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Global Game Jam 2020: dobbiamo smettere di usare divertente e immersivo per descrivere i videogiochi?

Global Game Jam 2020: dobbiamo smettere di usare divertente e immersivo per descrivere i videogiochi?

Durante i talk di apertura della Global Game Jam 2020 a Torino sono stati molti i temi trattati, dal teamwork al design. Su quest’ultimo tema il game designer Francesco Rugerfred Sedda ha posto un’interessante domanda al pubblico di giovani sviluppatori: avete usato le parole “divertente” e “immersivo” per descrivere un videogioco? Che cosa significano?

Niente, è stata la sua risposta.

Con il termine “immersione”, spiega Sedda, si cade in un errore molto comune nell’analisi dei videogiochi, nel quale spesso casco anche io personalmente. Non è che non si possa usare, ma è un termine generico e poco significativo. Questo è infatti un termine scomponibile in diversi concetti molto più specifici:

  • Coinvolgimento cinestetico: quando il coinvolgimento fisico è parte dell’esperienza. Basti pensare ai titoli che sfruttano la tecnologia VR.
  • Coinvolgimento spaziale: quando la conoscenza dello spazio circostante e del livello in sé è fondamentale.
  • Coinvolgimento condiviso: quando l’influenza non è solo tra persone fisiche che giocano, ma anche tra i giocatori e i personaggi non giocanti.
  • Coinvolgimento narrativo: quando la storia riesce a coinvolgerti per l’intreccio e il background.
  • Coinvolgimento affettivo: quando c’è un coinvolgimento emotivo ed empatico tra il giocatore e la storia o i personaggi.
  • Coinvolgimento ludico: quando l’attrattiva e il coinvolgimento riguarda le meccaniche di gioco o aspetti più tecnici.

 

Il termine “immersivo”, nonostante la sua vaghezza, è onnipresente nel mercato videoludico e nella stampa di settore. Basta semplicemente pensare ai vari titoli autodefiniti “immersive sim”, come Deus Ex o altri RPG dello stesso stampo.

Un discorso simile può essere fatto anche per il termine “divertente”. È possibile definire divertente un’esperienza videoludica come What Remains of Edith Finch?

Oltretutto il frame mentale che evoca la parola “videogioco” è in sé alquanto fallace. L’idea, nell’opinione pubblica, è che quest’ultimo debba necessariamente essere divertente e che è impensabile la rappresentazione di tematiche come il suicidio o le molestie al suo interno.

Francesco Sedda specifica che non c’è nulla di male nell’utilizzare questi termini, ma si rischia di essere superficiali sia per la promozione del gioco che per l’analisi. Il continuo ripetere ed utilizzare questi due termini li ha probabilmente svuotati di significato, occorre quindi sempre specificare quali sono le emozioni che il gioco cerca di replicare e di scatenare e su quale tipo di coinvolgimento esso punta.

Qui di seguito potete vedere il video dello stesso talk in inglese pubblicato sul canale YouTube dello sviluppatore, nel quale troverete altri contenuti e talk riguardanti il mondo dei giochi di ruolo e dei videogiochi.

Siete d’accordo con l’analisi? Anche voi considerate queste parole come vuote di significato?

 

 

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