A volte ritornano. Beh, non c’è dubbio che, volenti o nolenti, World of Warcraft torni sempre e ce ne faccia parlare, e ovviamente giocare. Specie in questo periodo “storico”, in cui di MMORPG con la tripla A se ne vedono ben pochi, l’impianto tradizionale è pressoché smantellato, e dove il survival sandbox sembra ormai una quota fissa nelle scommesse dei programmatori e delle software house. La Blizzard ha tracciato dal 2004 in avanti un’epopea senza uguali in questo ambito, costruendo un universo che basa i suoi pilastri su una trama ricca e avvincente, a volte complessa, ma sicuramente ricca tanto da scrivere spin-off di romanzi a profusione. Non che la software house americana abbia attraversato, per WoW, sempre e solo momenti d’oro, anzi.
Con Warlords of Draenor si era rischiato di rendere il tutto gratuito, vista la povertà della sceneggiatura e la disperazione di feature passate subito nel dimenticatoio come le Guarnigioni, probabilmente uno dei più grandi flop in termini di interesse per quanto riguarda il capolavoro Blizzard. Ma come tutti i grandi, dopo aver toccato “il fondo” è arrivata quella che per molti è stata la miglior espansione di sempre, sia in termini di sviluppo degli eventi che di contenuti, ovvero Legion. Da quel momento la rinascita del gioco ha riportato centinaia di migliaia di utenti entusiasti e tutte le patch successive ne hanno confermato la qualità.
Questa estate la pre-patch dell’assedio di Lordaeron ha annunciato l’arrivo di Battle for Azeroth, settima espansione della serie, che ha dalla sua un nuovo stravolgimento in quella che definire una storia intricata sarebbe un eufemismo. Eravamo rimasti al sangue di Azeroth che sgorga fino ad arrivare in superficie (vi ricordate quel buontempone di Sargeras?). Beh, quello è il nuovo motivo dominante, ovvero l’Azerite, risorsa super fondamentale per la quale ora Orda e Alleanza tornano prepotentemente a odiarsi. Teldrassil va a fuoco come un mozzicone di sigaretta e le vicende ci portano a dover aiutare la nostra causa, a seconda della fazione, in quel di Zandalar o di Kul Tiras. Le nuove zone, esattamente tre per fazione tutte collegate fra loro, da affrontare in un ordine qualsiasi come succedeva per Legion, stavolta danno risultati lievemente diversi (le zone Orda paiono costruite in maniera più accattivante).
Devo dire che a un primo impatto, loggato in-game e contento di ritrovarmi in un luogo “familiare”, l’occhio mi è caduto sulle nuove varianti razziali che si possono sbloccare compiendo vari percorsi nel gioco, completando serie di missioni e facendosi amica quella particolare fazione. Ricordiamo che alcune le avevamo già conosciute e usate al termine di Legion; ora altre quattro, due per fazione, saranno disponibili al raggiungimento della reputazione necessaria. Come detto sono solo varianti di razze già presenti, che incontrerete fin da subito appena iniziato il primo ciclo di missioni che vi porterà a dover scegliere quale zona delle terre nuove affrontare per prima.
Da Demonhunter dell’Alleanza non posso dire che questo flavour piratesco infuso nella baia di Tiragarde mi abbia affascinato a dismisura. Cioè, non vi sembra che nei secoli dei secoli MMORPG non si sia già abusato di ambientazioni di questo tipo? Poi che il tutto sia fatto bene e confezionato elegantemente da Blizzard è fuori dubbio, però magari si poteva pensare a qualcosa di più originale. Bella invece la catena di missioni che dovrete affrontare, anche se l’escamotage del travestimento torna a ripetere i suoi clichè ancora una volta, ma è alla fine funzionale a un percorso di trama che, bisogna rendere merito alla software house, riesce a coinvolgere nonostante sia dal 2004 che gli sviluppatori s’inventano quest di tutti i tipi.
L’impatto non è ai livelli di altre espansioni però, e per appassionarvi ci vorrà un po’ più di tempo. Del resto l’inventiva ha un limite, ma questa volta rispetto a Legion il tutto appare più banale, a prescindere dalla zona. Capita un filo di meglio a Drustvar e nella Valle dei Sacraonda, tra esseri di legno e navi da affondare in scenari di guerra che perlomeno nel loro caoticheggiante furore vi terranno maggiormente impegnati a non morire, fatti esplodere in mille pezzi da una cannonata o da un orda di nemici discretamente arrabbiati.
