La fiaba, nella sua declinazione più classica, è un genere di cui raramente si sente parlare oggi, in una mondanità presa da problemi sociali, da un palpabile progresso tecnologico e da opere d’intrattenimento ben legate alla scala di grigi della realtà. I fantasiosi e colorati reami abitati da valorosamente imperturbabili cavalieri e onesti e gentili sovrani risultano quasi anacronistici agli occhi del cittadino accorto, perché sono per loro natura infantili e naive, se non nel sottotesto, nella loro presentazione. Eppure, forse non ci si dovrebbe dimenticare del bambino che è in ciascuno di noi, di quello spirito curioso ed entusiasta che è ignaro dei secondi fini che gli adulti mettono in ogni loro gesto, che è ignaro di cosa sia la malvagità, al di fuori del troll che vuole mangiare la capra del contadino. Una finestra sulla pura innocenza che tutti noi nascondiamo in qualche anfratto del nostro cuore potrebbe essere, come minimo, terapeutica nel sopportare le ingiurie della quotidianità e potrebbe farci riflettere meglio su chi siamo veramente.
Vengono così in nostro soccorso gli sviluppatori finlandesi di Frozenbyte, supportati dal piccolo publisher Modus Games, con il nuovissimo Trine 4: The Nightmare Prince, ovvero il quarto capitolo della pluripremiata saga di Trine, in uscita l’8 ottobre. Il cammino di questi titoli, iniziato ben dieci anni fa, ha visto picchi e abissi, ma ha sempre mantenuto il file rouge dell’ambientazione fiabesca e, a distanza di quattro anni dal terzo capitolo, ci porta a quella che sembrerebbe essere una nuova vetta del franchise.
Uno, trino… o sono quattro?
Trine 4: The Nightmare Prince è un puzzle-platform in 2.5D: è quindi dotato di complessi sfondi tridimensionali, ma nel gameplay è a scorrimento laterale, un po’ come Duke Nukem: Manhattan Project (per chi, come me, a suo tempo avesse apprezzato quel titolo). Dopo lo strabiliante successo che ottenne Trine 2 nel 2011, i Frozenbyte tentarono, con Trine 3: The Artifacts of Power, di sviluppare un titolo interamente in 3D, mantenendo il genere del gioco inalterato, ma si resero ben presto conto di quanto l’impresa fosse tutt’altro che banale e si ritrovarono in grosse difficoltà finanziarie, dovendo rilasciare il gioco incompleto e discretamente popolato di bug e inconsistenze. Fu un mezzo disastro che lanciò, purtroppo, un po’ di ombra su una saga che stava volando piuttosto alto nel panorama indie. Eppure la speranza è sempre l’ultima a morire, e con Trine 4 si è deciso di fare un considerevole passo in dietro a favore di un gameplay molto più simile al secondo capitolo.
I personaggi giocabili sono sempre i tre Eroi del Trine (non chiedete chiarimenti su cosa sia il Trine, perché doveva essere spiegato nel terzo capitolo, ma ormai sapete la fine che ha fatto), ovvero: Amadeus, un mago dalla dubbia maestria, capace solamente di evocare magiche forme geometriche tridimensionali, con cui deve anche difendersi; Zoya, una ladra con un interessante passato, capace di librarsi fra i livelli per mezzo di un rampino e dalle notevoli doti nel tiro con l’arco; Pontius, un cavaliere corazzato dalla testa ai piedi e dotato di spada e scudo, ligio a salvare contadini e fanciulle in difficoltà solo perché spinto dalle promesse di ottenere ricompense sotto forma di lauti banchetti, come può dimostrare la sua non modesta panza. I tre eroi partono con poche e semplici abilità, utili ad abituare il giocatore al peculiare stile che caratterizza ciascuno di loro, e nel corso dell’avventura guadagnano gradualmente accesso a nuovi strumenti o a miglioramenti che sono indispensabili al superamento delle sfide che si trovano davanti.
In linea generale, il gameplay è caratterizzato da due fasi: i puzzle e i combattimenti. I primi sono sostanzialmente basati sulla fisica e organizzati in “camere” che richiedono di usare creatività e logica per essere superate. La soluzione non è necessariamente una sola e spesso è addirittura possibile sfruttare la fisica per arrivarci mediante vie probabilmente non pensate dagli sviluppatori. Amadeus, infatti, è in grado di far levitare gli oggetti presenti nello scenario, nonché quelli da lui evocati, per manipolare l’ambiente e/o costruire strutture, mentre Zoya può creare ponti di corde o calarsi in punti altrimenti irraggiungibili ed ha accesso a frecce elementali che interagiscono nei più svariati modi con ciò che la circonda. Anche il personaggio di Pontius, che inizialmente sembrerebbe più adatto alla battaglia che non alla risoluzione di puzzle, si rivela essere fondamentale per sfondare pareti, superare burroni e riflettere fasci di luce col suo scudo.
