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La Net Neutrality è stata abolita: Cos’è, perchè l’hanno tolta e che si fa ora – Speciale

La Net Neutrality è stata abolita: Cos’è, perchè l’hanno tolta e che si fa ora – Speciale

Ieri la FCC (la Commissione Federale per le Comunicazioni) ha sancito la fine della Net Neutrality negli Stati Uniti, con un voto di 3 a 2.

Questa frase è stata ripresa in modo diverso non solo da chi nell’internet ci bazzica, ma anche dai media tradizionali e dalla discussione “offline”. Molto spesso le discussioni e le notizie hanno un tono fortemente allarmistico e critico verso il provvedimento, anche giustamente, ma occorre chiedersi esattamente se si sia pienamente coscienti della situazione, sia riguardo al provvedimento, sia riguardo all’universo di internet in America, che è molto lontano da come lo immagina l’uomo della strada.

Facciamo dunque chiarezza cominciando dall’inizio.

Negli Stati Uniti internet fa schifo.

Sembra un controsenso, visto che nella terra delle opportunità tutti dovrebbero essere ricchi e liberi, con le connessioni della NASA visto che c’è la NASA e la velocità di Silicon Valley visto che c’è Silicon Valley. Ma le cose, ovviamente, non stanno così.

Gli Stati Uniti sono piagati da una sperequazione sociale elevatissima, con i ricchi sempre più ricchi e tutte quelle belle parole che gente come Bernie Sanders tirava fuori in sede di campagna elettorale. Guardando alla diseguaglianza nella connettività internet, il divario in America si ha tra le zone più remunerative e quelle meno, dal punto di vista dei gestori delle telecomunicazioni.

In un sistema di capitalismo esasperato diffuso su un territorio enorme e molto spesso vuoto, i gestori delle telecomunicazioni, gli Internet Service Provider (o ISP), hanno da sempre cercato di potenziare le reti delle città principali, dei luoghi economicamente migliori e più importanti sul piano politico. La conseguenza di ciò è che nelle grandi città è possibile accedere ad un mercato di concorrenza tra diversi provider, ciascuno dei quali con costi e offerte diversi (come avviene normalmente in Italia: noi possiamo scegliere, solitamente, tra Telecom, Fastweb, Vodafone e così via).

Nelle zone rurali o comunque economicamente non determinanti, i provider americani vivono condizioni di monopolio. Nelle enormi distese del territorio americano, dove la densità abitativa è scarsa e le enormi interstate tagliano dritto per dritto il paesaggio immacolato, uno solo è il provider internet. Chi si trova a vivere in queste zone – e sono moltissimi – non ha alcuna scelta: se nella sua zona, derelitta, è arrivata la linea di Comcast, se vorrà internet dovrà avere Comcast. Se arriverà Verizon, dovrà avere Verizon.

In Italia un pericolo del genere è tendenzialmente scongiurato dal fatto che per la grandissima parte del territorio nazionale tutti i provider internet si appoggiano alle reti Telecom, che per la sua natura pubblica ha steso i cavi, letteralmente. Una situazione di monopolio è quindi quasi impossibile, dal momento che più o meno tutti i provider hanno a disposizione l’interezza dell’infrastruttura pubblica con la quale, dietro concessione, fornire i propri servizi.

L’altra faccia della medaglia della concezione italiana è ovviamente quella dell’inefficienza e della scarsa espansione sulla copertura: poichè è lo Stato che si occupa in primis di collegare le abitazioni alla rete e ad aggiornare l’infrastruttura, se lo Stato non avrà le possibilità economiche di farlo o non ne avrà il desiderio politico, ecco che la stagnazione è dietro l’angolo, ed è il motivo per cui, per molti anni, tantissimi italiani si sono trovati e si trovano ancora con connessioni insufficienti, non al passo coi tempi.

Questa situazione di monopoli sul territorio americano ha fatto sì che le compagnie telefoniche, malgrado le lamentele degli utenti, si trovassero in una posizione di grandissimo potere: la loro era ed è un’offerta che chi si voleva connettere ad internet non poteva rifiutare, per quanto svantaggiosa, semplicemente perchè era l’unica.

La diretta conseguenza di questo sta nel fatto che i provider internet hanno iniziato, nei limiti della legge, a offrire i loro servizi a condizioni svantaggiosissime per l’utenza: negli Stati Uniti si rinvengono contratti con limiti di banda come se fossero quelli per il cellulare (scelte tra 50, 100 o 200GB di dati al mese, ad esempio), a costi anche superiori ai 100$ mensili.

