L’avventura di GameStop, il più grande rivenditore di giochi al mondo, è durata perfino tanto se si considera come i tempi sono mutati negli ultimi dieci anni.
Con l’avvento del digital delivery, grazie a programmi come Steam in primis, GameStop sta seguendo ad ampie falcate la sorte di Blockbuster, l’altro grande colosso rivenditore di media “analogici” completamente devastato dall’avvento di Netflix.
Anche a livello di organizzazione aziendale GameStop sembra non essere ben messa: nell’ambito del suo rifiuto ad evolversi, in questi anni è stata acquistata e venduta numerose volte, a tutto svantaggio di una utilissima stabilità e univocità di direzione.
Riporta Business Insider che già dal 2013 le cose hanno iniziato a prendere una cattiva piega, con il lancio di Xbox One e PlayStation 4. Da quel momento in avanti, tutti i giochi potevano essere acquistati anche sui rispettivi store online, PlayStation Network e Xbox Live. La mazzata era servita: rispetto a questo servizio, nessuno preferiva recarsi fisicamente dai GameStop per fare acquisti (in America, peraltro, il luogo fisico “GameStop” spesso non è nemmeno bello da frequentare).
Contemporaneamente, una cattiva scelta economica ha condannato GameStop all’oblio: la volontà di vendere smartphone. Già, perchè sempre nel 2013 GameStop iniziò ad acquisire rapidamente una serie di negozi di elettronica nell’ottica di reinventarsi ed iniziare a vendere cellulari. Più di 1500 locali adibiti alla vendita di telefoni furono comprati da GameStop dal 2013 al 2016, dietro il nome Spring Mobile.
Si rivelò una scelta disastrosa: le stime iniziali avevano previsto un guadagno tre volte superiore a quello che realmente fu. Spring Mobile venne venduta nel 2018 e GameStop aveva a questo punto debiti enormi: si parla di un indebitamento di oltre 700 milioni di dollari.
Nel tentativo di salvare baracca e burattini, nel 2018 GameStop entrò a far parte di taluni fondi di equity per incentivare l’investimento privato attraverso l’acquisto di azioni, valutate a 16$ ciascuna. Ma gli investitori, che ai loro soldi tengono parecchio, non furono persuasi e di fatto snobbarono l’iniziativa.
Tra le motivazioni della scarsa volontà di acquisto vi era primariamente una incertezza sul futuro del gaming e delle console in generale, visto che la generazione Xbox One/PS4 non si può certo definire una delle migliori di sempre. Inoltre, pareva chiaro che tutti gli strumenti informatici più recenti non montavano più i lettori CD/DVD. Ed effettivamente, il supporto fisico non esiste quasi più nei videogiochi: spesso le confezioni dei titoli non hanno null’altro che una chiave da inserire poi in uno store digitale. Questo ha disincentivato ulteriormente l’acquisto dei giochi presso i rivenditori come GameStop, che non potevano più vincere sul digitale sfruttando la soddisfazione che la fisicità di bene tangibile può dare all’acquirente.
Come abbiamo già ripetuto più volte su MMO.it, insomma, oggi il software non è più un bene ma un servizio, e GameStop non ha mai venduto servizi. Nel giro di un anno, il prezzo per azione della compagnia si è inabissato: da 16$ a 5$ per azione.
Il destino di GameStop sembra dunque segnato, ma ancora un elemento potrebbe, se non salvarlo, almeno farlo sopravvivere altri cinque o sei anni: l’avvento delle nuove console Microsoft e Sony.
Se PlayStation 5 e Xbox Scarlett dovessero rivalutare l’inserimento di un lettore CD/DVD all’interno della loro struttura, e se in qualche modo riuscissero a riproporre ai giocatori l’utilizzo di un bene fisico anziché un servizio digitale di digital download, potrebbero salvare GameStop, almeno per un po’. Ma questi se, che sono già tanti, sono in completa controtendenza con l’andamento del mercato.
Forse, ormai, il treno è passato e non ci resta altro da fare che attendere, come per Blockbuster, la fine di un gigante.
Ad Asczor piace videogiocare e soprattutto videogiocare bene. I giochi per lui vanno fruiti sfruttandoli fino in fondo al meglio delle proprie capacità. È per questo che Asczor s’incazza, e non poco, quando i giochi non rispettano i suoi standard di qualità. Però ha sempre le sue buone ragioni per farlo e, al contrario, non manca mai di lodare i giochi meritevoli. Peccato che siano davvero pochi.
Purtroppo è la fine dei negozi che vendono videogame ,dobbiamo farcene una ragione il futuro è digital only.
Penso che se andiamo avanti di questo passo anche i grandi supermercati passeranno alla vendita online,non si prospetta un bel futuro credetemi.