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Guild Wars 2: End of Dragons – Recensione no spoiler

Guild Wars 2: End of Dragons – Recensione no spoiler

Ci siamo. Dopo più di quattro anni da Path of Fire finalmente è arrivata End of Dragons, la terza espansione di Guild Wars 2 che porta i giocatori dentro i confini di Cantha, l’antico continente conosciuto sedici anni fa con le vicende di Guild Wars Factions.

Dopo l’annuncio dell’espansione nel 2020 e il suo rinvio, dalla fine del 2021 ad oggi, la curiosità di poter esplorare le sue regioni è cresciuta notevolmente senza contare che, a quanto pare, vedremo la conclusione del ciclo dei draghi, protagonisti di tutti gli archi narrativi del titolo fin dal suo lancio nel 2012.

Prima di cominciare l’analisi dell’esperienza cathiana è doveroso ringraziare ArenaNet che ha invitato la redazione di MMO.it a provare in anteprima End of Dragons. Abbiamo avuto il piacere di giocare alla versione finale del titolo e di vivere un playthrough in compagnia degli sviluppatori che ci hanno mostrato i meta event della Seitung Province e di New Kaineng City.

Inoltre ringraziamo i ragazzi di Guild Wars 2 Italia – Pessimismo & Fastidio per la collaborazione. Come di consueto, non scenderemo nei dettagli per evitare spoiler. Partiamo per l’estremo sud, c’è un pianeta da salvare!

 

 

Dove eravamo rimasti…?

Esattamente dove avevamo lasciato la storia l’ultima volta, ovvero al finale di The Icebrood Saga, che ci aveva mostrato un frettoloso scontro tra gli elder dragon gemelli Jormag e Primordus, conclusosi con lo scoppio di entrambi. Nonostante l’impegno di Taimi e Gorrik siamo all’impasse: i due scienziati asura, che da tempo hanno il compito di comprendere il ciclo dei draghi attraverso i calcoli delle misurazioni energetiche, non sanno quale sarà la prossima mossa da fare.

Saranno alcune visioni di Aurene, il drago prismatico progenie di Glint, e un’idea balzana di Gorrik a far partire il meccanismo narrativo che porterà la gilda dei Dragon’s Watch a Cantha. Comunque state pur sicuri che non arriveremo nel profondo sud con un volo in business class.

L’inizio delle avventure nella terra degli imperatori è sottolineato da alcune inquadrature panoramiche molto particolari che strizzano l’occhio ai titoli di testa cinematografici e che si sono viste nella presentazione del gioco base. Da questo e da altri indizi disseminati lungo il percorso narrativo e non, si intuisce come Cantha sarà il luogo in cui assisteremo non solo ad una fine, ma anche ad un nuovo inizio.

A differenza delle altre espansioni non si partirà alla richiesta di informazioni da NPC che presto dimenticheremo. C’è un lieve crescendo di misteri ma non così tanti da accumularsi per poi rimanere irrisolti. Fin dai primi atti arrivano le risposte che toglievano il sonno al Commander e ai suoi. Dopo tanti “perchè” risolti, sul finale arriverà la più grande incognita di sempre: il “come”.

La storia è particolarmente lineare, non si perde in fronzoli e demanda gli approfondimenti della trama ai dialoghi opzionali, ai libri e a diverse collection sparse nelle mappe. Non ci sono colpi di scena eclatanti e sono buoni i momenti comici: uno in particolare è talmente assurdo e spiazzante che sembra preso da GTA Vice City.

Tutto è calibrato per chiudere in maniera chiara e definitiva il ciclo dei draghi e le trame di alcuni personaggi. Parafrasando la citazione di Renè Ferretti di Boris: “Nessuno è più basito, nessuno è sorpreso, ognuno ha capito tutto”. Non avrebbero guastato un paio di giri in più sul rollercoaster delle emozioni, ma se pensiamo alla recente scottatura presa con il finale di The Icebrood Saga, quello di End of Dragons è completo, per quanto semplice.

