Diablo II non è certo un titolo che ha bisogno di presentazioni. Uscito nel 2000, esso si impose subito come un prodotto eccezionale: una vera pietra miliare del genere hack ‘n’ slash (oggi più spesso detto “action RPG”), già perfezionato dalla stessa Blizzard col primo Diablo alcuni anni prima.
Tuttavia, Diablo 2 prendeva sì la formula di Diablo 1, ma ne aggiungeva caratteristiche che poi, nel corso del tempo, sarebbero state riprese non solo dagli altri hack ‘n’ slash, ma da tutta l’industria videoludica a prescindere dal genere. Si pensi in tal senso al colore degli oggetti, che ne indica la rarità; o al ramo dei talenti tripartito, che su Diablo 2 trovò la sua consacrazione.
Diablo 2 fu anche il primo gioco che giocai online da solo, collegandomi su Battle.net quando avevo meno di dieci anni e interagendo lì per davvero, fuori da ogni controllo genitoriale, con il magico mondo di internet.
Questa premessa è doveroso farla, in questa recensione. Perchè se da una parte c’è senz’altro una nostalgia ed un apprezzamento particolare per il gioco, che potrebbe influire sul voto finale del suo rifacimento, dall’altra c’è tutta la potenziale rabbia di un appassionato, che di fronte anche al minimo errore sbraita e si arrabbia, vedendo difetti per ogni dove nel suo amato prodotto.
Non è necessario dilungarsi molto sulla formula di Diablo 2: tutti sanno del resto che cos’è un action RPG, e questo è l’archetipo di tutti gli action RPG. Si ammazzano mostri, si girano le mappe, si guadagnano oggetti potenti, si livella il personaggio. Alla fine non c’è molto più di questo, ma è ben più che abbastanza.
Remake o remaster, l’importante è che sia bello
Annunciato all’ultima BlizzConline, Diablo 2 Resurrected è disponibile dal 23 settembre su PC, PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X/S e Nintendo Switch al prezzo di 39,99€ per la Standard Edition e di 59,99€ per la Diablo Prime Evil Collection (che include anche Diablo 3 con l’espansione Reaper of Souls e il DLC Ascesa del Negromante). Nel pacchetto è compresa anche Lord of Destruction, l’espansione pubblicata nel 2001.
Sappiamo che il prodotto non è propriamente un remake, ma non è neppure una remaster. Il codice sorgente del Diablo 2 originale fu infatti perduto almeno in parte, ed è pertanto stato necessario ricreare da zero molte cose. Da ciò deriva una concezione diversa da quella di un semplice remake, e più simile ad una remaster. Eppure esso alla fine è eccezionalmente fedele all’originale. Diablo 2 Resurrected è di fatto Diablo 2 rifatto con la grafica moderna, con un nuovo engine che permette di cambiare al volo tra la vecchia visualizzazione e quella nuova semplicemente premendo il tasto.
Sono soltanto due le funzionalità veramente innovative: l’auto-raccoglimento dei gold da per terra ed una serie di nuove tab condivise nel forziere, che limita la necessità di farsi secondi PG muli da soma per contenere i numerosi oggetti che si droppano. È stato anche aggiunto il supporto per il joypad, che a quanto pare funziona molto bene e consente di godere di Diablo 2 Resurrected nella comodità del proprio divano (per quanto la velocità del gioco, ad alti livelli, mal si accompagni al rilassamento da divano).
Ma più di tutto ciò che è cambiato è la grafica, interfaccia compresa. È del resto questo il succo di questa edizione Resurrected di Diablo 2: mantenere il gioco uguale all’originale – con pregi e difetti – e aggiornarne solo la grafica. E qui il risultato è da definirsi eccellente. Non solo le nuove texture e i modelli sono dettagliati veramente bene e gradevolissimi all’aspetto (soprattutto alcuni mob, come gli insettazzi dell’Atto 2), ma sono fedelissimi all’originale. Si ha veramente l’impressone di rivedere le stesse cose di Diablo 2 ma con la grafica potenziata dalla nostra immaginazione, come quando si ripensava ai bei tempi passati su Diablo 2 nel lontano 2000 e lo si immaginava con una grafica incredibile, che poi chiaramente non si traduceva in realtà.
E invece oggi si traduce in realtà: la Resurrected è davvero la versione con la grafica della nostra mente che si palesa dinnanzi ai nostri occhi. Un vero capolavoro, da questo punto di vista, e un punto esclamativo sul metodo di realizzazione delle remaster: pochissimi cambiamenti, ma un grande lavoro di restauro e rimessa al passo coi tempi.
L’interfaccia è diventata più gestibile e comoda, con un’automappa riducibile ai bordi dello schermo e non per forza in centro; le icone degli oggetti sono diventate in alta definizione, ma tutti i veterani di Diablo 2 riusciranno a capire immediatamente che cosa sono questi oggetti, vista la fedeltà perfino delle icone nella versione Resurrected.