Durante la presidenza Obama, era stato percepito il rischio che questi provider arrivassero al punto da privilegiare determinati servizi a loro convenzionati a scapito di altri. Se, ad esempio, Comcast avesse voluto aprire un servizio di streaming alternativo a Netflix, avrebbe potuto limitare la banda di tutti i suoi clienti verso Netflix, col risultato che ad essi i film sarebbero andati a scatti, con buffering ogni tre secondi, e qualità pessima. Molti utenti sarebbero stati quindi costretti a cambiare servizio, magari passando proprio a quello convenzionato con il suo provider che, guarda caso, avrebbe funzionato perfettamente.

 

Net neutrality

Da questo sistema malato nacque un corpus di regole che insieme è definito Net Neutrality. Una buona idea, quindi, che sancì un obbligo di trattamento uguale per tutti i siti e i servizi di internet da parte dei provider. Essi non avrebbero potuto differenziare tra sito e sito, tra connessione e connessione.

Con la svolta repubblicana e l’elezione di Donald Trump, ebbero maggiore voce quelli che criticavano la Net Neutrality. I repubblicani, soprattutto in questa versione estremizzata, sono sempre stati rivolti verso una più possibile libera iniziativa capitalistica, e non tollerano i limiti statali al profitto.

La tesi da loro sostenuta vuole che la Net Neutrality sia un freno enorme al progresso e al profitto dei provider, che non possono più fare le tariffe che vogliono e debbono fornire servizi addirittura in perdita. Questo si riflette negativamente sui loro bilanci e quindi anche sulla connettività generale negli Stati Uniti. Poichè sono proprio i provider privati a cablare il territorio e a potenziare quindi la connessione degli utenti, se questi non hanno soldi le connessioni rimangono tragiche.

L’abolizione della Net Neutrality consente quindi in principio di discriminare i vari servizi da parte dei provider ad internet. Non solo, c’è chi ha sostenuto che questo aprirà la strada a tutta una serie di “pacchetti” offerti dai provider a seconda degli utilizzi dell’utente, un po’ come una sorta di Pay Per View.

Vuoi Facebook? Dovrai pagare 20$ al mese in più. YouTube? Altri 10$. Il pacchetto base comprende giusto Wikipedia e il giornale della parte politica amica del provider, ad una modica cifra di 30$ al mese con un tetto di 50GB massimo.

 

Net NeutralityQuesta situazione catastrofica è effettivamente possibile.

Tuttavia, non tutto è perduto. Anzitutto perchè le regole hanno due settimane di tempo per smettere di essere in vigore, e secondariamente perchè da lì ci vorrà altro tempo perchè i contratti mutino e le condizioni cambino. Nel frattempo, è già stata fatta causa da più parti alla Federal Communication Commission, anche se non si capisce bene per quale violazione, e un giudice, se lo riterrà opportuno, potrà bloccare cautelarmente il provvedimento di eliminazione della Net Neutrality mentre la causa è in corso.

Anche dal punto di vista politico la battaglia sembra continuare: è già stata lanciata più di una petizione per convincere il Congresso a passare una “resolution of disapproval” con la quale criticherebbe la condotta della FCC, nella speranza di cambiarne opinione. Intanto, possiamo rallegrarci nell’essere europei.

In Italia infatti la situazione è quella che è stata descritta, e anche se non esiste, se non in forma di proposta, un equivalente alla Net Neutrality, la combinazione di questo stato di cose e delle norme europee scongiura un tale rischio. Per ciò che concerne l’Unione Europea, essa offre ulteriori garanzie. Le norme europee, che si applicano in tutti gli Stati membri, hanno affrontato il tema della Net Neutrality soprattutto nel 2015, con il regolamento 2120. Esso, in quanto regolamento, è direttamente applicabile negli Stati senza passare attraverso la legge nazionale, e garantisce un minimo di Net Neutrality in tutta l’Unione.

Resta comunque molto potere in mano agli Stati nazionali, e anche se sarebbe veramente difficile immaginarlo non è impossibile che in alcuni di essi (e perchè no, perfino da noi in Italia) un domani si inizi a virare verso posizioni più “americane” basate su un capitalismo esasperato, come del resto si nota già in altri campi. Per far fronte a tali rischi, paesi come l’Olanda hanno predisposto una legislazione ancora più forte di quella “di contorno” dell’Unione Europea, garantendo senza ombra di dubbio una salvezza sul loro territorio da simili degenerazioni.

 

 

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