Qualcuno osa finalmente sfidare Golia. Ecco che si fa spazio tra la folla Epic Games, pronta a sfidare a suon di offerte il gigante Steam (o Gabe Newell se volete una scena più comica).
L’apertura dell’Epic Games Store segna un punto importante nella storia del PC gaming. Se prima l’unica piattaforma disponibile per pubblicare giochi con un bacino di utenza molto alto era Steam, adesso non è più così.
A fare concorrenza allo store di Valve (che nella scorsa generazione ha praticamente salvato il PC gaming dall’oblio) si aggiunge dunque Epic Games con il suo store, che ha aperto i battenti a dicembre e ha già fatto parlare di sé per offerte e collaborazioni siglate con importanti publisher. Dal canto suo, negli ultimi anni Steam non è stato in grado di rinnovarsi, anzi. La politica pigra e laissez-faire adottata da Valve ha rovinato gravemente la piattaforma, inasprendo i contatti con gli utenti.
Nell’ultimo periodo è stato possibile notare l’influsso di giochi palesemente scam o early access mai terminati a causa di un controllo completamente insufficiente. Il passaggio da Steam Greenlight a Steam Direct ha riempito lo store di qualsivoglia genere di prodotto, anche fraudolento. Il funzionamento del programma Direct è basilare: se lo sviluppatore vuole pubblicare il suo lavoro paga una cifra forfettaria e il gioco è automaticamente pubblicato. Una politica che guarda solo al guadagno e non bada alle conseguenze che quei titoli possono causare alla credibilità del servizio. Steam Greenlight invece prevedeva l’interazione della community di Steam con i titoli in sviluppo, permettendole di esprimersi riguardo ai giochi che avrebbe voluto sulla piattaforma.
Per quanto riguarda gli sviluppatori il problema è un altro: il profitto. La fetta di guadagni che Steam si tiene è molto alta: si parla del 30% su ogni copia.
Per un imprenditore, come uno sviluppatore, questa percentuale vincola ad avere un maggior numero di vendite per poter rientrare nelle spese. Questa divisione della torta ha portato ad un fenomeno molto interessante su PC. Negli anni scorsi ogni publisher ha iniziato a rilasciare un client proprietario su cui commercializzare il proprio comparto titoli: un’azione, questa, legata essenzialmente ad una massimizzazione dei profitti, avendo un contatto diretto con il consumatore, togliendo l’intermediario e guadagnando quindi il 100% sulla vendita di ciascun prodotto. Sono così nati decine di client, come Origin, Battle.net, Uplay, Glyph, il Bethesda launcher o il Game Center di Wargaming.net.
A differenza di Steam, invece, l’Epic Games Store trattiene una percentuale del 12% su ogni copia venduta e ha dalla sua un bacino di utenza molto elevato soprattutto grazie ad uno dei fenomeni videoludici e mediatici più influenti di questi anni: Fortnite. Un biglietto da visita notevole che attrae dalla sua parte diversi sviluppatori, “soffiandoli” a Steam. Il caso più emblematico è senza ombra di dubbio The Division 2, in uscita il 15 marzo 2019, che non sarà disponibile sulla piattaforma di casa Valve. La versione PC del gioco Ubisoft, infatti, sarà acquistabile solo su Uplay o sull’Epic Games Store.
In questo momento la campagna marketing di Epic è rappresentata dall’inedito programma diretto agli influencer Support-A-Creator e soprattutto da un nuovo gioco in omaggio ogni due settimane, spesso di grande qualità: nelle scorse settimane sono stati regalati Subnautica, Super Meat Boy e What Remains of Edith Finch, mentre dal 7 al 21 febbraio sarà possibile riscattare gratuitamente Axiom Verge. Non ci sono state ancora risposte di Steam a questi tentativi da parte di Epic Games di far affezionare a sé la clientela devota alla piattaforma di Gabe Newell.
Chi ci guadagna però in questo scontro tra titani? I consumatori, almeno teoricamente.
