Finalmente anche Activision arriva nel mercato dei videogiochi battle royale free-to-play. Un po’ in ritardo rispetto alla richiesta? Forse, o forse casca esattamente nel periodo giusto. Il genere battle royale costituisce senza ombra di dubbio una tendenza videoludica che ha registrato periodi di picco e di crollo, ma che non ha mai visto, almeno per adesso, un tramonto effettivo nella popolarità. Poco più di un anno fa usciva Apex Legends, sviluppato da Respawn Entertainment e pubblicato da EA, che in poco tempo è riuscito a conquistare i cuori di molti e ad ottenere una popolarità invidiabile. Si parlava infatti di 25 milioni di giocatori connessi contemporaneamente, una bella cifra che si è man mano attenuata nel tempo.
Adesso subentra anche Call of Duty: Warzone, DLC stand-alone che permette a tutti di usufruire gratuitamente dell’esperienza di gioco targata Call of Duty adattata a questa amatissima modalità. Rappresenta una novità per Activision, che aveva già sperimentato la battle royale in Black Ops 4 con la modalità Blackout, ma che non aveva mai cambiato modello di business.
Disponibile dal 10 marzo su PlayStation 4, Xbox One e PC via Battle.net, il nuovo prodotto sviluppato da Infinity Ward e Raven Software ha già fatto il suo record di utenti connessi, toccando 30 milioni di giocatori a dieci giorni dall’uscita. Si tratta sicuramente di un prodotto di successo, non soltanto perché porta il nome di Call of Duty, ma perché introduce all’interno del battle royale meccaniche suggestive, che rendono il suo gameplay sempre dinamico e accattivante. Da segnalare che il titolo è completamente crossplay, quindi è possibile giocare con i propri amici su PC o console.
Prima di lanciarci dall’aereo e buttarci sul campo di battaglia vi lascio la recensione di Call of Duty: Modern Warfare redatta dal buon Sten.
Ready, set, let’s go
“Ah, might as well jump
(JUMP)”Van Halen – Jump (1983)
Catapultati finalmente all’interno dell’azione di gioco, con sottofondo ovviamente i Van Halen, Call of Duty: Warzone mostra un buon livello di design non soltanto per la mappa di gioco, che vedremo più avanti, ma soprattutto per le meccaniche che introduce. All’interno della modalità Battle Royale classica, infatti, è possibile trovare una serie di feature che rendono l’esperienza di gioco molto più profonda e dinamica, senza ridurre l’esperienza ad un semplice mordi e fuggi.
Una volta atterrati sul campo di battaglia, che ospita 150 giocatori (singoli o a squadre di massimo tre), è possibile vagare per trovare le armi che ci dovranno aiutare nella nostra sopravvivenza e, assieme a queste, anche alcuni oggetti di difesa e tecnologie. In mezzo a questi item è possibile reperire anche del denaro, simpaticamente dispensato in questi gruzzoli tipici delle produzioni americane. Con il denaro è possibile acquistare degli oggetti e ricompense uccisioni (come l’UAV o l’attacco aereo) da delle stazioni di acquisto sparse per la mappa. I nostri simpatici “bigliettoni” possono inoltre essere guadagnati svolgendo i cosiddetti Contratti: missioni e task quest sparse nei meandri della mappa di gioco. Questi contratti possono consistere in diverse attività, tra cui uccidere una squadra specifica, conquistare una determinata area di gioco o sorvegliarla per un tempo prestabilito. Queste interessanti novità non frammentano l’esperienza di gioco, bensì la riempiono di piccoli scenari e momenti di azione, intrattenendo in egual misura tutti i giocatori, anche quelli che magari non riescono ad arrivare tra le prime posizioni.
Sembra una cosa di poco valore, ma quando un battle royale risulta eccessivamente minimale l’esperienza di gioco viene percepita come noiosa da chi impiega venti minuti per girare e trovare armi, per poi essere ammazzato alle spalle da un altro giocatore. All’interno di quei venti minuti in Warzone è possibile completare contratti e utilizzare mezzi di trasporto per muoversi verso stazioni d’acquisto, o per conquistare punti sulla mappa contesi da qualche altra squadra di giocatori.
Interessante è anche la concezione del game over che non si pone immediatamente come definitivo. Una volta che un giocatore muore viene trasferito, con una cutscene, all’interno di un Gulag (la mappa, Verdansk, è ambientata in Russia): qua i giocatori defunti si sfidano in un’arena 1v1 per guadagnare il privilegio di ritornare tra i vivi. Chi muore nel Gulag muore definitivamente soltanto se i suoi compagni di squadra non riescono a pagare il suo rientro in partita tramite le apposite stazioni. Se il giocatore invece riesce ad uscire dal Gulag, viene immediatamente fatto rilanciare col paracadute per tornare in gioco, ma se morirà un’altra volta allora subentrerà la “vera morte” e quindi il game over.
