent in 1.12, and we’ve reproduced the exact inconsistency they had back then.”
In italiano suona più o meno così: “Gli NPC che offrono più quest potrebbero erroneamente mostrare un punto interrogativo o un punto esclamativo nella lista di quest disponibili. Erano incoerenti nella patch 1.12, e abbiamo riprodotto la stessa incoerenza di allora.”
In pratica lo sviluppatore sta dicendo che, siccome WoW Vanilla era incoerente a livello di design, anche WoW Classic lo sarà. Ecco, a voi sembra una cosa giusta? Francamente io la trovo una scelta discutibile, mossa da un conservatorismo eccessivo. Certo, è solo un dettaglio, ma rappresenta l’esempio di cosa è andato storto nello sviluppo di WoW Classic: una ricerca spasmodica della fedeltà all’originale, anche quando quest’ultimo era sbagliato, invece della qualità.
Nostalrius, Elysium e compagnia
A prescindere da quello che posso pensare io, comunque, c’è un problema più sottile e profondo che riguarda il lato comunicativo. Il nervo scoperto che hanno mostrato Nostalrius prima ed Elysium poi non è tanto il fatto di sfruttare in maniera illegale la proprietà intellettuale di Blizzard (cosa comunque non da poco). Il punto dolente è che i server privati hanno messo chiaramente in mostra tutto ciò che c’è di sbagliato nell’attuale World of Warcraft e hanno offerto un’alternativa che per molti giocatori è stata più allettante dell’originale.
La straordinaria popolarità di questi emulatori, con centinaia di migliaia di account registrati, ha minato la strada che WoW ha imboccato negli ultimi anni. Da un certo punto di vista ne ha indebolito il brand perché ha mostrato ai giocatori che il futuro del titolo non è necessariamente migliore del suo passato. E per una compagnia quotata come Blizzard questa è una minaccia enorme, ben più temibile di quattro programmatori che usano indebitamente il suo codice.
Un sacco di persone sono contente dell’imminente lancio di World of Warcraft Classic e, per carità, lo sono anch’io, che così potrò testare con un approccio filologico la versione originale dell’MMORPG che più di tutti ha fatto la storia del genere. Ma il messaggio nascosto che l’apertura dei server Vanilla comunicherà ai giocatori, a prescindere da quanto possano dire le roboanti campagne marketing, è che la prossima espansione di WoW non è poi così necessaria. Non solo: se la software house californiana ci riporta al Vanilla, è come se nessuna espansione da quando è uscito il gioco sia stata realmente necessaria.
Tuttavia noi sappiamo che per Blizzard le espansioni rimangono fondamentali per sostenere il modello commerciale di World of Warcraft. Non stiamo parlando di un MMORPG che si misura solo dal numero di sottoscrizioni: il gioco deve anche vendere i nuovi expansion pack e rinnovarsi per attrarre un pubblico inedito. Dunque, l’annuncio dei server classici quale messaggio manda riguardo al futuro del gioco? Dal punto di vista comunicativo è una grossa incognita.
Blizzard, tra l’altro, ha già timidamente aperto alla possibilità di integrare nel Classic anche le prime espansioni di WoW, The Burning Crusade e Wrath of the Lich King. Secondo me, non è un’eventualità così improbabile: tempo un paio d’anni e potremmo tranquillamente trovarci con qualche server ufficiale TBC. Ovviamente tutto dipenderà dal grado di richiesta della community e dal successo a lungo termine di WoW Classic, quindi è ancora presto per parlarne, ma di sicuro l’idea c’è.
Blizzard, abbiamo un problema
D’altronde, col senno di poi Battle for Azeroth si è rivelata una delle espansioni più fiacche degli ultimi anni. Forse è anche per questo che la questione dei server classici ha guadagnato così tanta visibilità. O forse è a causa dell’annuncio dei server classici che l’espansione è sembrata così sottotono. Insomma, è come un cane che si morde la coda. Magari è una coincidenza, ma l’associazione è inevitabile: più si guarda al passato di WoW, più è difficile che il futuro abbia qualcosa da dire.
È vero, ci sono altri MMORPG che hanno avuto un ritorno di fiamma con l’apertura dei progression server, come EverQuest, Lord of the Rings Online e Lineage 2. Ma in quel caso non è difficile capire perché gli sviluppatori abbiano preso la fatidica decisione: tristemente EverQuest è ormai l’ombra del franchise di un tempo e le nuove espansioni del titolo raccolgono solo briciole, dunque perché non tuffarsi del tutto nelle mani della nostalgia? EverQuest non ha potenziale per il futuro e, per come (non) lo stanno gestendo quelli di Daybreak Games, dovrebbero essere grati per ogni giocatore pagante che ancora si ritrovano. LOTRO è ormai gestito da un piccolo studio, Standing Stone Games, che fa il possibile con le risorse a sua disposizione. Lo stesso vale per Lineage, franchise storico su cui ormai NCSoft sembra puntare soltanto a livello di gaming mobile, come visto con Lineage 2 Revolution e il prossimo Lineage 2M.
Ma lo stesso non si può dire per World of Warcraft, no. WoW è tutt’oggi uno dei tre MMORPG più giocati sul mercato, insieme a Final Fantasy XIV e The Elder Scrolls Online.
Intendiamoci, nessuno sostiene che Blizzard avrebbe dovuto ignorare la community. Naturalmente lo studio fa bene ad aprire dei server Vanilla, per tutti i motivi che abbiamo già spiegato. Ma al tempo stesso questo è una chiaro segnale che il futuro di World of Warcraft potrebbe non essere entusiasmante come viene presentato sulla carta.
Qualche annetto fa, dopo la chiusura di Nostalrius, Steven Messner di MMORPG.com disse: “Il giorno in cui Blizzard annuncerà l’apertura di server Vanilla, sarà la sua più grande ammissione che i giorni di gloria di World of Warcraft sono ormai alle spalle.” Non voglio fare il catastrofista, ma a me quel momento sembra arrivato. Blizzard non è più quella di una volta, e non si tratta di una frase fatta: Activision sta progressivamente prendendo il controllo completo della società, imponendo decisioni prese dal reparto marketing, producendo più giochi e tagliando i costi, laddove il principio guida della vecchia dirigenza è sempre stato “uscirà quando sarà pronto”, anche a costo di far passare dieci anni.
Sia chiaro, prima di esprimere dei giudizi definitivi bisognerà valutare l’esperienza offerta dai server classici, nonché la bontà della prossima espansione. Però diciamo che il campanello d’allarme c’è e sta suonando. Speriamo che Blizzard non si trovi nella situazione di dover salvare una nave che affonda, colpita dall’iceberg del ritorno al passato. Perché quando una compagnia la butta sulla nostalgia, vuol dire che tutto il resto ha fallito. E il pubblico merita più della dolcissima, e sterile, nostalgia.
Giornalista pubblicista, Plinious trova che non esista niente di più comunicativo dei videogiochi, in particolare quelli online. Da sempre appassionato di gioco di ruolo e MMORPG, ama immaginare ed esplorare mondi fantastici in cui perdersi dieci, cento, mille e una notte. La sua storia online inizia con Guild Wars Nightfall e prosegue con decine di MMO occidentali, da World of Warcraft a Warhammer Online, da Guild Wars 2 fino a Sea of Thieves.
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