Dopo la conclusione, scrollata di dosso una certa malinconia che comprensibilmente giunge dopo la fine di un’avventura durata dieci anni, nella mente del giocatore emerge un dubbio: E ora?

La compagnia ha già dichiarato che non è la fine del franchise e che ci sono ancora tante storie da raccontare, con buona pace di quelli che danno il titolo morto dal 2012 e che lo ripetono ciclicamente ad ogni plenilunio. ArenaNet ha una grande occasione: davanti a sé ha campo libero. Ha un nuovo continente da far esplorare e storie inedite da raccontare. Bisogna solo da aspettare un loro segnale. Ma quando arriverà?

Ad oggi l’unico metro di paragone è Path of Fire, uscita nel settembre del 2017, che ha visto l’uscita di Daybreak (il primo episodio del Living World 4) dopo appena due mesi. La compagnia di Bellevue però in quegli anni aveva più dipendenti e non subiva particolari pressioni da NCSoft, il publisher sudcoreano che si è poi fatto “sentire” più tardi, nel febbraio del 2019, con un pesante intervento di riorganizzazione che ha portato al licenziamento di più di cento dipendenti e il conseguente addio volontario di diverse figure di spicco di ArenaNet, tra cui il fondatore Mike O’Brien.

Il nostro augurio è che la maggior comunicazione degli ultimi due anni e il maggiore confronto con la community portino ad una roadmap chiara, che faccia capire i tempi e l’entità dei prossimi aggiornamenti.

 

 

Esplorare Cantha

Prima di addentrarmi nel descrivere le mappe e la loro realizzazione, è giusto fare un “coming out” videoludico: ho giocato poco a Factions. Ecco, l’ho detto. Se da un lato manco di un certo livello di comparazione con la Cantha di quasi tre secoli fa, sono conscio del fatto che non sono viziato da legami nostalgici col titolo che, nel bene o nel male, potrebbero influire sul mio giudizio.

End of Dragons, oltre ad avere ampliato notevolmente la mappa del mondo, anche in punti cardinali che poco centrano con il continente protagonista, mostra passaggi quasi netti tra i biomi e uno stile preciso per ogni mappa. Questa scelta artistica è in controtendenza rispetto alle altre espansioni: nell’asfissiante e labirintica Maguuma si vedono vegetazione e caverne a perdita d’occhio, mentre nella più ampia Elona si notano alcune variazioni di paesaggio ma principalmente tra deserto, savana e altipiani. A Cantha le quattro mappe, anche se collegate l’una con l’altra, portano a biomi profondamente diversi e caratterizzati. Questa decisione, se da un lato può affievolire la sospensione dell’incredulità, dall’altro dona grande varietà.

La direzione artistica è di alto livello: in molti modelli si nota un’ulteriore spinta al motore grafico di Guild Wars 2 che restituisce un buon risultato ma che, come sappiamo, arranca a livello di ottimizzazione. Perché alla fine la grande pecca è ancora questa: un paesaggio sempre più ricco con particolari incantevoli, che però spesso cede sotto i colpi degli fps. Non è lo stile grafico, che al netto dei gusti è ancora buono, è la mancanza di una fluidità che non solo renderebbe ancora più piacevole l’esplorazione, ma anche il combat system, che purtroppo in scontri molto concitati non regge il passo.

La Seitung Province, con i suoi peschi in fiore e la sua palette cromatica satura, è un luogo che dona pace a nuovi e vecchi giocatori. La mappa è studiata per accogliere chi si è affacciato da poco al titolo. Non sarà difficile trovare NPC che spiegano le meccaniche base del combattimento, altri che sbloccano le prime due mount e il glider e altri ancora che vi illustrano le potenzialità delle nuove elite specialization. Questa impostazione fa capire che i developer hanno volutamente cercato di non lasciare indietro quella parte di giocatori che, freschi di fine livellamento, vogliono vivere da subito le nuove zone senza doversi smazzare le espansioni precedenti per questioni cronologiche.