Qualcuno dice che non ci si mette tanto a salire di livello percorrendo le quest disponibili in queste tre zone: il problema è che dovrete trovarne la voglia, magari fantasticando di quello che verrà dopo, perchè a mio avviso un passo indietro nella creatività da queste parti è stato fatto. C’è da dire che il design e la grafica di alcuni nuovi mob non è male e, per essere comunque un gioco del 2004, WoW dimostra ancora una volta che la scelta di caratterizzarlo in questo modo, nonostante i vari restyling che ci sono stati, fu una scelta azzeccata.
Altro punto principale di discussione è l’Azerite da cui il Cuore di Azeroth, una medaglione che si carica proprio con questa nuova materia per cui tutto l’universo di WoW è in subbuglio. Ve lo consegneranno praticamente subito, come avveniva per l’artefatto della precedente espansione, che a mio modesto avviso funzionava decisamente meglio, ed era anche più soddisfacente da un punto di vista puramente estetico. Qui si sbloccano nuove abilità che si potranno “applicare” sui pezzi di armatura atti allo scopo, appunto una delle novità, manco a dirlo, le Armature di Azerite, premio di missioni, quest, dungeon, raid e affini.
Bisogna dire che in effetti quello che viene offerto in termini di skill non è affatto male: il numero di queste è davvero ampio e la loro potenza sarà in base al livello dell’armatura stessa, garantendovi una progressione adeguata allo sviluppo della storia. Attraverso il recupero dei frammenti della materia, poi, anche il medaglione stesso diventerà un’arma via via più potente.
Una cosa che ho notato, e che trovo decisamente azzeccata, è il “ritocco” che si è dato al crafting, che adesso permette di essere diviso in zone, e che non costringe a dover tornare in alcune di queste per portare avanti le varie professioni, magari di livello molto inferiore a quello cui siamo giunti; apprendendole dall’istruttore incaricato, invece, potremo progredire nelle nuove professioni che stiamo affrontando al momento.
Altra cosa che ho appena assaggiato è il War Mode, ovvero questa rivisitazione del PvP, ora molto più “casual”, ma forse in un’epoca dove in realtà gli scontri online non lo sono affatto in altri giochi, e con in testa la sensazione di remare esattamente dalla parte contraria alla massa, magari per distinguersi, che rischia di snaturare il contenuto. Niente più server PvE e PvP, ma una modalità attivabile che ci consentirà una maggiore percentuale di esperienza e una sorta di “bolla” in cui potremmo sentirci liberi di attaccare chi come noi ha fatto la stessa scelta, senza importunare i fautori del PvE a oltranza.
Le novità più interessanti sono comunque quelle che riguardano le Island Expedition, e le campagne di guerra. Le prime sono missioni da tre giocatori che consentono una sorta di “mini-gioco” contro altri tre della fazione avversaria, allo scopo di accumulare risorse il più velocemente possibile (il tempo dato è intorno al quarto d’ora o poco più) in sette isole diverse e anche, se si vuole, attivando la modalità PvP. La cosa migliore sono le varie locazioni e il fatto di spezzare una monotonia che in Battle for Azeroth ogni tanto si sente.
La guerra invece ci dà la possibilità di superare il limite delle Guarnigioni costruendo i Foothold e partendo poi per le world quest proprio da questi insediamenti, ottenendo reputazione con le varie fazioni molto utili per sbloccarle. Altro aspetto, i Warfront, dove si dà l’assalto a un gruppo di NPC nemici (ritorno al passato, che non fa che confermare la moderazione dell’aspetto PvP, mascherando anche questa feature che in realtà è di pura collaborazione), in una sorta di modalità che potremmo definire affine a quella di un MOBA o di un RTS, prendendo spunto da quanto già visto in Warcraft e facendoci avanzare di warfront in warfront, in modo da costringere il nemico a retrocedere.
Prime conclusioni
Battle for Azeroth, almeno a un primo impatto, non è di certo una brutta espansione, anzi. Probabilmente il fatto di non aver nulla di simile da giocare che esca in questo periodo ne rende il primo giudizio anche migliore di quello che potrebbe essere, ma sicuramente non pare poter reggere il confronto con Legion, anche se la trama offerta è complessa e i contenuti sono ampi. Teniamo conto che la stessa Blizzard promette (e manterrà) di introdurre al solito una serie di altre feature nell’immediato futuro come il tanto atteso nuovo raid, e bisogna senz’altro ammettere che curare un gioco dal 2004 rendendolo ancora così vivo, direi come nessun altro, è un miracolo che basterebbe a rendere merito allo studio di Irvine per l’eternità.
Però ci prendiamo un pochino di tempo per giocarci meglio e tornare con la recensione vera e propria. Come al solito, restate sintonizzati su MMO.it.
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