Corre l’anno 190 d.C., Roma è in fiamme. L’Imperatore Commodo, in preda a una follia perversa, osserva da una balconata e si compiace dell’inferno in terra che gli si presenta dinnanzi. Sarà l’occasione perfetta per ricostruire a sua immagine il cuore dell’Occidente, pensa. Quasi fosse un crudele piano degli dèi, dall’altra parte del continente sta succedendo la stessa identica cosa: lo spietato e ambizioso Dong Zhuo sogghigna dinnanzi alle fiamme che avviluppano Luoyang, la capitale del più glorioso impero che l’Oriente abbia mai visto, assaporando già l’inebriatezza del potere assoluto. Ennesima ironia della sorte, entrambi i tiranni moriranno due anni dopo, trafitti dalla fredda lama del tradimento. Due megalomani, due città, due civiltà che hanno fatto la storia legati da un destino comune: l’essere un giorno portati sui nostri schermi dagli sviluppatori di Creative Assembly.
Se la storia di Roma ha già visto ben due (e mezzo, se si considera Attila) titoli nella celeberrima saga di Total War, l’Impero Cinese fa la sua prima entrata in scena con Total War: Three Kingdoms, terzo gioco a coprire le vicende di una cultura dell’Estremo Oriente, dopo i primi due Shogun ambientati in Giappone. Rilasciato il 23 maggio su Microsoft Windows, macOS e Linux, il titolo ha subito sfondato ogni record nell’affermarsi come il più grande successo commerciale della storia del franchise, raggiungendo i 192.000 giocatori connessi contemporaneamente nel primo weekend (lo strategico più giocato in assoluto in quel momento su Steam) e vendendo più di un milione di copie in meno di una settimana dal lancio. Numeroni che hanno ridato il sorriso non solo a Creative Assembly, ma anche ai suoi fan di vecchia data, che si sono sentiti un po’ traditi dalla parentesi dei due, pur eccellenti, Total War: Warhammer, caratterizzati da un’ambientazione fantasy estranea a tutte le produzioni precedenti.
Si tratta di un successo meritato? Altrove la critica ha già avuto modo di esprimersi favorevolmente, ma a mio avviso una risposta concisa non è sufficiente: il nuovo membro della famiglia Total War è un’opera complessa, caratterizzata da tanti punti di luce quanti sono quelli di ombra, proprio come il periodo storico di cui narra. Procediamo nel dissezionarlo con cura, in modo da giungere a un verdetto il più possibile a tutto tondo.
“Il mondo sotto il cielo, dopo un lungo periodo di divisione, tende ad unirsi…”
Total War: Three Kingdoms, come dice il nome, è ambientato in Cina nel cosiddetto periodo dei Tre Regni, con come evento e data d’inizio della campagna proprio il colpo di stato di Dong Zhuo. Costui rapisce il giovanissimo imperatore della dinastia Han (spoiler alert: sarà anche l’ultimo) e dà fuoco all’antica capitale Luoyang per stabilirsi in Chang’an, a occidente, in una posizione più difendibile dagli attacchi della grande coalizione di nobili che gli ha dichiarato guerra. La coalizione, i cui membri sono spinti più da opportunismo e ambizione che non da un ideale veramente virtuoso, non riesce a rimanere stabile a lungo e finisce per sgretolarsi in decine di piccoli stati controllati da altrettanti signori della guerra. Pochi anni prima, a peggiorare le cose, è iniziata una grande sollevazione di contadini oppressi, la cosiddetta ribellione dei Turbanti Gialli, che ha favorito, fra l’altro, l’ascesa di Dong Zhuo.
