Oggi vi propongo un argomento di discussione traversale un po’ diverso dal solito, nato dalle mie riflessioni di questi giorni. Dopo aver visto le tracce d’esame della maturità, mi ritrovo a pensare che al Ministero dell’Istruzione (o MIUR) dovrebbero giocare ai videogiochi.
Lasciate che mi spieghi meglio. I videogiochi, oltre a permetterti di vivere storie incredibili ed esplorare mondi fantastici, possono anche insegnare una certo modo di approcciare le cose. E se c’è qualcosa in particolare che insegnano, questo è il bilanciamento.
Che sia un MMO, un MOBA, un gioco con una modalità online o anche solo un RPG, i videogiochi ti insegnano che tutti devono partire dallo stesso livello. Se alla creazione del personaggio un giocatore inizia con +3 in forza, l’altro deve avere un +3 in intelligenza. Similmente, se un’arma fa tanti danni dev’essere più lenta a colpire di una che ne fa pochi. Com’è ovvio, se un giocatore parte con +3 in forza, in carisma e in intelligenza, mentre l’altro ha solo un timido +1 in saggezza, allora c’è un problema. La partenza, insomma, deve avvenire a parità di condizioni. Non solo, bisogna evitare contenuti sia troppo facili che troppo difficili, che potrebbero generare dei picchi di difficoltà frustranti.
Questa storia del bilanciamento, con un po’ di beneficio d’inventario, può essere applicata a molti aspetti della vita, maturità compresa. Alla fine si tratta solo di mantenere una certa equità di fondo. Eppure tutto ciò non è così ovvio al Ministero dell’Istruzione, che sistematicamente continua a proporre prove di difficoltà diametralmente diverse da un anno all’altro. L’esempio più clamoroso è sicuramente rappresentato dalla seconda prova per il liceo classico, ovvero le versioni di latino e greco che, fin dalla notte dei tempi, si spartiscono gli anni: un anno esce latino, l’anno dopo greco, e così via.
Già ci sarebbe da discutere se sia giusto o meno alternare le due lingue, dato che il greco è chiaramente lingua più complessa da tradurre del latino, il quale risulta più vicino all’italiano per alfabeto, nonché per strutture sintattiche, lessicali e semantiche. Non si capisce bene che cosa abbiano fatto di male i ragazzi che devono maturarsi negli anni pari (per tradizione, quelli in cui esce la temuta versione di greco), ma tant’è.
Tuttavia, quel che è peggio è che il Ministero sembra non riuscire proprio a garantire una minima equità tra le prove dei vari anni. In altre parole, alcune versioni sono sensibilmente più difficili delle altre. In certi anni escono passi di Platone o Aristotele talmente oscuri e complicati che persino in italiano è difficile capirne il senso; altre volte invece arrivano estratti di Seneca o Cicerone molto più semplici e intuitivi.
Il problema esiste, e non è chiaro perchè debba essere penalizzato uno studente la cui unica colpa è quella di avere l’esame di maturità in un anno in cui il Ministero si sente più cattivo del solito. Ma evidentemente al Ministero stesso del problema “non importa – se non è detto troppo rusticamente – proprio nulla” (cit. Platone). D’altronde la cosa non stupisce vista la leggerezza con cui ogni anno l’ente commette errori per cui uno studente verrebbe severamente bacchettato (basti vedere quel “Traccie” qui a destra, comparso mercoledì scorso sul sito del MIUR).
Eppure basterebbe così poco per risolvere, o perlomeno attenuare, il problema dell’iniquità delle prove d’esame. E allora lancio una proposta. Io proporrei un sistema a stelle: la difficoltà di una prova, in questo caso una versione, sarebbe rappresentata da un indice in stelle, che può andare da uno (versione chiara e comprensibile) a cinque (versione estremamente difficile da capire e tradurre). Ogni fattore, dalla complessità dei periodi alla difficoltà della sintassi, può contribuire a far alzare il “livello di difficoltà”. Alla fine, tutte le versioni scelte per la maturità nel corso degli anni dovrebbero avere lo stesso gradiente di difficoltà, pur presentando elementi di diversità. Ad esempio, se una versione è più facile di un’altra deve essere più lunga, mentre se è in greco non dev’essere eccessivamente difficile, per il discorso di cui sopra. Insomma, bisognerebbe applicare alle prove d’esame la stessa ricerca del bilanciamento che viene effettuata per ogni videogioco.
