Gironzolando tra Twitch e YouTube, note piattaforme in cui è possibile trovare tonnellate di contenuti video legati ai videogiochi, capita quasi certamente di imbattersi in PLAYERUNKNOWN’S BATTLEGROUNDS. Che è scritto proprio così, tutto maiuscolo. Al momento questo videogame competitivo online è davvero sulla cresta dell’onda, ma di cosa si tratta realmente e, soprattutto, vale la pena di sganciare i 30 euro necessari per acquistarlo su Steam?
Proviamo a fare una panoramica generale e, nel caso, sciogliere qualche dubbio a riguardo.
Battle Royale più dura che mai
PUBG (abbreviazione forse un po’ fastidiosa ma necessaria dato il lunghissimo titolo) è sviluppato da uno studio indipendente koreano, Bluehole, ed è la perfetta incarnazione del PvP competitivo. Cento persone, totalmente prive di equipaggiamento, viaggiano su un aereo pronti a paracadutarsi su un’isola. Una volta a terra, la assoluta priorità di ognuno è quella di trovare qualcosa di utile con cui difendersi e resistere fino alla fine. Armi, modifiche, proiettili, protezioni e medikit di varia natura. È anche possibile trovare equip meramente estetico che non aggiunge alcun vantaggio, ma si tratta di una cosa assolutamente accessoria. La semplicità sta tutta qui, eppure la varietà di armi e di situazioni rende ogni partita differente dalle altre, grazie a quel pizzico di casualità che rende tutto imprevedibile.
L’aereo segue ogni volta una rotta diversa, così come i cento giocatori impegnati in partita scelgono arbitrariamente quando e dove lanciarsi, dove spostarsi e come comportarsi. Anche il materiale lootabile non segue sempre gli stessi principi di spawn, costringendo tutti ad una spasmodica ricerca. Ovviamente, atterrare in centri abitati dove sono presenti più abitazioni aumenta la possibilità di trovare in fretta qualcosa di interessante, ma ciò che rende queste zone più appetibili le le fa diventare anche più pericolose, poiché molti più giocatori tenderanno a fiondarsi per arraffare il prezioso bottino. Lo scopo essenziale non è tanto quello di immedesimarsi in Rambo, one man versus all, quanto semplicemente restare in vita. Ogni partita vedrà uno e un solo vincitore, che sarà riuscito, in un modo o nell’altro, a sopravvivere agli altri 99 concorrenti, senza necessariamente averne ucciso qualcuno.
L’unico elemento che poteva far avere qualche dubbio riguardo camper appostati per ore, o altri che girano a vuoto senza trovare nessun altro, è totalmente scongiurato grazie ad una semplice feature. Esiste un cerchio, nemmeno tanto immaginario, che delimita la mappa grazie a delle radiazioni. Ogni tot di tempo, inizialmente molto ampio, inizia a restringersi verso un cerchio un po’ più piccolo. Col passare dei minuti questo si restringerà sempre di più e sempre più velocemente, costringendo tutti i giocatori a raggiungere la prossima zona safe per restare in vita e non morire di stenti. Grazie a questo piccolo espediente, tutti prima o poi sono destinati a incontrarsi e, eventualmente, a scontrarsi. Dai cadaveri vengono lasciate delle casse, che contengono tutto l’equipaggiamento raccolto fino a quel momento dal malcapitato, che può essere raccolto solo in parte dall’avvoltoio di turno.
Oltre alla cosiddetta solo queue, esistono anche altre modalità a squadre, che comprendono gruppi di due, tre o quattro persone. Solitamente, la difficoltà tende a salire con l’aumento dei componenti del team, in quanto le squadre sono spesso organizzate e comunicano tra loro, rendendo tutte le fasi – dall’esplorazione agli scontri a fuoco – ancora più tattici e difficili. Viene però incentivato anche l’uso delle vetture, a due o a quattro ruote, che permettono a tutto il gruppo di spostarsi rapidamente, almeno finché non finisce il carburante (sempre che non si abbia una tanica per fare rifornimento).
Accesso anticipato, e di molto
Parlando dell’aspetto puramente tecnico di PUBG, ci duole ammettere che ci troviamo davanti ad un Early Access molto problematico. Ci sono vari problemi di hitbox e cali incredibili di framerate (soprattutto nei primissimi istanti), oltre a bug vari, grafici e non. Il codice sembra mal ottimizzato, tanto da riuscire a dare problemi invalidanti anche con configurazioni di una certa sostanza. Con il nostro setup (i7-4790k, 16gb RAM, Geforce GTX 970) abbiamo dovuto abbassare tutti i dettagli a medio, basso e molto basso per avere un’esperienza il più fluida e godibile possibile, con un framerate lockato a 60 ma comunque soggetto a cali in qualche occasione. Diversamente, provando ad alzare un po’ le impostazioni, il gioco è risultato completamente ingiocabile, con crash dell’applicazione praticamente all’avvio di ogni singola partita.
Il rovescio della medaglia è che gli sviluppatori stanno offrendo un continuo supporto alla propria creatura. Basti pensare che nelle ultime due settimane abbiamo scaricato quasi 10GB di aggiornamenti, suddivisi in due patch distinte. Inoltre è da segnalare anche la disponibilità, seppur limitata, degli sviluppatori a concedere (tramite richiesta sul sito ufficiale) server dedicati, e con modalità extra inedite, a content creator che possano vantare un certo seguito, su Twitch o YouTube.
La grande forza di PUBG, difatti, sta tutta nel sapersi autopromuovere tramite dirette streaming e video gameplay. Che si tratti di piccoli canali o dei più famosi, praticamente tutti hanno pubblicizzato, volenti o nolenti, questo gioco poiché ben si presta all’intrattenimento, anche con i suoi difetti. Da una parte è possibile vedere giocatori bravissimi affrontare ogni partita come degli agenti segreti con un’esperienza decennale alle spalle, con una mira precisa e movimenti felini perfetti. Dall’altra non si contano più tutti i funny moment generati da situazioni assurde, sia a causa della natura un po’ arcade del gioco che da bug e glitch esilaranti.
Il successo è stato così dirompente che Microsoft, in occasione del recente E3 di Los Angeles, ha lasciato un piccolo spazio della sua press conference all’annuncio, da parte di Bluehole, che PLAYERUNKNOWN’S BATTLEGROUNDS approderà anche su Xbox One.
Gli sviluppatori dicono di puntare al crossplay, tuttavia sarà molto difficile riuscire in un’impresa che, a nostro avviso, è quasi impossibile. Da una parte perché la combinazione mouse + tastiera negli sparatutto ha una coppia di marce in più rispetto al pad, ma soprattutto perché la natura stessa del gioco richiede l’utilizzo di tantissimi tasti. Troppi per un solo, piccolo controller, anche per i modelli premium più recenti come il pad Elite. Staremo comunque attenti a vedere come evolveranno le cose e, soprattutto, se l’intenzione del crossplay verrà concretizzata o, più realisticamente, abbandonata.
Tirando le somme, PUBG è al momento il miglior titolo Battle Royale, che offre decine – se non centinaia – di ore di divertimento, quel brivido in stile Hunger Games e una buona dose di rage. L’unica cosa che, per ora, lascia veramente tanti dubbi è la stabilità del codice, che non è affatto in grado di girare su PC poco performanti. Proprio per questo il nostro consiglio è di acquistarlo, se volete provarlo o vi piace il genere, su piattaforme sicure come Steam, che offrono un valido supporto clienti post-vendita e un efficiente programma di rimborso, nel caso non riusciate a fruirne.
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