L’anno era il 2012, la console l’Xbox 360 e gli anni erano 21 (da poco) quando mio fratello entrò in casa con un nuovo gioco da provare: le recensioni lo descrivevano come un RPG-sparatutto fantascientifico, dotato di umorismo demenziale e di una longevità impressionante. Era Borderlands 2, che, con il tempo, si rivelò un caposaldo del genere anche grazie ad un continuo supporto da parte degli sviluppatori di Gearbox Software sotto forma di continue patch, aggiornamenti, DLC ed un sistema di gioco che ancora oggi rimane attuale e fresco.
Per questo motivo quando a marzo di quest’anno Borderlands 3 è stato annunciato nel corso del PAX East di Boston, l’entusiasmo è stato fin da subito molto alto: mi sono tornate in mente le centinaia di ore impiegate per livellare nei capitoli precedenti, i personaggi che mi sono stati a cuore, le migliaia di armi, Stallone Da Culo, il pianeta di Pandora.
Ma subito dopo, un dubbio è sorto: come avrebbe fatto Borderlands 3 a reggere il confronto? Come si sarebbe comportato in un mercato videoludico saturato di battle royale, microtransazioni e meccaniche pay-to-win? Sarei riuscito ad innamorarmi dei nuovi personaggi o sarebbero stati una pallida imitazione di quelli che già conoscevo?
Il 13 settembre il gioco è uscito su PlayStation 4, Xbox One e PC tramite Epic Games Store ed è stato giocato, analizzato, osservato e rigiocato: io ho fatto la stessa cosa, quindi continuate a leggere, perché ora entriamo bel dettaglio.
Alzati, Cacciatore della Cripta
Il gioco ci catapulta dritti nel cuore dell’azione nei panni di uno dei nuovi Cacciatori della Cripta e ci vengono mostrati i nuovi antagonisti: Tyreen e Troy Calypso, anche conosciuti come “gli Dei Gemelli”, sono i leader dei Figli della Cripta, un culto nato dall’unione di tutti i clan di banditi di Pandora con l’unico obiettivo di trovare tutte le Cripte situate nell’universo, in modo da donare ai due leader un potere senza confini.
Non devono passare molte ore di gioco prima di essere messi di fronte ai veri poteri di questa coppia di gemelli: entrambi sono infatti Sirene, esseri dotati di grandissimi poteri nell’universo di Borderlands, ma con la particolare capacità di poter assorbire l’essenza vitale degli altri esseri viventi e i poteri delle altre Sirene. A questo punto il potenziale per creare dei cattivi memorabili sembrerebbe essere molto alto, ma purtroppo ci troviamo di fronte a un classico esempio di “scrittura pigra” a livello di sceneggiatura.
Troy e Tyreen vengono introdotti come delle imitazioni di personaggi che oggi definiremmo degli “influencer”, dei VIP che fanno del loro ascendente sui banditi di Pandora il loro punto di forza, e se da un certo punto di vista questa caratterizzazione offre battute o paragoni piuttosto esilaranti, alla lunga dà l’impressione di essere una scelta pigra e poco efficace, generata da un team di sceneggiatori non al passo coi tempi, che rende il paragone con Jack il Bello davvero impietoso.
Le missioni intrigano e mantengono il giocatore attaccato allo schermo, anche grazie al ritorno di facce conosciute e personaggi originali in grado di farsi apprezzare, ma la qualità non è distribuita equamente nel corso della trama: ci sono dei momenti “morti” in cui le missioni sembrano susseguirsi una dopo l’altra senza grande coinvolgimento, come se fossero state inserite solo per allungare la durata della campagna.
Mille e poi millemila armi! E scudi, granate, abilità, accessori…
Se dal punto di vista della trama il gioco lascia a desiderare, il gameplay è l’aspetto dove si nota una vera evoluzione e si conferma il punto di forza di questa saga, a partire da un sistema di combattimento chiaro e intuitivo che lascia al giocatore la totale libertà di approcciare gli scontri nel modo che reputa più consono alle sue abilità; tutti i nemici hanno punti deboli sfruttabili, ma nella maggior parte dei casi per farlo bisognerà esporsi ad altri pericoli, situazione che ci costringe a pianificare nel dettaglio i combattimenti più impegnativi.