Una piccola parentesi peculiare, la cui influenza è praticamente nulla ma lascia lo stesso riflettere molto sui tempi che corrono, è da fare sui personaggi femminili. Come si diceva, la fedeltà dei modelli rifatti sul Resurrected rispetto a quelli originali è praticamente totale – con l’eccezione di numerosi personaggi femminili, giudicati evidentemente troppo scoperti e pertanto rifatti con abiti più pudici. Questa scelta lascia perplessi per numerosi motivi. Intanto, non tutti i personaggi femminili sono stati rifatti seguendo quell’ottica, ma di fatto soltanto quelli che lasciavano scoperta la parte superiore della coscia o lievi porzioni di natiche, come se il posteriore umano creasse problemi di per sé stesso agli autori grafici. Secondariamente, in giro per il mondo di Diablo 2 Resurrected è stato aggiunto un quantitativo forse anche esagerato di gore: pezzi umani, scheletri, carcasse, ossa, sangue… ma guai a vedere al di sopra delle cosce. Siamo, qui, evidentemente di fronte al neo-puritanesimo americano, che accetta senza alcun problema dosi di violenza inenarrabili ma che rifugge la visione del corpo umano ignudo o seminudo in ogni sua forma.
Un’altra menzione, ma senza commento, va fatta sullo “sbiancamento” dei pigmei in Atto 3: nell’originale, mob fastidiosi che si falciavano in quantità, di carnagione scura. Nella remaster, mob fastidiosi che si falciano in quantità, di carnagione bianca.
Proseguendo sulla grafica, le luci e le ombre forse sono la parte realizzata meno bene nella nuova versione di Diablo 2. I personaggi, infatti, proiettano luci che creano ombre nell’ambiente, ma non subiscono al contrario le ombre dell’ambiente su loro stessi. Il risultato è che si portano dietro sempre un’ombra predeterminata che mal si sposa in molti ambienti, e non viene cambiato gradualmente il loro livello di illuminazione: o è tutto chiaro, o è tutto scuro. Peccato, se si pensa a come Titan Quest, altro geniale action RPG del 2006, gestiva perfettamente l’illuminazione dinamica del PG e sul PG.
Il peso degli anni, o forse no?
A livello di gameplay, oggi Diablo 2 Resurrected non può certo giocarsi come Diablo 2 nel 2000. Sono passati più di vent’anni, e in vent’anni le wiki, le build, il theorycraft, i pro e tutto il substrato competitivo del gioco ha tirato fuori le maggiori ottimizzazioni possibili per poterne godere appieno e velocemente. Ed in effetti, unendosi a Battle.net, non è raro trovare partite con obiettivi “meta”: run per expare il più in fretta possibile (ottimizzate al secondo); run per droppare taluni oggetti da taluni mob (ottimizzate al millisecondo); partite di scambio con oggetti noti e predeterminati (ottimizzate al decimo di secondo).
Giocare Diablo 2 Resurrected online, sui server Battle.net in lobby fino ad 8 giocatori (tutti spesso elitari, ma silenziosi), significa entrare dentro un ambiente che ha vent’anni di ragionamenti dietro, e pertanto può risultare spaesante al giocatore neofita – posto che quest’ultimo sia interessato a prendere in mano un prodotto che ha comunque un gameplay di due decenni fa.
Ed è proprio lo spaesamento del giocatore neofita che rappresenta forse il più grande problema di questo Diablo 2 Resurrected. L’originale era un gioco d’altri tempi: non appartiene più al nostro mondo, casualizzato e accessibile. Su Diablo 2 non c’erano gli indicatori dei buff e dei debuff, né del tempo restante di essi: così è anche in Diablo 2 Resurrected.
Su Diablo 2 era necessario spammare costantemente le pozioni, senza che esse avessero un cooldown né una meccanica interessante (come avviene su Diablo 3 o su Path of Exile): così è anche in Diablo 2 Resurrected. Su Diablo 2 si farmava lo stesso boss (Mephisto, più che altro) per molto tempo, nella speranza che droppasse bene: così è anche in Diablo 2 Resurrected.
E neppure esiste un sistema di endgame paragonabile a quelli dei titoli contemporanei: su Diablo 2, all’inizio, al massimo si raggiungeva il livello 99 – il cap. Poi, col tempo, sono state aggiunte forme di simil endgame come il Pandemonium Event, una lunga raccolta di chiavi, previo lungo tempo passato a farmare, per aprire i portali che permettono al giocatore di affrontare le versioni “uber” dei boss di fine atto, e ottenere il potente Hellfire Torch: un talismano che dà, tra l’altro, +3 a tutti gli attributi di una classe random. Altrimenti, si farmano Pietre di Jordan fino alla nausea per ottenere la possibilità di affrontare il Diablo Clone, che droppa l’ennesimo oggetto di pregio, l’Annihilus Charm. Ma come si può vedere, nulla di questo è un vero “endgame” come lo siamo abituati a considerare oggi. Per il resto, i personaggi tendono ad alzare al massimo la statistica di Magic Find e farmare Mephisto a difficoltà Inferno ore e ore, nel tentativo di droppare i migliori oggetti per tutti i loro personaggi.