I combattimenti, invece, si risolvono in camere che vengono istanziate fino alla loro risoluzione e presentano solitamente diverse piattaforme e nemici, ciascuno dotato di abilità specifiche, che vanno sconfitti per poter proseguire. Alla fine di ogni atto della storia, inoltre, è presente una boss fight che mette davanti un puzzle o un combattimento che richiede comunque l’uso della testa.
Caratteristica fondamentale della saga di Trine, poi, è il fatto che sia stata pensata per essere giocata in co-op, questa volta fino a quattro giocatori (rispetto ai tre dei precedenti capitoli), senza però escludere la possibilità di giocare in single player. All’inizio di una nuova partita bisogna scegliere fra due modalità: quella Illimitata permette a qualunque giocatore di usare qualsiasi personaggio, quindi anche due personaggi uguali nello stesso momento, mentre quella Classica limita i giocatori ad usare ciascuno un personaggio diverso (personalmente consigliamo quest’ultima). Novità di non poco conto è la difficoltà adattiva, ovvero una differenziazione nella struttura dei puzzle qualora si giochi in solitaria o meno, una cosa che abbiamo subito notato nel testare il gioco in co-op, siccome alcuni puzzle erano letteralmente impossibili da risolvere con un solo personaggio.
Nel corso dell’avventura, infine, è possibile trovare diverse categorie di oggetti collezionabili: alcuni fungono da punti esperienza, altri aprono scorci sulla vita privata dei personaggi e altri ancora servono ad accedere ad un easter egg nel menù principale. Questi oggetti sono solitamente nascosti in luoghi non immediatamente visibili o difficili da raggiungere e offrono un elevato grado di sfida opzionale per chi desidera mettersi alla prova e completare al 100% il gioco. Molto apprezzata è la possibilità, una volta completato un capitolo, di vedere esattamente fra quali checkpoint non si sono trovati suddetti oggetti, nonché l’opportunità di caricare esattamente quello specifico puzzle o combattimento, in modo da non doverlo rigiocare da capo.
Rompicapi e scavezzacollo
Il lavoro di Frozenbyte sul fronte puzzle in Trine 4 è stato incredibile, soprattutto considerando la longevità del gioco, che si attesta circa sulla quindicina di ore, in base a quanto si è bravi nella loro risoluzione, e l’adattabilità prima citata. Molto ben riuscite le nuove meccaniche, come la sfera e l’elettricità. Sono stati numerosi i momenti in cui abbiamo avuto una scarica di endorfine nella risoluzione di un enigma e ci siamo detti “Cavolo, questo puzzle è geniale”! Non sono mancati anche i momenti di frustrazione, ma nessun dilemma proposto si è rivelato ingiusto o eccessivamente difficile. La curva della difficoltà, infatti, tende ad essere abbastanza armoniosamente crescente nel corso dell’avventura, con sfide più complesse man mano che si acquisiscono nuovi strumenti per risolverle.
Proprio sul metodo di acquisizione di tali strumenti, però, va fatta una critica, perché queste abilità sono organizzate in una sorta di albero dei talenti che viene sbloccato in parte con i punti esperienza derivanti dai combattimenti (le abilità vere e proprie), e in parte con i collezionabili sparsi per i livelli (i passivi e i potenziamenti di tali abilità). Il problema è che si tratta di un sistema abbastanza inutile, considerando che si è obbligati ad affrontare i combattimenti nell’ordine proposto, acquisendo quindi abilità nuove in momenti praticamente scriptati, tant’è che solitamente il puzzle successivo al momento dell’acquisizione richiede proprio l’uso dell’abilità appena sbloccata. Il discorso vale un po’ meno sui passivi acquisiti con i collezionabili, ma la loro utilità è talmente relativa che l’assenza di un albero di progressione non si sarebbe comunque sentita.
