In giro per l’internet è usuale trovarsi prima o poi di fronte alla pubblicità di questo League of Angels, che, detto così, sembra ricordare molto da vicino un altro gioco, quasi al punto di fare sorgere legittimi dubbi. In molti sicuramente avranno scrollato verso il basso superando banner di League of Angels, senza interrogarsi sulla natura del titolo, relegandolo a qualcosa di peculiare e strano, e spesso forse connotandolo anche negativamente.
È quindi curioso chiedersi: ma che cos’è, realmente, League of Angels?
In fondo il gioco, che viene dall’Oriente (è sviluppato da GTArcade), ha avuto un successo notevole in patria e nelle zone dell’Est, al punto che è arrivato alla sua terza incarnazione: questa eredità qualcosa vorrà pur dire.
Di base si tratta di un browser game, free to play, inizialmente nato con grafica 2D (League of Angels 1) e oggi, nel terzo capitolo della saga, dotato di un notevole 3D. È peraltro presente un client desktop da scaricare se non si vuole giocare via browser. Da più parti viene definito un MMORPG, ed effettivamente sulla carta questa qualifica è condivisibile secondo la nostra definizione del genere, visto che esistono hub centrali, quest da fare e luoghi nei quali interagire con altri giocatori.
Oltre al personaggio principale, si ha la possibilità di avere una squadra di eroi (di “angeli”, nientemeno), che potranno essere utilizzati in combat, in un sistema a turni automatizzato. Durante il combattimento, infatti, il giocatore non avrà alcuna possibilità di interagire: gli scontri verranno svolti in modo automatico. La sua azione dovrà essere precedente all’encounter, sotto forma della gestione di tattiche e formazioni del proprio party.
Come da tradizione orientale, il gioco può essere in larga misura “fatto giocare da solo”: esiste addirittura un bot insito nel titolo che muoverà automaticamente il personaggio, accetterà e completerà quest, e insomma farà tutto ciò che normalmente viene fatto da un umano. Ancora seguendo il solco delle produzioni provenienti dall’Est, poi, il pay to win è ampiamente diffuso, ed esistono numerose limitazioni di tempo e di quantità di azioni imposte a chi vuole giocare senza pagare: un’impresa di fatto impossibile. Ma questo è il business model, e se il gioco è giunto alla sua terza incarnazione vuol dire che, in fondo, a molti va bene.
Tutte le azioni, movimento compreso, vengono gestite attraverso il mouse (si tratta pur sempre di un browser game). È presente poi anche un comparto PvP che appare abbastanza sviluppato, nonché una serie di possibilità per il PvE ed il coop.
Insomma, non solo il gioco esiste veramente, ma ha anche dei valori produttivi di un certo livello e schiera al suo interno un parco feature abbastanza vasto. In particolare il comparto visivo è sicuramente buono, se si considera la natura di browser game del titolo.
Certo, stiamo parlando di un prodotto molto modesto se confrontato agli MMO tradizionali, ma siamo ben lontani da uno scam o da una “cinesata” fine a se stessa. Non è dunque attraverso la fuffa che gli sviluppatori di League of Angels guadagnano, ma con un normale business model perfettamente occidentalizzato (seppure con molte libertà circa i modelli e le texture, che sembrano copiate qua e là da altri titoli). Noi forse in Italia non siamo abituati a questo genere di titoli, ma il gioco c’è, esiste, è aggiornato e non contiene nessun segreto particolare al suo interno: si tratta soltanto di un browser game con un’ottima grafica e una serie di funzionalità che lo avvicinano, potremmo dire, ai giochi mobile.
Con un po’ di curiosità e voglia di leggere, peraltro, è possibile trovare tutte le informazioni che si vogliono sul sito ufficiale.
La prossima volta che vedrete una pubblicità di League of Angels dunque non spaventatevi: fa soltanto parte di una cultura diversa dalla nostra sotto molteplici aspetti (tra i quali, certo, figurano regole lascive sul copyright), ma il gioco è onesto e tutto sommato ben realizzato per quelli che sono i gusti e le esigenze di un pubblico spesso lontano da noi.
Ad Asczor piace videogiocare e soprattutto videogiocare bene. I giochi per lui vanno fruiti sfruttandoli fino in fondo al meglio delle proprie capacità. È per questo che Asczor s’incazza, e non poco, quando i giochi non rispettano i suoi standard di qualità. Però ha sempre le sue buone ragioni per farlo e, al contrario, non manca mai di lodare i giochi meritevoli. Peccato che siano davvero pochi.
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