Diventa lampante dopo poco che End of Dragons vuole prendersi questo ruolo: un’espansione che si colloca a metà tra Heart of Thorns e Path of Fire, che non vuole inserire solo un nuovo arco narrativo e nuove mappe, ma cerca di prendere il meglio da quelle esperienze. Un altro elemento che sottolinea questa volontà è la morfologia delle mappe che, oltre ad essere grandi quanto quelle del Crystal Desert, sono sviluppate in altezza come quelle di Maguuma. Questo diventa plateale a New Kaineng City, una città grande quanto l’intera mappa. Distese di vicoli, tetti, palazzi e canali sottolineano che l’esplorazione è una componente importante dell’esperienza urbana: oltre agli eventi, quasi ad ogni angolo ci sono dialoghi o vecchie statue che raccontano della Cantha che fu e dei personaggi che l’hanno abitata.

Se ci pensiamo bene riportare i giocatori nei luoghi di Factions, da molti considerata ancora oggi una delle migliori campagne del franchise, porta con sè una certa dose di rischio. Per una parte di veterani sarà praticamente impossibile non fare paragoni tra le due versioni e non è difficile immaginare che la catarsi positiva, che normalmente avviene negli anni, farà sembrare le vecchie regioni più attraenti. Lo erano? Forse sì, o forse hanno accolto il loro entusiasmo videoludico adolescenziale.

Con questo non voglio dire che non si possano fare confronti. Ci sta, è giusto. Ad un certo punto però bisogna far pace con lo scorrere del tempo e con la scelta fatta da ArenaNet. Il continente ha sorpassato quelle vicende, si è evoluto, ricorda il suo passato senza che questo diventi un freno per il suo slancio verso il futuro. Cantha è andata avanti e forse lo dovremmo fare un po’ tutti. Non è sempre saggio rimanere con i piedi piantati nel passato… Letteralmente, se pensiamo che su Guild Wars il salto non esisteva. Se vi aspettate una terra che vi restituisca le stesse sensazioni rimarrete delusi, non perché la direzione artistica sia deludente ma perché quando si vive di soli ricordi, si limita la propria percezione. La soluzione è comunque a portata di mano: la Cantha che cercate è ancora lì, immutata nel vostro vecchio account di Guild Wars.

 

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Feature

Le nuove meccaniche di End of Dragons sono interessanti e, a differenza di quelle viste nelle precedenti espansioni, non mirano a rivoluzionare l’esplorazione ma migliorano la quality of life, aumentano l’interazione tra giocatori e il mondo circostante.

Iniziamo dai Jade Bot che, oltre ad essere la feature più complessa, è stata l’ultima ad essere rivelata. Per sbloccare questo aiutante non si dovrà fare nessuna particolare quest o collection, verrà sbloccato automaticamente. Prendendone il controllo attraverso degli appositi terminali si può esplorare il paesaggio attraverso la sua visuale, opure infilarsi in luoghi angusti per aprire passaggi altrimenti inaccessibili. Inoltre è grazie ai Jade Bot che si possono usare le comodissime Zip Line.

Come per ogni nuova introduzione c’è una mastery dedicata che permetterà di aumentare le sue abilità, il modo in cui caricarlo e i moduli personalizzabili che può equipaggiare. Sì, perché è questo l’aspetto più interessante dell’aiutante robotico. Man mano che si sale nella mastery si potranno inserire al suo interno tre moduli di tier sempre più alti che aumentano notevolmente i bonus disponibili come la rigenerazione dell’energia delle mount, la spinta in alto del glider, la velocità dello Skiff o il danno delle Siege Turtle.