Inizia così uno dei periodi più convoluti della storia cinese, saturo di intrighi e conflitti militari su piccola e grande scala, durato quasi un secolo. Sotto questo aspetto non si poteva scegliere scenario più fedele al nome Total War. Nell’affidarsi al Romanzo dei Tre Regni, una sorta di Iliade del periodo in questione, come una delle due fonti principali (l’altra è costituita dalle Cronache dei Tre Regni, testo storico), Creative Assembly ha però deciso di dare una piega epica a tutto ciò, con il risultato di un titolo a sfondo storico con la presenza di eroi leggendari persino più incisivi di quelli fantasy in Total War: Warhammer. Un azzardo? Sicuramente, ma anche un tocco di stile che distingue Three Kingdoms dai suoi predecessori e lo rende particolarmente memorabile.
Alla radice la formula Total War non è stata modificata: vi è una campagna a turni e una modalità in tempo reale per le battaglie campali, le imboscate e gli assedi. All’inizio della partita bisogna scegliere una fra due modalità di gioco, Romanzo o Cronache, che si riferiscono ai due testi-fonti citati prima, e come ben si può immaginare la prima prende la forma di un’avventura epica in cui gli eroi sono sostanzialmente dei superuomini, laddove la seconda mantiene un profilo più storico e fedele ai Total War del passato. Le fazioni disponibili sono dodici, più tre dal DLC sui Turbanti Gialli uscito al lancio, e corrispondono ad altrettanti personaggi che si ritrovano fisicamente nella campagna.
Le fazioni sono suddivise in cinque categorie dettate da fattori storici e da alcune variazioni di gameplay anche discretamente incisive: i membri della coalizione sono ricchi nobili e comandanti militari con una certa legittimità al trono, per cui hanno accesso a tutte le meccaniche diplomatiche e rappresentano il livello di difficoltà più basso; i banditi delle montagne, al contrario, vogliono solo approfittare del caos e non si curano molto della diplomazia, ma possono estorcere tributi; i Turbanti Gialli, ovvero la rivoluzione proletaria dell’antichità, sono piuttosto diversi in tutte le meccaniche rispetto alle altre fazioni, proprio perché sono la sovversione personificata. È persino possibile impersonare Dong Zhuo stesso, prendendosi dunque l’incarico di essere “il cattivo” della storia, con tutti i benefici che comporta tenere in ostaggio l’imperatore legittimo. Insomma, se la longevità di un Total War per qualche motivo non vi soddisfaceva, ora c’è così tanta varietà già solo nella scelta delle fazioni da averne per centinaia di ore, almeno in teoria.
Il vaso vale per ciò che può contenere
La mappa della campagna prende praticamente tutta la Cina a sud di Pechino ed è davvero enorme e curata. La geomorfologia della Cina porta la novità, per un Total War, di avere un’area di gioco principalmente continentale e, di conseguenza, la maggior parte delle provincie è vulnerabile a poter essere attaccata da qualsiasi lato per via dei pochi confini naturali, il che richiede di essere molto più cauti nella gestione delle relazioni con i propri vicini. A rovinare tutto questo ben di dio v’è il fatto che metà di questi enormi territori è letteralmente vuota, con tutte le regioni a sud della zona di partenza di Sun Jian in stato di abbandono. Non sono impraticabili e, anzi, possono essere lentamente antropizzate, ma ciò non toglie il fatto che questo provochi una catena di problemi davvero gravi nello sviluppo delle dinamiche della campagna: in primis l’azione è tutta concentrata nel centro-nord, con Sun Jian che diventa sempre una superpotenza per la mancanza di un qualsiasi rivale a meridione e la possibilità di colonizzare praticamente metà della mappa indisturbati; non meno importante è il fatto che Creative Assembly ha rilasciato un gioco che, diciamocelo onestamente, non è del tutto finito, perché questa non è una scelta di design, né è qualcosa di dettato da ragioni di fedeltà storica. Hanno cercato di rattoppare un po’ di buchi con il decadente Impero Han, che però si comporta passivamente ed esiste solo per essere conquistato, il che non è sufficiente per rappresentare i lealisti di uno degli imperi più rilevanti della storia del nostro globo.
