Ieri è uscito su La Repubblica un articolo particolarmente sconvolgente, nel quale il giornalista Riccardo Luna paragona la pellicola 1917 di Sam Mendes al videogioco Fortnite prodotto da Epic Games. L’articolo proposto è un agglomerato di correlazioni completamente spurie che dimostrano in maniera eclatante due cose: che il giornalista in questione non aveva abbastanza conoscenze né su 1917 né sul titolo prodotto dalla software house americana.
Il film girato da Sam Mendes, che nella notte si è aggiudicato tre premi Oscar, è stato girato attraverso diversi piani sequenza montati tra loro per dare l’impressione di essere solamente uno. Questa tecnica è già stata vista in azione nel film Birdman diretto da Alejandro González Iñárritu e, secondo Luna, può essere paragonabile alla posizione della telecamera nel videogioco Fortnite, poiché questa non stacca mai. Sono d’accordo sul fatto che l’esperienza del videogioco in molti casi si esprime attraverso lunghissimi piani sequenza, ma il solo piano sequenza come punto per tracciare una similitudine tra i due prodotti mi sembra un po’ pochino.
Inoltre il giornalista suggerisce un parallelismo anche di estetica, schemi e livelli:
Il film di Sam Mendes ne riproduce l’estetica, gli schemi, i livelli (su Twitter se ne parla parecchio). In Fortnite il protagonista (il giocatore) viene paracadutato su un’isola misteriosa sulla quale deve sopravvivere sparando ai nemici e facendosi aiutare da compagni occasionali; così in “1917” due soldati inglesi vengono mandati oltre le linee nemiche per avvisare un reparto di un pericolo imminente.
Come l’estetica di 1917 possa essere simile a quella cartoonesca di Fortnite lo sa solo Luna. L’unica cosa che hanno in comune è solo la presenza di armi da fuoco, poiché il contesto nel quale i due prodotti sono inseriti è completamente diverso e inconciliabile. Fortnite non è un videogioco di guerra, ma vede i giocatori scontrarsi in una battle royale (poiché è a questa modalità di gioco a cui fa riferimento nel pezzo) di grandi proporzioni, in cui le fazioni sono inesistenti. Si tratta di un “tutti contro tutti” o, al massimo, di una squadra di pochi giocatori contro decine di altre squadre composte dallo stesso numero di utenti. Non è quindi possibile un paragone del genere, visto che 1917 si ambienta nella prima guerra mondiale, in cui le fazioni in gioco erano la Triplice alleanza e la Triplice intesa: nel caso più specifico del film tra il Regno Unito e la Germania.
Mentre ero al cinema a godermi il capolavoro girato da Mendes, che consiglio caldamente a chi non l’ha ancora visto, le sensazioni ricreate, le situazioni e lo stile mi facevano ritornare alla memoria le mie sessioni di gioco a Battlefield 1, alcune di queste con il mega direttore Plinious. I parallelismi, in questo caso, sono molteplici per ovvi motivi: Battlefield 1 è un titolo dieselpunk ambientato nella prima guerra mondiale (seppur con qualche imprecisione) e le situazioni come quella descritta nel film sono molto frequenti nelle battaglie online. Oltretutto lo stile grafico con il font Futura e Futura Bold, disegnati da Paul Renner nel 1927, li accomuna per il tipo di periodo storico che cercano di ricreare.
Colgo quindi l’articolo pubblicato su La Repubblica come un incitamento a continuare l’attività di divulgazione sui videogiochi, affinché il medium possa essere giocato da tutti e, sopratutto, compreso. Questo è il segnale che in Italia la strada per una divulgazione corretta sui videogiochi è ancora lunga e tortuosa, poiché se da un lato dobbiamo sconfiggere gli stereotipi che regnano nell’immaginario collettivo sul medium videoludico, dall’altro dobbiamo essere in grado di spiegarne il funzionamento e il carattere comunicativo. I videogiochi sono una forma d’arte, analizziamoli e critichiamoli come tali!
E adesso scusate, ma vado a giocare a Battlefield 1. Voi che cosa ne pensate?
Studente di Scienze Politiche e Sociali, Damians è appassionato di videogiochi, film, serie TV e fumetti. Ah e non dimentichiamo anche la musica e, ovviamente, la politica. Discute di queste cose in continuazione e ha sempre qualcosa da dire. Dentro MMO.it ha finalmente trovato lo spazio per continuare a parlare di ciò che gli piace senza assillare i passanti. Insomma, una fortuna per la quiete pubblica.
Ma cosa volete che capiscano questi vecchi babbioni di giornalisti di videogiochi.
Il bello è che se solo avesse paragonato 1917 a Battlefield 1, invece che a Fortnite, nessuno avrebbe potuto dirgli niente.
Nulla di più vero. Anche io ieri, leggendo il grossolano articolo di Luna, ho notato superficialità nel motivare il suo inesistente parallelismo con Fortnite.
Mosso probabilmente dalla poca conoscenza in ambito videoludico, un giornalista dovrebbe evitare certe gaffe, sopratutto essendo consapevoli del fatto che in Italia determinati argomenti sono i primi ad essere utilizzati come capro espiatorio in contesti abbastanza tediosi e per nulla pertinenti.