Eccola la concorrenza
Già da qualche tempo si sta appianando il monopolio di Steam. Un dominio sul mercato delle rivendite che lo vedeva come unico possibile tramite attraverso cui pubblicare.
Fino a poco tempo fa non esisteva una vera concorrenza, se non Good Old Games (GOG). Lo store di CD Projekt ha però una politica diversificata da quella di Steam e punta ad un target di giocatori molto specifico. Già dal nome si intuisce che si sta parlando di giochi non esattamente recenti, con una strizzata d’occhio agli appassionati di retrogaming. Lo store comunque propone un comparto titoli che, oltre a comprendere tutto il materiale CD Projekt Red, spazia dai primi Ultima fino a Darksiders III. Una buona offerta di videogiochi se si conta anche la politica DRM-free, che dà al giocatore piena proprietà del prodotto che ha acquistato. Questo a differenza di Steam e altri servizi che, semmai dovessero fallire, si terrebbero tutti i giochi da noi acquistati. La presenza di GOG.com sul mercato non mette però particolare pressione o paura alla piattaforma di Valve. Tuttavia il futuro di CD Projekt porta con sé il pesante nome di Cyberpunk 2077, che potrebbe anche uscire in esclusiva PC su GOG.
Stesso discorso per quanto riguarda Battle.net. Fino all’uscita di Call of Duty: Black Ops 4 e Destiny 2 il client Blizzard non costituiva un diretto concorrente di Steam. Ad aver dato il primo scossone è stata l’uscita dei due titoli sopraccitati, che nel mercato PC sono arrivati esclusivamente su Battle.net per volontà di Activision Blizzard.
E questo solo per citare la maggior parte dei servizi mainstream. Allargando il campo anche a siti come G2A la questione si fa molto spinosa. Questi servizi vengono spesso definiti come operanti nell’area grigia, ovvero quella parte di mercato in cui l’iter e il passaggio dei prodotti non è trasparente. Si tratta di una bolla in cui operano insieme mercato illegale e mercato legale. Non è chiara la provenienza delle key vendute e risulta quindi difficile capire se a vendere il prodotto è un giocatore che ha acquistato legalmente la chiave o l’ha rubata. Emblematico fu il caso di TinyBuild, nel quale il publisher del gioco dichiarò di aver perso circa 450.000 dollari dopo varie transazioni fraudolente sulla piattaforma G2A.
Illegali o meno, la maggior parte delle key riporta sempre a Steam, e quindi all’utilizzo di quel client. Insomma, chiudi e riapri gli occhi e vedi ancora Steam. “Eccola la concorrenza” avrebbe esclamato Lopez, il delegato della rete nella serie Boris.
Troppi client?
Unica noia in tutta questa storia è scaricarsi il client, occupare uno spazio su disco (abbastanza irrisorio) ed iscriversi all’ennesimo sito. Fino a quando è tutto per una buona causa non è tempo sprecato.
Facendo un discorso teorico, nel momento in cui il consumatore ha la possibilità di scegliere cosa acquista e dove lo acquista tra vari negozi e prodotti simili, allora si realizza il libero mercato. E la concorrenza è l’anima del mercato. Se fosse disponibile un solo venditore per ogni tipologia di prodotto, allora non esisterebbe possibilità di scelta, ma solo un adeguamento a ciò che l’unico negozio rende disponibile al prezzo a cui lo rende disponibile.
Qui è necessario un parallelismo che semplificherà le cose rendendole un po’ più quantificabili. I vari client sono degli store digitali, ma immaginiamoli fisici. In fondo si sta pur sempre parlando di negozi, la consistenza dei prodotti non fa differenza.
Ecco, scaricare un client sul computer è come entrare nel negozio che ha appena aperto in zona. Nel momento in cui ci sono due negozi che vendono le stesse tipologie di prodotto, ma uno ha un prezzo più vantaggioso dell’altro, allora la logica vuole che ci si sposti per quel particolare acquisto. Lamentarsi dell’esistenza di molti client è come lamentarsi del fatto che in zona esistono troppi negozi. Sempre su questa linea, molti marchi famosi hanno prodotti nei vari negozi di rivendita, ma hanno anche un negozio proprio. I LEGO si trovano dappertutto, ma tutti andiamo matti per il LEGO Store.
