In un’intervista pubblicata su Edge Magazine, nel numero di maggio 2020 (pubblicato, però, il 26 marzo…), Gabe Newell ha raccontato un interessante aneddoto: pare che per questioni di ricerca (for science, direbbero a Valve) egli abbia passato un bel po’ di mesi a fare il gold farmer su World of Warcraft.
Per gold farmer, ovviamente, si intende un’impiego sostanzialmente a tempo pieno di raccolta di gold per poi rivenderli al mercato nero. L’esperienza, che probabilmente si situa intorno alla metà dei 2000, si dimostrò poi utile per congegnare nuovi sistemi economici per i videogiochi del futuro.
Gabe Newell afferma di aver raggiunto guadagni anche di 20$ all’ora vendendo gold: una cifra molto rispettabile, e ben superiore al salario minimo garantito che negli Stati Uniti è di 7,25$ all’ora.
Acquisendo consapevolezza sulle potenzialità di un mercato dei beni digitali, Gaben e Valve diedero poi origine allo Steam Workshop, che ha portato traffici di denaro notevolissimi in tutti questi anni.
Per la verità, non è del tutto chiaro quanto di questa storia sia reale e quanto invece sia parte dell’enorme culto della personalità che si è creato negli anni dietro la figura di Gabe Newell. Immaginare il CEO di Valve a farmare gold su WoW mentre giochi come Half Life 2 facevano i miliardi pare francamente molto difficile. Più probabilmente, Gaben e i suoi hanno studiato in lungo e in largo i sistemi economici dei principali loro concorrenti, e con le informazioni acquisite sono riusciti a dare origine all’attuale ecosistema di Steam. In esso, i giocatori spendono e guadagnano soldi scambiando continuamente skin, mentre è data l’opportunità ai creatori di arrotondare i loro guadagni mensili pubblicando le loro creazioni sul workshop.
Ricordiamo che giusto pochi giorni fa Newell ha lodato la concorrenza di Epic Games Store.
Ad Asczor piace videogiocare e soprattutto videogiocare bene. I giochi per lui vanno fruiti sfruttandoli fino in fondo al meglio delle proprie capacità. È per questo che Asczor s’incazza, e non poco, quando i giochi non rispettano i suoi standard di qualità. Però ha sempre le sue buone ragioni per farlo e, al contrario, non manca mai di lodare i giochi meritevoli. Peccato che siano davvero pochi.
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