Per quanto riguarda invece la modalità Malloppo, questa si presenta come una classica free-for-all nella quale le squadre competono per assicurarsi grandi somme di denaro. Come intuibile, chi avrà accumulato più denaro alla fine della partita verrà decretato vincitore. La struttura è la stessa della modalità battle royale senza il Gulag ma con l’aggiunta che, alla morte di un giocatore, questo ha la possibilità di respawnare, perdendo però parte dei soldi totali guadagnati fino a quel momento. La squadra può inoltre assicurarsi il malloppo chiamando l’estrazione agli eliporti. Chiamare l’estrazione ha però uno svantaggio non indifferente: è visibile a tutte le squadre avversarie, che noteranno il tentativo di mettere al sicuro il denaro. L’azione della modalità si concentra e si assembra attorno ai luoghi d’estrazione, rendendo interessante il sabotaggio. In alternativa è possibile utilizzare dei palloni aereostatici (cash baloons) per estrarre il proprio denaro: questi non possono essere intercettati dagli altri player, ma permettono di depositare una quantità minore di denaro.
Una partita di Call of Duty: Warzone ha una durata molto variabile, ma le meccaniche sono state congegnate appositamente per rendere le sessioni di gioco il più soddisfacenti e complete possibile.
Tutti questi sistemi rendono Warzone un battle royale dalle meccaniche discretamente complesse, ma alla portata di quasi tutti i giocatori. Esatto, quasi tutti i giocatori: Warzone viene infatti reso meno equilibrato dal comparto grafico.
Duccio apri tutto
È sulla grafica di Call of Duty: Warzone che si apre un discorso più controverso, non tanto per una questione estetica, quanto per una questione di accessibilità. Il comparto grafico è infatti molto gradevole e le animazioni, le texture e i modelli sono realizzati meticolosamente. Ciò che invece può castrare l’esperienza è la pesantezza di questa grafica, che regala un’ottima prestazione su computer di fascia alta, ma su computer di fascia medio-bassa rischia addirittura di portare un’esperienza infernale. Ad appesantire su CPU e GPU sono tutti quegli effetti di post-processing che possono causare cali repentini nel frame rate, se non addirittura veri e propri freeze e crash. Inutile far capire quanto questo frammenti la sessione di gioco e costringa i giocatori con computer non top di gamma ad arrabattarsi tra le impostazioni in cerca delle cose inutili da disabilitare per poter giocare tranquillamente.
Warzone non è appesantito solo da quegli effetti, ma anche da una mappa di gioco (e quindi dal continuo render) molto vasta e varia. Verdansk è elaborata intelligentemente, con un level design in grado di regalare sezioni di scontro a lungo raggio e scontri ravvicinati ricchi di tensioni. La topografia della mappa prevede la presenza di diverse aree a bassa affluenza di palazzi cittadini e aree di forte assembramento di condomini e grattacieli, portando il giocatore a valutare molte più variabili di territorio prima di cominciare uno scontro a fuoco. Questo tipo di mentalità non rappresenta un classico standard per Call of Duty, anzi è parecchio atipico per il franchise. Se per gli appassionati della serie Battlefield era molto più semplice pensare a queste variabili anche durante un semplice deathmatch a squadre, questo non era naturale per i giocatori di Call of Duty, che si ritrovavano il più delle volte a svolgere combattimenti in mappe chiuse, molto più simile ad un FPS arena che ad un shooter tattico.
La mappa di Verdansk brilla per diverse chicche che faranno salire la nostalgia ai fan storici della serie: alcune mappe dei vecchi Modern Warfare sono state inserite e collegate da strade e componenti ambientali nuove. Ad esempio è possibile ritrovare le mappe Quarry o Scrapyard, in parte come le abbiamo già conosciute e in parte modificate, per adattarle al contesto globale. Un ritorno di fiamma che forse avvantaggia i giocatori più incalliti della serie, ma che fa rivivere le stesse esperienze anche dopo anni di distanza.
In tutti gli sparatutto è necessario avere conoscenza della mappa, e più si acquisisce questa esperienza più si comincia a giocare correttamente. Il coinvolgimento spaziale all’interno di Warzone è un punto vitale, ma estremamente complesso da raggiungere, poiché si parla di uno scenario di gioco di grandissime dimensioni, nel quale gli sviluppatori hanno inserito diversi landmark per facilitare l’orientamento anche da grandi distanze. La conoscenza di quei landmark, come il grattacielo e lo stadio, è la colonna portante nella comprensione della mappa e dei suoi punti strategici. Lo spostamento è successivamente facilitato dall’utilizzo di veicoli sia terrestri che non. È infatti possibile reperire elicotteri da sfruttare non soltanto per lo spostamento della propria squadra da un punto all’altro della mappa, ma anche per la loro potenza di fuoco.
La mappa di gioco regala comunque scorci mozzafiato e presenta una grande varietà di scenari, ognuno in grado di ospitare scontri a fuoco tattici e dinamici. Questi scontri sono resi perfettamente non soltanto grazie alla varietà ambientale, che sicuramente gioca un ruolo fondamentale, ma soprattutto grazie al gunplay di Warzone, scrupolosamente costruito per restituire un buon feeling delle armi da fuoco.