I moduli possono essere acquistati da mercanti specializzati o costruiti attraverso le discipline di crafting. Inoltre alcuni di questi daranno al nostro aiutante la capacità di raccogliere materiali aggiuntivi nelle vicinanze o scomporre oggetti non utilizzati dentro l’inventario, accumulando currency utili per altri acquisti. La varietà di moduli rende particolarmente profonda la personalizzazione di questo robottino, che può essere equipaggiato per ogni evenienza e per ogni stile di gioco. L’unico aiuto che giustamente non si potrà utilizzare in contenuti istanziati e competitivi è il Rescue Protocol, che permette al bot di rialzarvi dallo stato “downed”.

 

 

La Siege Turtle entra nella scuderia delle mount di Guild Wars 2 come la prima ad offrire meccaniche cooperative. È molto divertente sia alla guida sia ai jade cannon. È versatile, ma non è una mount per tutte le situazioni: dà il suo meglio nei meta eventi o negli spazi ricchi di nemici. Anche se il suo punto di forza è la potenza di fuoco, non va sottovalutato neanche il salto, che si conclude con un poderoso schianto a terra. La collection per sbloccarla fortunatamente non è lunga come quella dello Skyscale, ma vi terrà comunque impegnati durante il vostro soggiorno su Cantha. La relativa mastery aumenta la sua vita, la sua resistenza e la mobilità.

Veniamo allo Skiff, il motoscafo che può trasportare fino a cinque persone. Questo peculiare mezzo di trasporto è sì studiato per avvicinarsi alle zone in cui poter pescare, ma trova un ottimo utilizzo anche nel trasporto di amici o sconosciuti in giro per le acque della mappa. L’attività della pesca, seppur legata al suo concept, non è così stringente. Sono le gare di velocità che la rendono unica aggiungendo divertimento e cooperazione tra i presenti: i passeggeri seduti possono infatti interagire con delle emote che aumentano la velocità dell’imbarcazione. Questa attività crea momenti sociali divertenti aumentando il senso di community.

Infine arriviamo al Fishing, la feature che fin dalla sua presentazione ha diviso i giocatori. Ben presto riceverete una canna, un amo e delle succose esche con cui cimentavi in quello che di fatto è un minigioco, un riempitivo rilassante ma anche remunerativo. Il pescato del giorno si può infatti trasformare con la disciplina di cooking o si può vendere al miglior offerente. La varietà di pesci è molto alta e si può pescare fin da subito in tutta Tyria. L’inghippo con questa introduzione è stata presentarla per prima, e non insieme a tutte le altre. Un sola live piena si informazioni probabilmente avrebbe fatto meglio ma come sappiamo le strategie marketing di ArenaNet spesso non sono le più efficaci. Dopo una prima ondata di meme si sarebbe spento il clamore, invece così si è continuato per mesi a dire che l’unico contenuto dell’espansione era la pesca. Spiace deludere questi personaggi ma non è così. È comprensibile la critica che non è una di quelle feature che ti fanno dire “WOW!” ma si tratta comunque di un’aggiunta gradevole e non scontata, soprattutto se si pensa che nel 2022 ci sono ancora MMORPG che non hanno implementato il nuoto.

 

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Meta Event

Parlando di espansioni non si può non analizzare la feature dei meta eventi. Questi hanno il ruolo di rendere longeve e dinamiche le mappe che, una volta esplorate, potrebbero cadere nel dimenticatoio. Non è certo una novità il fatto che HoT riesca ancora oggi a coinvolgere moltissimi utenti, a prova del fatto che quando un meta mostra complessità, richiede impegno e cooperazione tra i partecipanti continua ad attirare l’interesse della community. Cosa che purtroppo non è riuscito a fare Path of Fire, che su questo tema ha mostrato forse il suo punto più debole.

End of Dragons inserisce in ogni mappa un evento meta a cui possono prendere parte un buon numero di giocatori divisi in due, tre o più squadre. La cooperazione sarà molto importante perché il timer che ne scandisce il ritmo determinerà anche il suo successo. Come al solito avremo un tempo prestabilito per sconfiggere il boss finale, ma le lancette scorreranno anche negli eventi che lo precedono.