I combattimenti rimangono un po’ spammosi e caotici, ma sono stati migliorati rispetto ai precedenti Trine e sono anche piuttosto difficili. V’è ora più varietà nelle abilità dei nemici, con pericolose interazioni fra di essi, come incantatori che rendono invulnerabili i propri compagni in corpo a corpo finché non vengono uccisi, ma vi sono anche più strumenti con cui affrontarli. Ogni abilità a disposizione nella risoluzione dei puzzle, infatti, trova il suo posto anche in combattimento e non vi è soddisfazione più grande di far levitare un nemico con Amadeus per utilizzarlo come scudo contro le frecce dei suoi commilitoni! Nota di merito per le boss fight, davvero ben pensate e caratteristiche, ben calibrate anche in termini di difficoltà. Il boss finale è forse il più deludente in termini di meccaniche, ma non è comunque mal riuscito. Per chi si approcciasse al gioco più per rilassarsi che non per avere scariche di adrenalina, vi è anche la possibilità di godersi Trine 4 ad una difficoltà ridotta.
Più luminosa la luce, più buie sono le ombre
Ma chi è questo Nightmare Prince del titolo? Ebbene la storia di Trine 4 vede il giovane Principe Selius, talento nella magia dalla mente un po’ travagliata, evocare involontariamente, in preda alla verve adolescenziale, i suoi incubi nel mondo fisico, incubi che lo fanno cadere preda delle proprie paure e insicurezze. I tre Eroi del Trine, dal canto loro, vengono ricongiunti e incaricati di riportare il principe all’accademia della magia da cui è fuggito, in modo da fermare l’involontaria opera di distruzione che sta portando nel mondo. Il viaggio che ne risulta è occasione di riflessione per Amadeus, Zoya e Pontius, nonché ovviamente per il principe, siccome il nocciolo della storia gira attorno all’affrontare le proprie paure, che siano legate a eventi del passato o ad un futuro che deve ancora palesarsi.
La componente espositiva, soprattutto nei legami fra i vari livelli della narrazione, è sempre stata il punto debole della saga di Trine, che cercava di cavar storie interessanti con toni leggeri, senza però mai riuscire ad essere originale, profonda o memorabile. Abbiamo parlato di fiabe all’inizio della recensione perché le fiabe sono il microcosmo a cui i Frozenbyte attingono e in cui si inseriscono, e mi rendo conto che non sia facile scrivere una fiaba che possa piacere tanto a giovani quanto ad adulti, soprattutto cercando di essere al contempo originali e coerenti al mondo che si vuole raccontare. Con Trine 4 si è vista una scintilla di progresso nella direzione del virtuosismo, ma si può fare di meglio. La macro-storia che viene raccontata è vagamente interessante quanto può esserlo un film per adolescenti e, soprattutto, mal si lega alla progressione del gioco, con diversi momenti in cui si finisce a fare fetch quest (in un gioco lineare, poi) che stonano con i livelli più elevati della fabula e sono praticamente fini a se stesse. Tutto ciò non sarebbe un grande problema, considerando la natura del gameplay, se non fosse che c’è un potenziale enorme, dato tanto dai protagonisti quanto dai personaggi secondari, tutti molto caratteristici, che viene veramente sprecato. Per carità, non è assolutamente una porcheria, ma un “meh” per la mediocrità non glielo toglie nessuno. Nota positiva, invece, sulle scenette di humor che costellano l’avventura e che finiscono sulla meta-narrativa in riferimento ad alcuni aspetti dei Trine precedenti: mi hanno strappato più di un sorriso, complice di ciò anche l’ottima recitazione.
Una sinfonia di colori ed emozioni
È ora giungiamo all’elefante nella stanza, ovvero il comparto artistico. Se, come appena detto, la componente espositiva è sempre stata deboluccia nei Trine, quella artistica, al contrario, è sempre stata a livelli eccelsi e Trine 4: The Nightmare Prince non è da meno. Dai paesaggi, alle animazioni delle creature, alla musica: è tutto ambrosia per gli occhi e le orecchie. Trine 4 è una finestra su un mondo fantasy fiabesco magari non incredibilmente innovativo, ma senza dubbio eccellentemente realizzato. Interessante anche la declinazione presa da quest’ultimo capitolo della saga che, essendo incentrato sul reame onirico, predilige eteree creature dei boschi, ragni e demoni ai goblin e alle creature più concrete di Trine 2 e compagnia. Finalmente raggiungono livelli elevati anche le cutscene, che avevano bisogno di un po’ più di lavoro, con modelli più dettagliati, una mimica somatica più naturale ed espressioni del volto degne di questo nome.