Insomma, si capisce il motivo per cui un giocatore di oggi potrebbe storcere il naso di fronte a sistemi di gameplay palesemente vecchi e superati – ma al contempo egli può godere di cose che oggi si rinvengono sempre meno, di un gioco con un’atmosfera cupa che desidera che il giocatore dia il massimo, ottimizzi e segua l’incedere dei numeri e del potenziamento del suo personaggio sempre con una grande attenzione, anche se il gioco non gli dà alcun aiuto in questo senso.
Ah, l’occhio di Khalim!
È quindi Diablo 2 Resurrected un prodotto solo per vecchi nostalgici? Non per forza, anche se sicuramente il suo target principale è quello. Un giocatore di oggi, che non avesse provato il Diablo 2 originale, potrà trovare nel Resurrected un esempio storico di videogioco del passato, ma godibile ancora oggi. Si pensi a come Diablo 2 aveva al massimo una risoluzione di 800×600 (poi 1024×768): chi mai potrebbe approcciarsi oggi a un simile titolo? È chiaro che se vogliamo che si faccia esperienza di un grande classico del passato, se la pillola della cultura videoludica sia ingoiata, allora è bene che essa sia dolcificata, così che il primo impatto del neofita moderno sia gestibile e magari apra le porte di ciò che viene dopo.
Il gioco, che è completamente in italiano così come lo era l’originale, ha poi mantenuto la colonna sonora e tutti i suoni che l’hanno reso iconico, ma il doppiaggio, adorato dai fan, è stato rifatto completamente, bisogna dire non sempre con risultati buoni tanto quanto lo erano quelli del 2000. Ma in questo caso, può essere molto la nostalgia che parla. Anche se cose come Tyrael che non grida più “Sia lode alla luce” con tanto di eco alla fine dell’Atto 4 mi hanno lasciato un po’ perplesso, anche al di là della nostalgia.
Non mi divertivo così tanto su Diablo 2… dai tempi di Diablo 2
Insomma, per tutto ciò che conta veramente, Diablo 2 Resurrected è una fedele, bellissima trasposizione in chiave moderna dell’originale del 2000. È facile da prendere in mano, come lo era vent’anni fa. È bello da vedere, come lo era vent’anni fa. Dà dipendenza (“dai, ancora un livello”), proprio come vent’anni fa. Io stesso non mi divertivo forse così tanto su un hack ‘n’ slash… dai tempi di Diablo 2. Ma anche qui, è evidentemente la nostalgia che parla.
E anche il gameplay è proprio come vent’anni fa, con i difetti di vent’anni fa, e le formule di gameplay (come quella delle pozioni) che nel corso di così tanto tempo sono state aggiornate, cambiate e migliorate da tutti i titoli che sono usciti in seguito. È un tuffo nel passato, ma un tuffo bello, appagante e anche a suo modo accessibile. Un esempio di storia del videogioco pura e non mediata, se non migliorata nella fruizione visiva e in un paio di inconvenienze risolte in materia di quality of life, ma per il resto Diablo 2 Resurrected è Diablo 2.
Da citare, inoltre, la possibilità di trasferire i personaggi dal vecchio Diablo 2 alla nuova versione – ma solo quelli single player, e solo su PC. Se siete interessati trovate tutti i dettagli in questa guida. Infine, se siete interessati potete recuperare tutte le repliche dei nostri streaming di Diablo 2 Resurrected sul canale YouTube MMO.it Extra.
CONSIDERAZIONI FINALI
Diablo 2 Resurrected è probabilmente la miglior remaster che io abbia mai visto. La grafica è eccezionale, e rispettosa dell’originale quasi al 100% (anche se con qualche cambiamento discutibile). Il gameplay è quello: se piace, piace, se non piace non potrà essere certo questo Resurrected a farlo piacere.
Il gioco è un gioco del 2000: non ha la quality of life di oggi, non ha l’endgame di oggi, non ha il bilanciamento di oggi. Ma ha un’anima, che oggi spesso non c’è. E questa remaster la riporta in vita più splendente che mai.
Ad Asczor piace videogiocare e soprattutto videogiocare bene. I giochi per lui vanno fruiti sfruttandoli fino in fondo al meglio delle proprie capacità. È per questo che Asczor s’incazza, e non poco, quando i giochi non rispettano i suoi standard di qualità. Però ha sempre le sue buone ragioni per farlo e, al contrario, non manca mai di lodare i giochi meritevoli. Peccato che siano davvero pochi.
Applausi GIACOMINO!! gran bella recensione :)
Dopo tutto lo schifo in cui si era invischiata blizzard, sapere che questo gioco è meritevole fa piacere dopotutto… considerando che non ho mai avuto il piacere di giocarlo, penso proprio che acquisterò il titolo :)
(Per quanto riguarda il neo-calvinismo americano, purtroppo è un pò una piaga, non riescono a capire che puoi non essere d’accordo con loro ma essere comunque “Progressista” negli ambiti definiti tali, supportando i diritti civili ecc….invece no, se non copri la coscia della dea Tizia caia allora sei un fascio omofobo :”) )