A peggiorare le cose vi sono alcuni problemi relativi al comportamento dell’IA che rovina ulteriormente l’andamento delle partite: anzitutto fazioni come quelle di Yuan Shao e di Cao Cao tendono ad esasperare la linea di comportamento che dovrebbe caratterizzarle, con la prima che finisce per creare delle coalizioni enormi assolutamente inattaccabili (il problema è noto a Creative Assembly, ma non è ancora stato del tutto risolto) e il secondo che si comporta in modo totalmente irrazionale, invece che astuto, in ambito diplomatico. Vi è poi un frequente problema di border gore causato dal fatto che l’IA preferisce conquistare i territori di una fazione ostile dall’altra parte della mappa, piuttosto che attaccare i propri vicini e mantenere anche solo una parvenza di coesione territoriale. Si tratta di sbavature sicuramente risolvibili, ma sufficientemente gravi da rovinare l’esperienza di gioco sul medio-lungo termine.
A proposito di IA e dichiarazioni di guerra, abbiamo finalmente il primo Total War ad avere un potenziale diplomatico di un certo livello. Vi sono davvero numerose possibilità di interagire con le altre fazioni e per una buona volta hanno senso di esistere (anche in virtù della conformazione della mappa, come si diceva prima), arrivando a ricordare un po’ Europa Universalis IV di Paradox, con le sue garanzie di indipendenza e i matrimoni interdinastici. Ahinoi, anche qui non mancano gli scivoloni, con meccaniche (come lo scambio degli oggetti e la possibilità di raggirare l’IA con offerte commerciali che non stanno né in cielo né in terra) sbilanciate e mal funzionanti, sicuramente non considerate attentamente dagli sviluppatori. Inoltre alcune scelte di design, come il fatto che le fazioni di Turbanti Gialli e, in misura minore di banditi, non abbiano accesso al 90% delle opzioni diplomatiche anche nel momento in cui diventano davvero rilevanti sulla scena politica, sono molto discutibili ai fini del buon senso e del divertimento.
Sbalorditivo è, invece, il nuovo sistema di spionaggio, che si presenta come una meccanica indipendente dotata di un suo meta unico, per cui si cerca di far reclutare un proprio eroe all’interno di una fazione bersaglio e questi, sulla base delle proprie capacità e dei nostri ordini, può potenzialmente diventare un generale o addirittura un ministro in suddetta fazione, fornendo informazioni, causando rivolte, sviando interi eserciti e scatenando dissidi fra altri personaggi. Una novità davvero ben riuscita e, seppur facilmente trascurabile, in grado di creare un ulteriore piano strategico da tenere in considerazione.
Su una piccola pietra inciampò l’imperatore
La campagna questa volta si presenta, com’era successo in minor misura già in Warhammer, come un ibrido fra uno strategico, un gioco di ruolo e un puzzle game, con numerose variabili che funzionano “a incastro” e richiedono un’attenta pianificazione per ottimizzare la propria situazione. Quando si pensa di costruire un edificio, per esempio, bisogna considerare le risorse presenti nella provincia, le possibili sinergie con altri edifici, l’impatto che l’edificio ha sull’economia e sulla società, la situazione geopolitica, la macrostrategia che si vuole perseguire, eccetera. Ma fin qui siamo ancora piuttosto in linea con la tradizione degli ultimi Total War, perché quel che davvero eleva Three Kingdoms in epicità, complessità e varietà (e meccaniche da puzzle game) sono i già citati eroi.