L’esempio più lampante è il combattimento con il Capitano Traunt, comandante delle forze Maliwan sul pianeta Athenas: se affrontato a testa bassa e senza precauzioni, gli ingenti danni elementali e le alte resistenze ai diversi tipi di attacchi porteranno il giocatore ad una sconfitta assicurata; tuttavia se si tiene conto dell’ambiente circostante, si impara la rotazione degli attacchi del nemico e ci si occupa tempestivamente dei mob aggiuntivi, la vittoria (e la soddisfazione) è a portata di mano… Magari dopo qualche tentativo!
Anche gli altri boss presenti necessitano tattiche particolari, anche se ovviamente non tutti richiedono grandi sforzi (com’è giusto che sia). Una grossa novità in questo capitolo è costituita dai weekend di loot bonus: periodicamente alcuni dei nemici più forti ricevono un drop migliorato per un tempo limitato, consentendo quindi un’esperienza di loot mai uguale a sé stessa e in grado di dare nuovi oggetti ai giocatori più meritevoli. Un’ottima motivazione per farmare boss in compagnia degli amici!
In un gioco di questa dimensione, inoltre, gli sviluppatori devono fare molta attenzione a non creare quest noiose o ripetitive: obiettivo raggiunto, in parte. Ci sono infatti missioni che risultano poco ispirate o, come scritto sopra, sembrano inserite solo per allungare il tempo di gioco. Per fortuna la maggior parte di esse sono godibili e divertenti, anche sorrette dal classico umorismo demenziale della saga e da un sistema di loot che permette di variare spesso il proprio equipaggiamento con grande facilità.
La grande varietà di armi (più di un miliardo, secondo quanto dichiarato dagli sviluppatori) consente di spaziare tra diversi stili di combattimento, selezionabili tramite i vari alberi delle abilità dei nuovi Cacciatori. Proprio questi alberi sono stati rivisti per questo capitolo: oltre alle abilità appartenenti ad ogni ramo, sono presenti delle abilità ibride in comune tra due di essi che verranno sbloccate automaticamente e permetteranno di modificare l’abilità attivata del proprio personaggio in base al proprio stile di gioco.
Ma per quanto riguarda questo aspetto del gioco, il vero potenziale si sblocca una volta finita la trama principale: al termine della storia, infatti, verrà sbloccata la modalità “Vero Cacciatore della Cripta” dove, oltre ad incontrare nemici più forti che concederanno un bottino più ricco e raro, si potranno anche spendere i gettoni Guardiano per aumentare delle caratteristiche per tutti i propri personaggi.
Ritorna la “Campagna del Massacro”, modalità Orda già presente in Borderlands 2, all’interno della quale si dovranno affrontare diverse ondate di nemici di difficoltà crescente, con ricchi premi per ogni fase completata rispettando gli obiettivi aggiuntivi. Organizzata da Mr. Torgue, è consigliato affrontarla in gruppo, dato che una eventuale sconfitta risulterà nell’obbligo di ricominciare le ondate da capo.
Sono presenti anche i cosiddetti “Terreni di Prova”, accessibili tramite le iscrizioni degli Iridiani consultabili dopo aver sconfitto il boss finale. Questi “Terreni” sono in realtà zone già esplorate, nelle quali però compariranno nemici speciali in grado di lasciare armi e accessori ottenibili solo tramite queste missioni speciali; sono poi già stati annunciati i primi due DLC del gioco, Bloody Harvest e Maliwan Takedown, entrambi in uscita prima della fine del 2019 ma ancora privi di una data precisa.
