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Creare giochi su PlayStation è un inferno, dicono molti sviluppatori

Creare giochi su PlayStation è un inferno, dicono molti sviluppatori

Kotaku si sta occupando nell’ultimo periodo di un’interessante inchiesta sul costo esorbitante, non solo in termini economici, necessario per creare videogiochi su PlayStation.

Il termine “creare” è volutamente vago: due sono infatti le principali cause che concorrono alla spiacevole situazione che sviscereremo in quest’articolo.

Innanzi tutto, è necessario pagare almeno 25.000$ per apparire su PlayStation Store: un costo assolutamente improponibile per gli sviluppatori indie. Ma nella realtà le cifre sono ancora più alte: Kotaku ha calcolato che è perfettamente normale spendere 200.000$ solo per ottenere visibilità sullo store.

I giochi rilasciati su PlayStation Store hanno anche una serie di requisiti piuttosto stringenti: un compliance-check da compiersi lungo tre diversi software, poi la necessità di creare un trailer unico per la piattaforma e di scrivere un pezzo di presentazione che venga pubblicato su un apposito blog, e infine il requisito di inserire numerosi dati inerenti ai social media. Tutto questo verrà poi giudicato da appositi impiegati, senza che la procedura sia resa pubblica.

I 25.000$ di cui parlavamo prima permettono, pare, di bypassare completamente questa procedura. Ad essi debbono poi aggiungersi un 30% ai profitti che va pagato a Playstation Store.

Ma questo primo punto può essere contestato: la presenza di una barriera all’ingresso, per quanto pesante, può infatti essere utile nel momento in cui il mercato è sovraffollato di titoli così come lo è oggi. Del resto, su Steam escono circa 50 giochi al giorno, molti di qualità discutibile. Quindi se da una parte è senz’altro vero che gli sviluppatori indie vengono sfavoriti notevolmente da questo approccio, dall’altra viene mantenuta, almeno in teoria, una qualità più alta sullo store.

Ma c’è poi da considerare una serie di opinioni raccolte da Kotaku da parte di sviluppatori diversi che hanno pubblicato i propri giochi su piattaforme differenti. Purtroppo, queste fonti sono anonime. Ve ne proponiamo alcune:

Sony non capisce il significato della parola “indie”. Per loro indie vuol dire qualcosa con un budget di alcuni milioni di dollari.

Nessuna piattaforma è particolarmente buona, ma Sony è particolarmente terribile. E lo sanno anche loro: hanno avuto questo problema da molto tempo, ma non hanno risolto niente, e così il problema persiste.

Sì, c’è Nintendo che un po’ ti supporta. E anche Microsoft ti supporta. Poi c’è Sony che supporta solo la sua macchina da soldi AAA e a cui non frega un cazzo di chiunque altro.

La notevole discrepanza tra piattaforme si evince da una serie di testimonianze da parte di sviluppatori i cui giochi sono usciti sia sul PlayStation Store sia su Xbox e Nintendo. A quanto pare, in più occasioni essi hanno ricevuto notevoli feedback da parte di utenti che “li avevano visti sull’Xbox Store” ma mai sul PlayStation Store. Per ciò che riguarda il Nintendo Store esistono numerosi posti dove possono apparire vari videogiochi senza che sia stato pagato alcun compenso, ed esistono varie liste “nelle quali vengono inserite le nuove uscite e quelle scontate”, a tutto vantaggio dei piccoli sviluppatori.

Matthew Wright di WhiteThorn Games ha pubblicato un diagramma a torta che mostra la percentuale di vendite di console in console: 60% Switch, 30% Xbox, e solo 3% Playstation. Una discrepanza spiegabile solo in ottica di marketing e di visibilità. Gli sviluppatori di Those Awesome Guys hanno dichiarato che i loro titoli sono venduti al 91% su Steam, al 7% su Swtich e allo 0,3% su Playstation.

Kotaku cita anche altre testimonianze: alcuni sviluppatori scrivono su Twitter che è del tutto impossibile trovare il loro titolo su PS Store senza digitarne il nome esatto nella barra di ricerca, altri affermano di aver venduto 2.000 copie di un DLC su Xbox e… 7 su PS Store.

Certo le cose non sono rosa e fiori nelle altre piattaforme, ma Kotaku mostra, tramite queste testimonianze, come la scena sia particolarmente sfavorevole per i developer indie su PlayStation. Ci sono peraltro una serie di stranezze qui e là, come ad esempio il fatto che Nintendo debba garantire un “permesso speciale” a chi voglia rilasciare una patch per il proprio gioco superiore ai 200 MB.

In definitiva, Sony si conferma particolarmente restrittiva nel proprio approccio al videogioco, ma, come avviene del resto per le onnipresenti polemiche in termini di esclusive, anche qui è possibile trovare chi si trova concorde con la politica attuata, nel nome della qualità.

 

Fonte

 

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