Prima ancora di parlare del loro ruolo in battaglia, gli eroi si presentano come il fulcro di buona parte delle meccaniche della campagna a turni: sono loro a poter reclutare e a guidare gli eserciti, ad amministrare le province, a fare da spie nelle fazioni rivali, a creare intrighi e drammi di corte e chi più ne ha più ne metta. Ciascun eroe appartiene a una fra cinque (otto, considerando le tre ibride dei Turbanti Gialli) classi disponibili, a loro volta indici di specializzazione (non necessariamente esclusiva) in una di cinque caratteristiche atte a determinare l’efficienza in diverse situazioni amministrative e/o belliche. Queste caratteristiche sono anche influenzate dai tratti della loro personalità, che evolvono nel tempo, dal loro background educativo, nonché dall’equipaggiamento che li si fa indossare e dai talenti che vengono loro assegnati man mano che salgono di livello. Le classi, poi, determinano quali tipi di soldati i vari eroi possono reclutare e comandare al meglio, anche sulla base di talenti esclusivi. Vi è poi da considerare il fatto che ciascun eroe ha una certa opinione di coloro che incontra nella propria vita, vuoi per questioni di carattere, vuoi per eventi vissuti insieme, e potrebbe non essere contento di stare nello stesso esercito o nello stesso gabinetto ministeriale di un personaggio che disprezza. Ci si ritrova, dunque, davanti ad una tela molto fitta di piccoli elementi di gameplay che si collegano in qualche maniera gli uni con gli altri, creando una potenziale rete di sinergie che si può decidere di perseguire o meno.
Al momento, però, è un sistema lontano dalla perfezione e richiede un discreto lavoro di bilanciamento da parte di Creative Assembly: classi come il Campione e il Comandante non reggono il confronto con la Sentinella e l’Avanguardia nei rispettivi campi di competenza (duelli/fanteria i primi, cavalleria i secondi), mentre lo Stratega è praticamente indispensabile in qualsiasi esercito voglia schierare degli arcieri, per via delle limitazioni alle munizioni che altrimenti li rendono inutili; non si può, poi, cambiare i talenti degli eroi ereditati dall’IA, che apparentemente sembra sceglierli a caso, portando a una discreta frustrazione per il giocatore esperto. Vi è poi tutta una serie di scelte discutibili relative alle più svariate meccaniche della campagna, come il sistema di corruzione che viene misticamente ridotto di percentuali su altre percentuali (ma perché?), oppure il fatto che un esercito in marcia forzata sia in grado di ritirarsi da un primo scontro, creando situazioni di rincorse infinite da paradosso di Zenone.
La più grande vittoria è quella che non richiede alcuna battaglia
Passando al lato battaglie tattiche, Three Kingdoms si pone tendenzialmente bene, ma con alcune riserve. Tutti i tipi di unità sono stati realizzati con cura in termini di gameplay e danno grande soddisfazione quando usati bene: le cariche di cavalleria sono devastanti, ma contro un’unità di lancieri pronti a riceverli si schiantano come onde su una scogliera e i cavalieri senza scudo, per via delle loro dimensioni, sono bersagli facili per gli arcieri; questi ultimi, a loro volta, non sono più dei cecchini come in Warhammer e sono affiancati da unità con balestre a ripetizione (le celebri chu-ko-nu) in grado di sopprimere le altre unità con un fuoco continuo. Protagonisti indiscussi delle battaglie, però, sono di nuovo gli eroi (specialmente nella modalità Romanzo) che si lanciano insulti, possono duellare fra loro e, qualora usati con arguzia, sono in grado di volgere le sorti di una battaglia apparentemente già decisa sfruttando abilità devastanti. Tornano anche assedi degni di questo nome, con torri, barricate, città anche molto vaste e unità che possono, volenti o nolenti, appiccare incendi di proporzioni non indifferenti.
Non mancano, però, alcuni aspetti deludenti, come il fatto che troppo spesso le mappe sono anonime e prive di punti di riferimento interessanti o da sfruttare strategicamente. Non ci sono più i mini duelli fra i singoli soldati e, per questo motivo, buona parte delle animazioni delle unità sono troppo rigide e impacciate (anche i duelli fra eroi non sono totalmente esenti dal problema). Mancano completamente le battaglie navali, nonostante la Cina confini con il mare in tutto il suo lato est e sud e ci sia la possibilità di far imbarcare le truppe di terra. Le unità, poi, sono generalmente molto simili fra loro da un punto di vista estetico e personalmente le ho trovate poco interessanti.