Ready, aim, fire
In uno sparatutto (nozione banale in arrivo) tutto ciò che riguarda la maneggevolezza e il feeling delle armi è di vitale importanza. Warzone propone un gunplay ben realizzato, con un feeling dell’arma e dello sparo restituiti realisticamente attraverso un design e delle animazioni fluide e precise. Il sound design dei proiettili e dei rumori ambientali riesce a trasportare il giocatore e ad aumentare significativamente il coinvolgimento nell’azione di gioco. Tutte le animazioni, anche quelle più di contorno, sono state realizzate con un’ottima cura dei dettagli.
Gli armamenti, oltre a riportare i nomi delle più famose marche del mercato, sono riprodotti fedelmente e sono categorizzati all’interno del gioco attraverso le classiche etichette: non comune, raro, leggendario. Queste etichette hanno lo scopo di indicare chiaramente quanto le statistiche di un’arma siano migliori rispetto a quelle di un’altra, parametro influenzato anche da quanti upgrade possiede un’arma: mirini, impugnature, caricatori aumentati, ecc.
Le armi possono essere trovate come drop da alcune casse in giro per la mappa, facilmente individuabili poiché emettono dei suoni particolari e riconoscibili. Il giocatore può anche personalizzare un loadout dal menu principale e successivamente chiamarlo attraverso cassa di rifornimenti in partita, pagando ovviamente la somma richiesta per tale operazione. Ad ogni uccisione od obiettivo completato sul campo, l’arma salirà di livello e sbloccherà potenziamenti e progetti che possiamo applicare su di essa. I potenziamenti sbloccati seguiranno la classica progressione di Call of Duty, mentre i progetti risultano degli oggetti cosmetici e skin per l’arma che possono affibbiarle un rango differente o darle potenziamenti sulla base di oggetti che abbiamo già ottenuto.
A condire con un tocco estetico il gameplay c’è la possibilità, come in Modern Warfare, di selezionare l’operatore preferito, il quale però non ha alcuna influenza sul gameplay e si limita a un avatar da personalizzare con skin e animazioni.
Abbiamo dunque messo in luce come il gunplay di Warzone risulti fluido e riuscito, costruito meticolosamente e con un ottima mescolanza sia del sound design che delle animazioni delle armi. Molte di queste armi e degli operatori posseggono diverse skin e oggetti cosmetici a loro assegnati: alcuni di questi oggetti sono ottenibili gratis, invece altri richiedono valuta reale.
La guerra costa
Nessuna affermazione è più vera di questa: la guerra costa, e anche Call of Duty Warzone non si esime dal buon vecchio capitale. Gli sviluppatori hanno scelto di rendere il gioco free-to-play con microtransazioni cosmetiche. Come già accennato, queste microtransazioni possono riguardare sia le armi e gli equipaggiamenti, sia le skin per gli operatori e le loro animazioni. Nel Call of Duty Store è possibile acquistare i cosiddetti COD Points (CP), la valuta in-game utilizzata per effettuare gli acquisti. Questa valuta risulta un po’ troppo cara per l’utente, poiché con 10 euro possiamo acquistare 1.100 CP che non bastano neanche per prendere un bundle di skin e tag esteticamente allettante (per il quale dovremo spendere qualche euro in più).
Si aggiunge anche la questione del Battle Pass, ovvero un abbonamento che fa sbloccare diversi oggetti estetici durante la stagione di gioco. I primi 20 livelli sono gratuiti per tutti, mentre gli altri livelli fino al 100 dovranno essere pagati tramite una sottoscrizione di 1000 CP. Altrimenti è possibile pagare 4000 CP se si vogliono ottenere subito le ricompense dei primi 20 livelli e l’accesso fino al livello 100. Una volta raggiunto il livello 100, i contenuti del Battle Pass stagionale finiscono e sarà necessario aspettare il reset per poter nuovamente acquistare il pass e accedere ai nuovi 100 livelli della stagione.
Questo modello di business è risultato il più vincente dei videogiochi contemporanei, riuscendo a riscuotere molto successo soprattutto grazie al fatto che non si è vincolati ad acquistare nulla: l’utente può quindi contribuire a supportare il gioco attraverso l’acquisto volontario di oggetti estetici che non hanno alcuna influenza sul gameplay.
CONSIDERAZIONI FINALI
Call of Duty: Warzone è un battle royale dalla struttura solido e ben realizzata, con un gameplay divertente e un level design di tutto rispetto. A contribuire alla buona resa del gameplay entra in gioco anche un ottimo gunplay e feeling di sparo, in grado di restituire un’esperienza coinvolgente al giocatore. Un ottimo titolo che, nonostante la pesantezza ingiustificata del comparto grafico, sta riscuotendo un grande seguito di pubblico, entrando quindi a gamba tesa nel mercato dei battle royale free-to-play.
Studente di Scienze Politiche e Sociali, Damians è appassionato di videogiochi, film, serie TV e fumetti. Ah e non dimentichiamo anche la musica e, ovviamente, la politica. Discute di queste cose in continuazione e ha sempre qualcosa da dire. Dentro MMO.it ha finalmente trovato lo spazio per continuare a parlare di ciò che gli piace senza assillare i passanti. Insomma, una fortuna per la quiete pubblica.
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