Il comparto sonoro non delude neanche questa volta: le musiche composte da Ari Pulkkinen saranno meno epiche rispetto a Trine 2, per il fatto che il titolo racconta una storia più intima (come egli stesso spiega in questo video), ma le atmosfere che ricreano si legano perfettamente e indissolubilmente con ciò che gli occhi vedono, e rimangono facilmente impresse nella mente. Pulkkinen ha fatto anche un eccellente lavoro sui suoni ambientali, permettendo magicamente di viaggiare con la mente nel momento in cui si decide di chiudere gli occhi per affinare l’udito.
È stato fatto un chiaro sforzo nel migliorare i menù di gioco e si tratta di un gesto assolutamente apprezzabile, in quanto difficilmente si potrebbe chiedere più chiarezza nelle opzioni, che presentano addirittura delle immagini esplicative delle impostazioni che si vanno a toccare. Più regolazioni nel comparto video coronano una lezione ben imparata dall’esperienza di Trine 3. Gli sviluppatori, infine, si sono presi l’onere di far tradurre e doppiare in italiano l’intero titolo, un investimento non indifferente per una software house indie.
Se dovessi fare l’avvocato del diavolo, avrei da ridire solo sui liquidi presenti nei puzzle, che sono bruttini e stonano con quelli degli sfondi e sul fatto che ho avuto qualche lieve episodio di stutter in alcune cutscene, in concomitanza con cambi di inquadratura, ma si tratta di difetti davvero di poco conto.
Conclusioni
Trine 4: The Nightmare Prince è senza ombra di dubbio il titolo che i fan del franchise volevano dopo il flop del terzo capitolo. E per chi si approccia per la prima volta alla saga? Non essendoci continuità narrativa, un nuovo arrivato al massimo si perde qualcuno dei riferimenti umoristici menzionati in precedenza, altrimenti è un ottimo punto da cui iniziare. Anzi, considerando l’uscita della Trine: Ultimate Collection, potrebbe essere un’ottima occasione per recuperarsi anche i capitoli precedenti, ancora giocabilissimi e molto divertenti.
Nonostante ci sia ancora spazio per migliorare, siamo davanti ad un nuovo apice per la saga di Trine e ad una new entry di tutto rispetto nell’universo indie. È un titolo adatto a grandi e piccini, un’opportunità di staccare dal grigiume della civiltà industrializzata e viaggiare con mente leggera, un po’ come si faceva da piccoli (o da grandi, se vi fate i trip!). Dopo gli ultimi insuccessi di Frozebyte sembrava quasi finita la loro epoca d’oro, eppure la software house si è rimboccata le maniche e ha dimostrato cosa sa fare bene, e come lo sa fare anche meglio. Per questo non possiamo che lodarla e sperare in sforzi del genere anche in futuro.
Come già annunciato, ricordiamo che Trine 4: The Nightmare Prince uscirà domani, 8 ottobre 2019, su PC (Steam), PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch al prezzo di €29,99 (Switch a €34,99), in concomitanza con il rilascio della Trine: Ultimate Collection, pacchetto che include tutti e quattro i capitoli della saga al prezzo di €49,99. Inoltre, chi preordinerà Trine 4 o l’Ultimate Collection riceverà gratuitamente il DLC Toby’s Dream, ambientato nei sogni di un puccioso cagnetto.
Infine, se volete saperne di più su Trine 4, stasera faremo uno streaming del titolo sul nostro canale YouTube!
CONSIDERAZIONI FINALI
Trine 4: The Nightmare Prince si presenta non solo come un degno successore di Trine 2, dopo l’inciampo del terzo capitolo, ma addirittura come un titolo superiore. Dalla varietà nei puzzle, alle migliorie al sistema di combattimento e alla difficoltà adattiva, c’è stato un tentativo di miglioramento in ogni aspetto del gioco. Il comparto artistico rimane su livelli elevatissimi, con paesaggi che portano a fare screenshot ogni due minuti e un sonoro che si armonizza perfettamente con l’estetica.
La storia proposta mostra segni di maturazione rispetto ai capitoli precedenti e sono apprezzati gli scorci sulle vite dei protagonisti, ma sono tante le occasioni sprecate nel rispetto di un mondo magico e fiabesco che non si incontra più tanto spesso al giorno d’oggi. Consigliatissimo per prendersi una doverosa pausa dalla mondanità.
Lascia una risposta