D’altronde Three Kingdoms ha il pregio-difetto, comune a Shogun 2 (che aveva comunque un po’ più carattere sotto questo punto di vista), di avere un roster decisamente meno variegato rispetto ad un Warhammer, ma anche a Rome 2, dettato dal fatto di essere contestualizzato in un’area geografica culturalmente abbastanza omogenea. Difetto appunto per una ragione di varietà, pregio perché porta ad un bilanciamento molto più certosino e, di conseguenza, ad un grande potenziale in termini di PvP nel multigiocatore.
Il problema è che Creative Assembly sembra, per qualche ragione, estremamente reticente a replicare una formula online simile alla Conquista dell’Avatar di Shogun 2, che non solo sarebbe perfetta per le fondamenta “eroiche” su cui si basa Three Kingdoms, ma renderebbe il multiplayer molto più interessante rispetto alle semplici modalità schermaglia competitiva e co-op presenti al momento. Fa ancora più male pensare a questa mancanza se si considera che il gioco permette sulla carta scontri di quattro utenti contro quattro, con la possibilità di arrivare ad uno stratosferico totale di 36.000 modelli sul campo, numeri da battaglie da manuale di storia, purtroppo fini a se stesse per la mancanza di una struttura di progressione multiplayer che le renda in qualche modo incisive all’interno di uno schema più grande.
Come in ogni Total War che si rispetti, infine, sono presenti sei Battaglie Storiche che aiutano ad immedesimarsi nel periodo preso in esame. Personalmente, ad eccezione di una o due di esse, non le ho trovate all’altezza di quelle del primo Rome, soprattutto nella narrazione e nel senso di gravità che dovrebbero trasmettere, considerando anche le potenzialità cinematografiche date dal motore più recente, ma mi rendo conto che non è facile trasmettere le emozioni di una battaglia di Teutoburgo ad un pubblico totalmente alieno alla cultura di cui il gioco tratta.
Un singolo fiocco di neve può piegare una foglia di bambù
Se, come si è visto, nel gameplay Total War: Three Kingdoms è caratterizzato da alti e bassi, un punto su cui, invece, è stato realizzato alla perfezione è il comparto artistico. Come e più che in Shogun 2, Creative Assembly è riuscita a creare un’esperienza audiovisiva affascinante ed esteticamente meravigliosa che rende giustizia ad una cultura e ad una civiltà plurimillenaria che non ha nulla da invidiare alla storia dell’Occidente.
A partire dalla veste grafica dei menù, ispirata alle pennellate di inchiostro nero della tradizione calligrafica cinese, passando per i personaggi, tutti disegnati a mano in stile graphic novel, degni di un fumetto contemporaneo, perfettamente in tema con un gameplay basato su supereroi dell’antichità, sembra quasi di trovarsi in una favola esotica. Su questa linea si inseriscono anche i vari filmati legati agli eventi principali in cui si incorre durante una partita, tutti molto ben realizzati, e vien da chiedersi perché non ne siano stati fatti di simili anche per le battaglie storiche. Impossibile, poi, non restare a bocca aperta di fronte all’Albero delle Riforme, letteralmente un albero di ciliegio, inizialmente spoglio, che fiorisce lentamente lungo il corso della partita, man mano che ricerchiamo le riforme sui relativi rami. Un plauso anche per la realizzazione di una mappa della campagna che è una goduria per gli occhi, piena di dettagli che illustrano la varietà di ecosistemi e città presenti in Cina nelle varie stagioni, arricchita dalla presenza di etichette che raccontano brevemente dei fiumi e dei monti più importanti nella storia di questo paese. Insomma, si vede che Creative Assembly ha fatto i compiti e li ha fatti con la giusta passione. Particolarmente evocative sono, infine, le battaglie notturne, nelle quali poveri sfortunati fanno luce sul massacro tenendo alte lanterne rosso sangue, mentre altre vengono fatte fluttuare nel cielo per dare la possibilità ai generali di tenere sott’occhio la situazione.