Borderlands 3 offre quindi un elevato grado di rigiocabilità, grazie alla presenza di personaggi molto diversi tra loro con molteplici stili di gioco e personalizzazione, con tantissime skin sbloccabili come tesori dai nemici.
Pandora e altri posti pieni di pazzi armati fino ai denti
Nel corso dei primi due Borderlands abbiamo imparato ad amare Pandora, ma a molti iniziava a stare stretto questo accogliente (?) pianeta abitato da banditi assetati di sangue. La scelta di portare l’azione su diversi pianeti è apprezzabile anche se, fatta eccezione per un caso, tante volte sembra di vedere un cambio di skin del Pandora di Borderlands 2, anziché un mondo inedito con nuovi ambienti da scoprire; non fraintendetemi, certi panorami sono davvero degni di nota, ma si rimane spesso con l’impressione che poteva essere fatto uno sforzo in più per rendere tutto più unico e dare davvero la sensazione esplorare un luogo nuovo.
Ecco, parliamo delle mappe, queste vaste zone da esplorare a bordo di mezzi dotati di armi giganti: la quantità di dettagli all’interno di esse è stata notevolmente aumentata, tanto che anche le zone desertiche come quelle di Pandora nascondono sempre un tesoro o un boss segreto nascosto. La sensazione di “open world” e libertà di esplorazione può essere a volte frenata dai lunghi caricamenti tra una zona e l’altra, ma succede molto raramente.
Sono presenti diversi bug a livello di texture, in particolare per quello che riguarda il terreno e i confini delle mappe: più volte dopo aver battuto un boss o dopo un filmato, ho trovato il mio personaggio a fluttuare nel vuoto verso il basso dopo aver compenetrato il limite del pavimento; fortunatamente il gioco effettua salvataggi automatici piuttosto frequenti e il danno è sempre stato ridotto al minimo. Questo problema non è passato inosservato e il team di sviluppo se ne sta occupando in maniera costante e tempestiva con aggiornamenti e bugfix, sforzo apprezzabile ma che non si sarebbe dovuto rendere necessario per un gioco venduto a prezzo pieno.
Spendo inoltre un paio di parole per il reparto sonoro, al quale tengo particolarmente: la colonna sonora non rappresenta più un accompagnamento monotono che varia tra le aree, ma è in grado di coinvolgere il giocatore ad ogni combattimento, dal più banale al più impegnativo. E il doppiaggio italiano è un grande punto d’orgoglio, grazie ad un adattamento attento e a prestazioni degne di nota da parte dei doppiatori coinvolti.
CONSIDERAZIONI FINALI
Un passo in avanti… ma senza sforzi. Non fraintendetemi, Borderlands 3 mi è piaciuto. Ma… C’è sempre un ma.
Dopo quello che Borderlands 2 ha lasciato al mondo dei videogiochi, la comunità videoludica si aspettava un titolo in grado di influenzare i giochi futuri, una ventata d’aria fresca di quelle che solo Gearbox è in grado di dare. Le migliorie più notevoli arrivano dal fronte del gameplay, ma sembrano non essere abbastanza per trascinare questo titolo al livello di “must-play”.
Avremmo potuto parlare di un’evoluzione del genere, di qualcosa di memorabile, mentre ora ci troviamo davanti ad una semplice continuazione, ad un’opportunità sfiorata e non colta in pieno. Questa serie era avventurosa, non aveva paura di osare sotto nessun aspetto e io continuo a sperare nell’arrivo di nuovi contenuti aggiuntivi in grado di farla tornare al suo stato di pioniera. Ma senza idee nuove rischia di arenarsi e di essere semplicemente un gioco di vecchio stampo.
Cresciuto a pane e Nintendo, Gabbo è sempre alla ricerca di un’avventura in single player che lo possa appassionare. Ma ama anche trovare la giocata più umiliante per gli avversari in molti giochi competitivi a squadre (soprattutto Overwatch). Nota bene: non farlo avvicinare ad un qualunque capitolo della serie di Guitar Hero. Potrebbe essere difficile staccarlo.
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