Se leggete MMO.it da un po’, sicuramente sapete che uno dei nostri cavalli di battaglia principali è sempre stata la difesa del videogioco inteso come bene fisico rispetto alla sua trasformazione nel corso degli ultimi anni a servizio. Di questa differenza si era parlato lungamente quando avevamo pubblicato il video sui rischi in termini di proprietà che Google Stadiaporta per i videogiocatori. Oggi il tema è di nuovo caldo e riguarda Valve, che con Steam è stata senz’altro la software house più influente in tutto il medium videoludico per ciò che riguarda la trasformazione dei videogiochi da beni a servizi.
Per chi fosse nuovo alla diatriba, in massima sintesi i videogiochi, come anche la musica o i film, sono stati dei beni fino all’avvento del digital download prima (Steam, per esempio) e dei servizi ad abbonamento poi (Netflix, Spotify, Stadia). Nel primo caso, quello del videogioco come bene, esisteva un mezzo fisico che rappresentava il videogioco: solitamente un CD o un DVD. Questo poteva venire scambiato, venduto, alienato liberamente. Oggi invece nulla di ciò è possibile: i videogiochi sono comprati su internet e vengono scaricati da internet. Si parla pertanto di “dematerializzazione”. E chi mai può vendere o scambiare dei flussi di byte?
Ebbene, fatta questa breve premessa, la notizia di oggi è che il fronte del sofware-come-bene si può fregiare di un’importante vittoria presso le Corti francesi. Nello specifico, Valve è stata condannata in primo grado dal Tribunal de grande instance de Paris: gli utenti, secondo la Corte, debbono poter vendere i propri videogiochi, anche se sono stati fruiti attraverso Steam.
La controversia nasce dalla rivendicazione dei diritti dei consumatori, unitisi insieme all’interno dell’UFC Que Choisir, un’associazione di categoria. Essa ha portato in avanti la battaglia legale, la cui prima parte si è conclusa con una vittoria.
Valve ora, come è ovvio, potrà appellare la sentenza, cosa che probabilmente farà: ci sarà quindi da aspettare l’esito del secondo grado di giudizio (e poi forse pure l’eventuale equivalente della nostra Cassazione) prima che i cambiamenti diventino efficaci.
Ma intanto nella sentenza di primo grado si leggono cose molto interessanti per il futuro del software: intanto è stata rifiutata la difesa di Valve che diceva che Steam fosse un servizio ad abbonamento. Ma Steam non vende abbonamenti: vende videogiochi a prezzo pieno, e pertanto deve sottostare a certe regole giuridiche, più favorevoli per il consumatore di quelle che ci sarebbero se Steam fornisse servizi.
La Corte francese ha sancito che anche i beni digitali come i videogiochi (viene usata proprio la parola “dematerializzazione”) possono essere venduti e rivenduti come un qualsiasi altro prodotto fisico, motivando la decisione con il principio del cosiddetto “esaurimento comunitario”. Questo consiste nel fatto che un prodotto, dopo essere stato immesso nel mercato, può essere rivenduto da chi l’ha comprato quanto e come vuole. Cioè se io vado a comprare una mela, poi posso rivenderla ad un terzo senza che il produttore mi possa dire alcunchè.
Malgrado l’andazzo della corte sia molto interessante e condivisibile, soprattutto per noi giocatori/consumatori, prima di vedere cambiamenti passeranno ancora molti mesi: intanto perchè ci sarà sicuramente un giudizio d’appello, e poi perchè i tempi della giustizia e degli adempimenti a causa di sconfitte giudiziali sono sempre molto, molto lunghi.
UPDATE DEL 25 SETTEMBRE: Aggiorniamo l’articolo per segnalarvi una nuova risposta sulla vicenda. L’ISFE (Interactive Software Federation of Europe) si è detta del tutto contraria a questo possibile scenario che permetterebbe la rivendita del digitale.
“La legge francese è in netta contraddizione con le leggi stabilite europee che riconoscono la necessità di proteggere i download digitali dal pericolo di replica permesso da Internet. Lontana dal supportare i giocatori, questa legge, se verrà approvata, influenzerà drammaticamente e negativamente gli investimenti in ambito creativo, nella produzione e pubblicazione di non solo giochi, ma dell’intero contenuto dell’intrattenimento digitale in Europa. Se i creatori europei non possono difendere i propri investimenti e le loro proprietà intellettuali, l’impatto sarà disastroso sia per l’industria che per i giocatori”.
Nel frattempo Valve ha fatto appello dopo la prima sentenza della Corte Regionale di Parigi. Al momento ovviamente tutto resta come prima, sia su Steam che su altri store digitali.
Ad Asczor piace videogiocare e soprattutto videogiocare bene. I giochi per lui vanno fruiti sfruttandoli fino in fondo al meglio delle proprie capacità. È per questo che Asczor s’incazza, e non poco, quando i giochi non rispettano i suoi standard di qualità. Però ha sempre le sue buone ragioni per farlo e, al contrario, non manca mai di lodare i giochi meritevoli. Peccato che siano davvero pochi.
Mah… capisco la volontà di voler rivendere un software “usato” (ma non esiste “usato” nel DD… non è soggetto ad usura), ma analizziamo la cosa: mettiamo che passi la sentenza. La prima cosa che si farà, se sarà permesso la vendita di software usato (e se vale per steam, vale per gli altri, ma anche non solo videogiochi) sarà la scomparsa degli sconti e dei key reseller. L’altra cosa è che sicuramente si vedrà la contrazione del mercato in generale, perchè se una persona ha la possibilità di spendere meno, stai sereno che non ti compra al D1 a prezzo pieno un gioco (non accade nemmeno con il retail). Quindi i primi a morire saranno gli indie, e i AAA vedranno contrarsi le vendite. A questo punto fare VG sarà ancora meno profittevole, quindi smetteranno pian piano tutti di crearli… questo con una visione pessimistica del futuro. Steam potrebbe aprire un secondo store del solo usato, in cui vi è un portafogli adibito a quel solo negozio. Dovrebbe permettere al massimo la rivendita di prodotti del 30% da parte dell’utenza, in cui applicando una maggiorazione farebbe arrivare il prezzo al 50% o più, in cui magari oltre alle proprie commissioni,… Read more »
in parte sono d’accordo in parte non lo sono, sono d’accordo sul fatto che sicuramente per sh non è bello tutto questo a steam poco importa se i giochi vengono rivenduti seppur dentro steam perchè si prenderà comunque una % di guadagno per la transazione, il punto è quello sulle sh che si avranno dei problemi in merito, mentre per noi in realtà questo è solo un bene anchè perchè l’idea che i miei giochi digitali siano considerati solo un abbonamento non mi piace, questo inoltre influenzera i servizi in diverso modo, ovvero chi compra il gioco lo ha di proprietà chi ha fatto l’abbonamento al servizio tipo uplay+, origin access,ecc ha magari gli stessi giochi in abbonamento allora si che non si applica la rivendita. io credo inotre che avere il la proprietà totale dei giochi li riporti come bene singolo e non da sfruttare come nell’ultimo periodo i giochi troppo “pay to play” o con dentro store vari infiniti dlc ecc, saranno i primi a essere venduti proprio per tali meccaniche, se un gioco fa schifo e non puoi ottenere refound potrai rivenderlo, insomma la qualità dei prodotti si dovrà per forza alzare pena la rivendita del prodotto.… Read more »