Una nuova ricerca delle Università di Plymouth e Wolverhampton ha concluso che aprire le loot box tipiche dei videogiochi è “strutturalmente e psicologicamente uguale al gioco d’azzardo”.
Questa ennesima conferma di un fenomeno sicuramente ben noto ai giocatori prende le mosse da altri tredici studi, che sono stati presi in rassegna e compilati per esaminare quanto fossero forti i legami tra il comprare ed aprire le loot box ed il gioco d’azzardo in generale.
In altre parole, non c’è dubbio che sussista un parallelismo notevole tra la predisposizione al gioco d’azzardo e l’apertura delle loot box, e viceversa. Questa doppia influenza è particolarmente odiosa nel momento in cui a subirla sono i bambini, dei quali il 93%, stando alla ricerca, ha esperito giochi con le loot box, ed il 40% le ha aperte.
Ma il dato sorprendente è che soltanto il 5% dei giocatori è abbastanza per generare più di metà di tutti i ricavi derivanti dalle loot box. È quindi effettivamente presente il fenomeno delle whale: una minoranza di giocatori facoltosi che da soli sostengono, tramite spese folli, tutto il sistema delle loot box.
Questa ricerca delle Università di Plymouth e Wolverhampton è parte di un progetto di riconsiderazione delle attuali leggi inglesi sul gioco d’azzardo, commissionato dal Parlamento a Londra. Ad aprile, il governo del Regno Unito dovrà pubblicare conclusioni ed eventuali proposte di revisione legislativa prendendo in considerazione gli studi emersi durante i mesi precedenti, tra i quali appunto figura questo di cui vi stiamo parlando.
A favore della revisione delle attuali leggi figura il parlamentare Richard Holden, del partito Conservatore. “Le lootbox sono regolate nello stesso modo in cui si regolavano le figurine dei calciatori quando io ero piccolo, ma è chiaro che tali prodotti si siano evoluti ben oltre quello che le leggi dell’epoca prevedevano”, ha dichiarato.
Dall’altra parte, l’UKIE, cioè l’ente commerciale responsabile dell’industria dei giochi nel Regno Unito, ha obiettato che l’industria ha già attuato, da sola, cambiamenti significativi al sistema delle loot box: “Già esistono le probabilità messe per iscritto, e anche un nuovo emblema da affiggere insieme al PEGI per informare i giocatori che esistono le lootbox nei titoli. Ci sono un sacco di settaggi e strumenti su tutti i dispositivi che consentono ai giocatori di gestire, limitare o eliminare la possibilità di spendere”.
Ricordiamo che già nel 2018 il Belgio aveva dichiarato illegali le lootbox e ne aveva preteso la rimozione da prodotti come Overwatch, mentre nell’aprile del 2020 l’Entertainment Software Rating Board (ESRB) ha creato una nuova etichetta pensata apposta per indicare tutti quei giochi che possiedono acquisti casuali in-game.
Ad Asczor piace videogiocare e soprattutto videogiocare bene. I giochi per lui vanno fruiti sfruttandoli fino in fondo al meglio delle proprie capacità. È per questo che Asczor s’incazza, e non poco, quando i giochi non rispettano i suoi standard di qualità. Però ha sempre le sue buone ragioni per farlo e, al contrario, non manca mai di lodare i giochi meritevoli. Peccato che siano davvero pochi.
Ma non l’avevano già detto una VITA fa?
Tanto che giochi come overwatch eran finiti nei casini proprio per le lootboxes, per non parlare di Star Wars Battlefront 2, dove all’inizio Tutto arrivava dalle lootboxes, ed infatti avevan dovuto cambiare Drasticamente lo shop.
Sono studi vecchi di decenni ormai, gli inglesi fanno sempre i pionieri di sta ceppa
Un bambino che apre una lootbox non è un giocatore di azzardo ma solo un fanciullo non seguito dai propri genitori. Facciamo uno bello studio di quanti bambini sono seguiti e controllati dai propri genitori(no perché un bimbo che ha accesso a una carta di credito per fare l’acquisto non è mica tanto normale) no ste cagate
I genitori hanno sicuramente dei doveri, come hai detto tu l’accesso alla carta di credito, ma l’attuale società ha il dovere di preservare i propri cittadini più giovani, perchè un ragazzino trova sempre il modo di fregare un genitore, per cui l’educazione la fa da padrone. Un’educazione però che se non sostenuta dall’ambiente sociale, diventa inutile e si ributta pur di essere integrati socialmente. Ed è proprio qui che si inalbera il fondamento di ogni pubblicità, non serve convincere tutti, basta prenderne alcuni, saranno loro poi a fare da traino, gli altri seguiranno per integrazione. Una verità che spesso sfugge è che noi siamo cittadini che studiano/lavorano per la propria società, non viviamo per noi stessi, quindi è d’obbligo per tutti noi preservare i nostri concittadini.