Altrettanto di qualità è il comparto sonoro, con la presenza di un doppiaggio integrale in cinese, per chi vuole il grado più alto di immersività, affiancato ad un ottimo doppiaggio italiano, che può insegnare una cosa o due sulla corretta pronuncia degli innumerevoli nomi cinesi presenti nel gioco. Dettagli apprezzabili sono i battibecchi fra i generali durante le battaglie, nonché le narrazioni durante i caricamenti della campagna, nelle quali vengono riassunti in modo molto teatrale alcuni eventi salienti di ciò che si è fatto in passato. La colonna sonora si affianca perfettamente all’estetica di cui si è parlato prima, con melodie tranquille composte con strumenti tradizionali per la campagna a turni e parti orchestrate più incalzanti per le battaglie. Siamo sui livelli qualitativi delle colonne sonore di Shogun 2, World of Warcraft: Mists of Pandaria o Crusader Kings 2: Jade Dragon, con brani che possono essere riascoltati con grande diletto anche fuori dalle sessioni di gioco.
Se proprio si vuole fare gli avvocati del diavolo relativamente al comparto artistico, il difetto più rilevante sta nel fatto che a partita inoltrata molti degli eroi leggendari muoiono irrimediabilmente di vecchiaia o in battaglia, per cui si finisce con l’avere un mondo popolato solo da personaggi generici che, seppur disegnati bene, rendono il gioco un po’ anonimo e privo di carattere.
Se la corda è lunga l’aquilone volerà in alto
Parlando del comparto tecnico, va fatto un plauso a Creative Assembly per aver tentato di spremere al massimo un motore grafico, il Warscape Engine, ormai vecchio di dieci anni (il primo gioco ad usarlo fu Empire: Total War). Alla luce del fatto che Three Kingdoms è un titolo che si appoggia soprattutto sulla capacità di calcolo del processore, è stato fatto un grande lavoro di miglioramento nel CPU scaling, con un’ottimizzazione nello sfruttamento del numero di core e thread, portando ad avere buone prestazioni con processori delle generazioni più disparate. Il mio PC, pur essendo un fascia media del 2009, riesce a tener testa a Three Kingdoms piuttosto egregiamente.
Relativamente al comparto grafico, è stato introdotto il resolution scaling, al MSAA è stato preferito il TAA, scelta apprezzata per poter spremere qualche frame in più senza intaccare la qualità dell’immagine, ma una decisione curiosa è stata il preferire le librerie DirectX 11 rispetto alle più recenti DirectX 12. Ciò comporta un vantaggio di prestazioni non indifferente per chi utilizza GPU Nvidia, a discapito dei possessori di Radeon che nelle novità delle DX12 trovavano un terreno più favorevole. Scelta di business? Non lo sappiamo e, francamente, non è così rilevante, sempre considerando il maggior focus di Three Kingdoms sull’utilizzo della CPU. Ho avuto modo di sperimentare alcuni crash, ma sembra che con le ultime patch la situazione sia migliorata.
Infine, è stato introdotto un nuovo livello “Estremo” di Dimensione delle unità che, come già accennato, permette di avere battaglie con decine di migliaia di unità sul campo per coloro che posseggono computer della NASA.