Le vere differenze tra questi negozi sono rappresentate dalle esclusive, quei prodotti che si trovano solo nello store proprietario e non sono acquistabili da altre parti. Quello è il genere di bene che tende ad affezionare il consumatore ad un determinato negozio. Un esempio reale sono i prodotti con i marchi dei vari ipermercati (Coop, Bennet, eccetera).
Vi sono poi prodotti la cui licenza non è completamente esclusiva, i quali rimangono esclusivi in un negozio per un periodo di tempo limitato: le cosiddette esclusive temporali. Nessuno ti obbliga ad acquistare un titolo in quel posto e in quel momento. Se lo si desidera la scelta è vincolata, sempre che non si voglia aspettare. La licenza su quel prodotto viene poi acquisita da altri negozi, che possono essere più o meno congeniali al consumatore. Ne è un chiaro esempio Ashen, l’action RPG di Annapurna Interactive: il gioco è ora in esclusiva sull’Epic Games Store ma prossimamente sarà disponibile anche su Steam.
Per quale motivo abbandonare Steam è così difficile?
Se Steam fosse solo un servizio di vendita di giochi digitali sarebbe molto più semplice abituarsi all’arrivo di questi nuovi client. Steam però non è solo questo, ma è anche un social network per videogiocatori, con liste amici, medaglie, screenshot, recensioni sotto i prodotti e feature di personalizzazione del profilo. Tutto questo non solo in alcuni client non è presente, ma in quelli in cui è presente costringe a ricominciare da capo, e ciò scoccia. Per questo motivo il passaggio da un social network ad un altro avviene sempre con resistenza e difficoltà.
Steam resterà sempre un punto di riferimento per l’interazione tra utenti PC, ma per quanto riguarda la vendita ora ci sono dei concorrenti temibili. Starà a Valve decidere con quale operazione di marketing cercare di tenersi attaccati gli utenti o andare al contrattacco.
Per quanto riguardo noi consumatori, godiamo del fruttuoso periodo e arraffiamo quanta più roba possibile.
E voi che ne pensate? Come vedete l’arrivo del nuovo store di Epic Games?
Studente di Scienze Politiche e Sociali, Damians è appassionato di videogiochi, film, serie TV e fumetti. Ah e non dimentichiamo anche la musica e, ovviamente, la politica. Discute di queste cose in continuazione e ha sempre qualcosa da dire. Dentro MMO.it ha finalmente trovato lo spazio per continuare a parlare di ciò che gli piace senza assillare i passanti. Insomma, una fortuna per la quiete pubblica.
A proposito, è appena uscita la notizia che Metro Exodus ha lasciato Steam per uscire in esclusiva su Epic Games Store. CVD…
LA grossa vera rogna di avere tanti client non è scaricare l’ennesimo store (che è oggettivamente una cagata) ma la questione sicurezza: più sono i client, più sono i rischi che qualcuno ti “rubi” le credenziali. Ciò accade in realtà anche per tutti quei MMO con client proprietario. Difatti, quale settimana fa, ho ricevuto la notifica che qualcuno ha tentato di entrare nel mio account di Warframe. Ora, fintanto che si tratta di f2p poco importa: cambi password o chiedi la cancellazione dell’account, come nel mio caso, ma con i client è diverso: c’è il rischio di veder persi i propri cataloghi di giochi, facendo bannare l’account o rubando, eventualmente, i dati dei pagamenti. Insomma, più è alto il numero di client (qualunque client) più c’è il rischio di vedersi rubati i vari account. A tal proposito, esiste una sorta di applicativo che permette di salvare in loco le password legate agli account? Così potrei evitare di utilizzare sempre quelle 3 per tutte le miriadi di account e farli totalmente randomici, tanto ci sarebbe l’applicativo ad indicarmi quello corretto… (lo so, si può benissimo fare con un foglio excel o robe del genere, ma sarebbe utile un applicativo che magari… Read more »