Viaggio a Un’Goro ha introdotto numerose novità e, con l’avvento di meccaniche nuove, il livello di sperimentazione in Hearthstone si è spinto oltre ogni limite.
Le Quest differenziate per ogni classe di Eroe hanno fatto da preludio al massiccio cambiamento che ha toccato la maggior parte degli archetipi di mazzo. L’espansione è riuscita ad infondere nuova linfa vitale al gioco, specie in un periodo che aveva visto imporsi sulla scena solamente una ristretta cerchia di deck. Se infatti in ambito constructed sino a qualche mese fa i Pirate Warrior, Jade Druid ed i Discardlock la facevano da padrone, ora qualcosa sembra muoversi.
Anche mazzi non propriamente nel meta hanno iniziato ad esprimere il proprio potenziale, tanto che persino gli Eroi dapprima lasciati invecchiare in soffitta stanno vivendo una seconda giovinezza.
E chi più del povero Anduin Wrynn ha bisogno di rientrare in gioco per ritagliarsi lo spazio meritato? È sotto gli occhi di tutti come il Sacerdote abbia sempre occupato una delle ultime posizioni nel corso delle recenti patch, vuoi per la latente mancanza di un early game, vuoi per l’impossibilità di far affidamento a concrete win conditions.
Proprio per ridare lustro ad un personaggio ingiustamente trascurato, ho deciso di portare sotto i riflettori una particolare versione wild del Quest Priest, simpaticamente ribattezzata “Hero Never Dies”. Si tratta di un mazzo control, pertanto rivolto al late game: il tentativo è quello di coniugare il sustain (inteso come capacità di sopravvivere) derivante da Reno Jackson e dalla Quest con l’incredibile vantaggio garantito da N’zoth (in termini di board presence).
Il mazzo (qui la lista completa)
La Quest implica l’utilizzo di creature con rantolo di morte. Il mazzo ne contiene ben 11 provviste di tale abilità, in aggiunta a quelle che vantano meccaniche legate al deathrattle.
Per quanto riguarda carte che consentono di pescare, il deck ne presenta unicamente due: il famosissimo “Razziatore di bottini” il quale trova largo impiego in molti constructed e la “Parola del potere: Scudo”.
Bisogna sottolineare come la pescata in questione vada ad attingere risorse dal mazzo, ma va anche ricordato che il Sacerdote vanta la possibilità di estrarre valore anche da carte copiate dal deck dell’avversario: in questo senso, “Oracolo di cristallo”, “Furto del pensiero” e “Ombra mutevole” svolgeranno tale compito in maniera efficiente, garantendo anche extra-card per i duelli più lunghi.
Creature come “Kazakus”, “Barnes” e “Alfiere d’Ebano”, oltre ad aggiungere un piccante fattore RNG all’esperienza di gioco, tendono ad accelerare il processo per completare la Quest. Costituiscono elementi fondamentali poiché spesso, non appena il nemico vedrà proprio la Missione, sarà colto da una voglia bruciante di annichilire i vostri punti vita tale da ignorare tutte le condizioni di gioco che si verranno a creare: triste a dirsi, ma il suo unico obiettivo diventerà il vostro viso.
Le magie ad area, gli hard-removal sono solamente due: “Bomba fotonica” e “Male dissepolto”. Sembra quasi ridondante ricordare quanto sia importante utilizzarle solo in contesti realmente critici ovvero in situazioni di vita/morte. In particolare, “Light bomb” è in grado di ristabilire l’ordine anche negli scenari più apocalittici, pertanto è da impiegare con estrema cura.
Menzione a parte la merita la “Cantaspiriti Umbra” poiché può dare vita a combinazioni dall’enorme effetto sulla board: basti pensare alle sinergie che presenta in associazione con “Sylvanas”, con “Cairne” e in generale con tutte le carte provviste di rantolo di morte.
Rullo di tamburi per le vere Star del mazzo: “Reno Jackson” e “N’zoth”. Gli effetti di queste due carte sono così celebri da aver generato meme sul web, fenomeni divenuti quasi virali. Il Dio della Morte deve necessariamente rappresentare il sigillo finale al match, l’ultimo capitolo di uno scontro che ha visto come protagonisti generosi minion pronti al sacrificio. Se l’avversario avrà già utilizzato la maggior parte delle proprie pallottole per sedare le nostre minacce…allora N’zoth non gli lascerà scampo.
Per chiudere il cerchio è importante tenere presente il concept che sta alla base di un mazzo control: la chiave del successo sta in un’attenta gestione del campo di battaglia, della mano e delle proprie risorse “hot”. Molto probabilmente l’avversario deterrà il pallino del gioco, almeno all’apparenza, ma ciò non deve indurci ad assumere comportamenti autolesionisti.
La pazienza è la nostra risorsa principale ed è anche l’unica carta non presente in questo mazzo. I duelli che affronterete saranno lunghi ed estenuanti ma sarà altrettanto grande la soddisfazione che proverete nel veder crollare tutte le certezze e i nervi dell’avversario. Provare per credere.
In fin dei conti, sono certo che online si possano trovare diverse versioni del Quest Priest ma ho tentato di mettermi in gioco: si tratta di un progetto aperto, un esperimento che insieme potremo migliorare. Non siate timidi, l’Eroe non deve morire!
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