Conclusioni
Come si è potuto vedere, Total War: Three Kingdoms è un titolo difficile da affrontare. Da un lato introduce una ventata di freschezza nella saga, senza prendere una strada troppo aliena al canone come ha fatto Warhammer; dall’altro, come capita spesso con i prototipi, ci sono tante imprecisioni che fanno da zavorra ad idee altrimenti molto valide. Le numerose decine di ore passate su Three Kingdoms mi hanno fatto provare emozioni molto contrastanti: meraviglia per l’estetica appena aperto il gioco, spaesatezza nell’approcciare meccaniche nuove durante le prime ore, entusiasmo nell’immedesimarmi nei panni dei miei eroi preferiti, delusione nello scoprire che più di metà della mappa è letteralmente vuota, frustrazione per le dinamiche del mid-late game, e così via. È come trovare un bellissimo albero pieno di mele, felicitarsi all’idea di prenderle e di mangiarle, ma poi rimanere delusi perché non sono abbastanza mature.
C’è una cosa, però, che mi dona grande speranza se penso al futuro di Three Kingdoms: le fondamenta ci sono e sono solide, e questa è la cosa più importante. Tutte le sbavature e le incompletezze che il gioco presenta al momento, per quanto incisive possano risultare nel corso di una partita, sono facilmente risolvibili, se non dagli sviluppatori sicuramente dai modder; allo stato attuale non vi è ancora il supporto allo Steam Workshop, ma Creative Assembly ha assicurato che arriverà presto, non appena avrà domato i bug più importanti. Sono anche in arrivo numerosi DLC atti ad ampliare il gioco e le storie presenti: oltre al già citato DLC sui Turbanti Gialli, è stato da poco rilasciato Reign of Blood, che introduce il sangue e gli smembramenti. Inoltre è appena stato annunciato Eight Princes, che uscirà l’8 agosto e aggiungerà una nuova situazione di partenza alla campagna.
Ma è proprio per questo che io un po’ ce l’ho con Creative Assembly: mi sta bene che il prodotto abbia dei difetti, tuttavia non tollero che venga rilasciato mancante di contenuti fondamentali che poi vengono venduti a parte “perché tanto i giocatori li compreranno se vogliono avere l’esperienza completa”, com’è già accaduto con il sangue e come forse accadrà con la mappa mezza vuota. Dovendo giudicare Total War: Three Kingdoms allo stato attuale, per quanto mi abbia divertito, mi abbia fatto apprezzare un contesto storico-culturale che prima non mi toccava minimamente e per quanto sia contento della strada che Creative Assembly ha imboccato, ritengo che altri sei mesi in produzione e testing avrebbero potuto giovare molto. Detto questo, non posso negare che sia uno dei migliori Total War di sempre, per cui se siete interessati ad acquistarlo il mio consiglio è di aspettare ancora un po’, magari finché non esce il supporto per il modding o non vengono risolti i problemi di bilanciamento più grossi.
Se proprio siete convinti, invece, potete trovarlo su Steam alla “modica” cifra di €59,99. Qualora foste interessati anche ai DLC, sappiate che il preacquisto di Eight Princes è attualmente scontato del 10%, per un totale di €8,09. Di seguito potete vedere il trailer del DLC in uscita ad agosto.
CONSIDERAZIONI FINALI
Total War: Three Kingdoms rivoluziona il franchise di Total War e si pone come un ibrido fra Warhammer e i titoli a sfondo storico. Creative Assembly ha introdotto una componente narrativa molto preminente con gli eroi, ha reso funzionale la diplomazia, ha plasmato ogni singolo aspetto del gioco cercando di creare un’armonia interna che lo rendesse il più possibile accattivante. Il risultato? Un’opera fresca, esteticamente spettacolare e divertente, ma un po’ zoppicante in termini di gameplay. Comunque nulla di non risolvibile in futuro.
La mancanza di un comparto multiplayer maggiormente sviluppato è forse la più grande pecca del gioco, che altrimenti avrebbe avuto tutte le carte in regola per rivaleggiare con Shogun 2 sotto questo punto di vista.
A Three Kingdoms avrebbe sicuramente fatto bene rimanere in produzione ancora qualche mese, ma il dado, ormai, è tratto. Il prodotto che abbiamo fra le mani è in certi frangenti incompleto, ma se questo è il futuro dei Total War si tratta di un prezzo più che accettabile.
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