La mia è una provocazione, certo, ma in verità questo banalissimo sistema sarebbe già molto meglio dell’insindacabile sistema in voga oggi, in cui nessuno sa perchè in taluni anni escono prove facilissime e in talaltri prove impossibili, quasi come se la commissione giocasse a dadi per decidere le tracc(i)e.
Ci tengo a chiarire che il mio messaggio non va contro i ragazzi che stanno affrontando ora la maturità (in bocca al lupo!), anzi: io non chiedo prove più difficili per i maturandi di oggi, ma prove più eque per i maturandi di ogni anno.
Tutto questo pippone potrebbe sembrare il lamento di un vecchio brontolone (e forse lo è, chissà), ma è indubbio che c’è qualcosa che non funziona in un sistema così obsoleto e poco trasparente. Il Ministero dell’Istruzione dovrebbe avviare una seria riflessione sulle modalità di scelta delle tracce d’esame, per evitare altri scivoloni che compromettano la credibilità del nostro modello educativo.
E, magari, nel frattempo, dovrebbero giocare un po’ ai videogiochi, meglio se competitivi. Ne avrei giusto qualcuno da consigliare.
Giornalista pubblicista, Plinious trova che non esista niente di più comunicativo dei videogiochi, in particolare quelli online. Da sempre appassionato di gioco di ruolo e MMORPG, ama immaginare ed esplorare mondi fantastici in cui perdersi dieci, cento, mille e una notte. La sua storia online inizia con Guild Wars Nightfall e prosegue con decine di MMO occidentali, da World of Warcraft a Warhammer Online, da Guild Wars 2 fino a Sea of Thieves.
… se poi però si va a vedere quanti effettivamente vengono bocciati all’esame di maturità, io direi di annullarlo del tutto. Inutile se non per dare un voto ai 5 anni di scuola (in modo raffazzonato) che poi alla fin fine non servirà a nulla, a meno di aver preso un 100 con lode. Anche qui, vista la difficoltà certi anni dell’esame tanto vale che alla fine risulti un: promosso Sì o No, magari mettendo il voto solo in presenza di un 100 e lode. Perchè? Perchè può essere che a quell’esame uno che è andato bene nei vari anni vada male alle prove, vuoi per la difficoltà in sè, vuoi perchè quel giorno gli butta male. Quindi io direi che son tre le cose da fare: mettere le stelle come suggerito nell’articolo, togliere il voto finale a meno di 100 e lode oppure togliere del tutto l’esame finale. E alleggeriamo il carico di compiti, sia durante l’anno scolastico che durante le feste. E aumentiamo i “laboratori” pratici, che uno che esce dalle superiori e dalle università (sopratutto da queste ultime) ai fini pratici non sa fare nulla o quasi, vista la vecchiaia dei macchinari adoperati in genere nelle scuole.
Sui compiti sono assolutamente d’accordo. Ho passato anni interi della mia vita a fare i compiti di pomeriggio, dopo che la mattina andavo già a scuola… Secondo me un modello educativo del genere non solo è inutile ma persino controproducente, perchè non ti lascia abbastanza tempo da dedicare ad altre cose, che siano hobby formativi, passioni o semplice relax. Questo sistema educativo tende a forgiare persone che sì, magari hanno fatto i compiti e conoscono una materia scolastica, ma sono assolutamente piatte e poco interessanti perchè non hanno mai avuto il tempo o la voglia di spaziare e capire cosa gli interessasse davvero nella vita.
Concordo. Plinious for Ministro dell’Istruzione!
grandissimo, interessante articolo, mi trovi completamente d’accordo sul sistema a stelle
Grazie, mi fa piacere :)