Questo significa che, a differenza di altre situazioni, non si potrà giungere al finale perché pochi singoli si sono sorbiti tutta la parte iniziale del meta. Se una fase mediana fallisce, fallisce tutto e si torna a pescare sulle coste di Shing Jea. Questa impostazione, che a molti potrebbe sembrare punitiva, porta in realtà a due conseguenze positive: la prima è che la durata è prestabilita quindi sono sì più corti, rispetto a quelli delle altre espansioni, ma è perché non ci sono tempi morti. La seconda è che viene premiata la cooperazione tra squad che ne hanno compreso bene le meccaniche: chi vuol far partire il meta event senza conoscerlo può certamente sperare di finirlo, tra aiuti e imprecazioni a Kormir, ma c’è una grossa probabilità che il tutto si risolva in un rovinoso fallimento.

Quello di New Kaineng in particolare sfrutta le varie altezze della mappa cittadina, passando dai canali, ai tetti dei palazzi per poi tornare sulle strade, rendendo il tutto molto dinamico e solleticando sensazioni marvelliane che non guastano.

I meta di End of Dragons prendono diverse idee da quelli di Maguuma e qualche spunto da The Icebrood Saga, sottolineando ancora una volta la voglia degli sviluppatori di creare qualcosa che riassumesse il percorso fatto negli anni. Sono ben realizzati e hanno un’idea precisa alla base, premiano l’impegno e il dialogo e come compenso forniscono un buon apporto di Imperial Favor, la valuta canthiana spendibile presso i molti vendor del continente che riforniranno il vostro guardaroba con nuovi set di armatura a tema.

 

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CONSIDERAZIONI FINALI

Guild Wars 2: End of Dragons è un’espansione lineare con un compito complesso, quello di chiudere ed iniziare un nuovo ciclo per il franchise: osa sulle mappe e rimane un po’ timida, ma coerente, sul piano narrativo. Si percepisce che ArenaNet, memore delle scelte fatte per Heart of Thorns e Path of Fire, l’ha costruita attorno all’idea di un equilibrio tra le due, quello stesso equilibrio che da tempo cerca Tyria. Va a colmare un arco narrativo che iniziava a pesare per andare all’esplorazione di nuove trame ancora ignote.

È un viaggio piacevole all’interno di un continente che ha e avrà molto da dirci, visto che quasi sicuramente sarà il protagonista della prossima stagione del Living World. Quello che posso dirvi è che vivere Cantha di fretta significherebbe farvi un torto. Giocatela, approfonditela e non giudicatela sulle opinioni di altri. Se cercate un’espansione che vi forzi a passare del tempo tra i suoi contenuti rimarrete delusi, ma non potete imputare la colpa a End of Dragons o a Guild Wars 2. State semplicemente sbagliando pretese, state cercando di stravolgere la sua essenza di MMO a progressione orizzontale.

ArenaNet ha fatto un buon lavoro, pare che abbia imparato una lezione importante che ha dimostrato in quest’ultimo prodotto: basta aggiungere contenuti per poi abbandonarli, piuttosto è meglio consolidare quelli presenti. Ora in questa fase di limbo narrativo ci si augura veder risolte le criticità di svecchiamento del titolo che, nonostante i difetti, può dire ancora tanto nel mercato MMO.

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un po’ perché ero prevenuto, un po’ perché non se ne parlava molto bene anche sulle vostre live, le mie aspettative erano molto basse. Devo dire che l’espansione mi sta lasciando piacevolmente sorpreso. Le mappe sono stupende, la storia seppur lineare e poco innovativa è molto piacevole, i meta sono tra i migliori, le elite spec che ho provato mi stanno divertendo molto. Le uniche perplessità sono sui contenuti PVE… 4 strike missions non sono poche (tra l’altro da quel che ho visto sembrano davvero ben fatte), ma vista la loro durata non so per quanto possano intrattenere, forse l’hard mode aiuterà in tal senso. Avrei gradito almeno un nuovo fractal. E’ un espansione che non porta innovazioni, ma fa bene in quasi tutti gli ambiti.