Nell’industria dei videogiochi crowdfundati si fa in fretta a passare da santi a cornuti, da salvatori della patria a truffatori. Si è visto prima con Richard Garriott, che da guru dei giochi di ruolo qual era è diventato per molti una “reliquia del passato” dopo aver presentato il suo Shroud of the Avatar. Lo stesso Chris Roberts, idolo indiscusso negli anni Duemila per Wing Commander e Freelancer, con Star Citizen si è beccato tanti milioni quante polemiche: è risaputo che ogni due per tre salta fuori qualcuno per accusare il team di Cloud Imperium Games di voler “prendere i soldi e scappare alle Maldive” (che poi, se davvero volessero scappare con i soldi, che aspettano? È da almeno tre anni che il titolo ha raccolto una fortuna).
Insomma, per i giocatori la paura dello “scam”, del progetto promettente che si fa finanziare lautamente per poi scomparire nel nulla, è sempre dietro l’angolo – e a ragione, dato che purtroppo i precedenti, da The Stomping Land a Greed Monger passando per Pathfinder Online, non mancano. Un’inquietudine che può dare vita a una vera e propria psicosi quando si verifica qualche errore di comunicazione tra gli sviluppatori di un gioco e la sua community, in delirante attesa di informazioni e notizie, nonché ovviamente del gioco stesso.
È quel che è successo nei giorni scorsi con Chronicles of Elyria: un progetto che finora era sembrato viaggiare sulle ali dell’entusiasmo, considerata la campagna Kickstarter conclusasi con successo e più in generale un diffuso apprezzamento da parte del pubblico PC per questo ambizioso MMORPG sandbox. Eppure qualcosa si è incrinato quando, in un nuovo update pensato per parlare dell’imminente apertura del negozio online, gli sviluppatori tra le tante cose hanno detto che i fondi finora raccolti su Kickstarter non sono sufficienti per completare lo sviluppo del gioco, cosa tra l’altro già accennata di sfuggita con un commento durante la campagna di crowdfunding, come potete vedere in questa immagine.
Più precisamente, Chronicles of Elyria necessiterà di altri tre milioni di dollari di finanziamento per poter raggiungere una release stabile e completa come previsto. “Se da una parte abbiamo strategie in atto per raccogliere il denaro addizionale, ogni fondo che riceveremo tramite i pledge online ci aiuta a ridurre quella somma e ci fornisce un po’ di copertura tra un round e l’altro” ha dichiarato lo studio.
Di fronte a questa constatazione i giocatori hanno avuto l’impressione che si stesse loro chiedendo altri soldi, minacciandoli che in caso contrario il titolo non avrebbe mai visto la luce, e comprensibilmente hanno reagito piuttosto male. Niente di drammatico, in verità, se siete già abituati ai continui attacchi di hater nei confronti del già citato Star Citizen, but still. Per placare le polemiche Jeromy Walsh, CEO di Soulbound Studios, ha rilasciato un’intervista a Massively Overpowered (che vi consiglio di leggere) in cui ha ribadito l’onestà del team e chiarito molti punti sulla ricerca di investitori e sul futuro del progetto.
Di certo la questione è molto spinosa e va analizzata senza darsi a inutili isterie. Leggendo l’update su Kickstarter e l’intervista posso dire che Walsh dice cose vere, nel senso che il suo discorso fila e anche le cifre che ha messo sul tavolo non sono inventate ma corrispondono a realtà. Walsh ha infatti citato diversi MMORPG crowdfundati, dichiarando che in ognuno di questi casi gli sviluppatori hanno cercato (e trovato) più fondi di quelli ottenuti con la sola campagna Kickstarter: sia Camelot Unchained sia Crowfall hanno effettivamente continuato a raccogliere fondi dopo la fine della campagna (non parliamo poi di Shroud of the Avatar, che è praticamente diventato un’agenzia immobiliare virtuale). In ogni caso, Chronicles of Elyria non avrà un’altra campagna Kickstarter come avvenuto, ad esempio, per The Repopulation.
Walsh insomma ha una visione piuttosto limpida di dove vuole portare il suo gioco e non sembra solo un cialtrone in cerca di soldi facili, ma sulla questione dei fondi necessari lui e gli altri membri del team si sono spiegati molto male. La stessa pagina della campagna Kickstarter era poco chiara e glissava sull’argomento. Loro giurano che la cosa non sia stata fatta di proposito. Sarà vero o no? Non lo possiamo sapere.
Ricordatevi: niente rimborsi
Quel che invece sappiamo per certo è che non è stata un’idea geniale annunciare nello stesso post la politica “No rimborsi”: questi ultimi infatti “non verranno concessi a meno di situazioni estreme, di vita o di morte”. Walsh si è giustificato dicendo che il team ha pianificato il progetto sulla base di quanto è stato loro dato, e se dovessero rimborsare il gioco a chiunque ne fa richiesta si creerebbe un rischio per tutti i backer: “Alla fine, offrire rimborsi per tutti coloro che oggi hanno un’alta percezione di rischio (di fallimento del progetto, NdR), alla lunga creerebbe soltanto più rischi reali per tutti”.
Probabilmente quindi l’isteria collettiva si è generata perchè tanti hanno interpretato il messaggio come un “ci servono altri soldi, altrimenti niente gioco e chi s’è visto s’è visto”. Certo, quelli di Soulbound se la sono anche andata a cercare: se tu sviluppatore nello stesso post unisci il discorso “abbiamo bisogno di più fondi” e “stiamo per aprire lo store online” a quello “d’ora in poi non accetteremo più rimborsi”, è facile per il lettore associare le tre cose e pensare a un nesso causale, del tipo “aprono il negozio e non accettano più rimborsi perchè sono a un passo dal fallimento”.
Fortunatamente, però, la situazione non è così tragica. Riporto quello che secondo me è il punto chiave dell’intervista:
Il discorso è questo: Sì, i soldi che abbiamo già ricevuto ci permetteranno di raggiungere una versione del gioco minima, quasi completa di tutte le feature, ma dopo l’uscita ci sono ancora un sacco di costi che devono essere sostenuti.
Questo è perfettamente comprensibile per un MMORPG: sappiamo che una cosa è sviluppare il gioco base e un’altra supportarlo e sostenere i costi dei server nei mesi successivi.
Ancora:
Stiamo aprendo lo store perchè è ciò che voleva la community. Come detto, abbiamo un piano per ottenere i rimanenti fondi che ci servono. Questo post non nasceva per dire ‘Ehi, grazie per il supporto, ora abbiamo bisogno di altri 2$ milioni.’ Era unicamente per dire ‘Ehi, come sapete gli MMO sono costosi e stiamo ancora lavorando per raccogliere altri 2-3$ milioni, ogni contributo da parte vostra ci aiuterà, ma non è necessario’.
Insomma, Walsh si è senza dubbio espresso in maniera poco felice e con un pessimo tempismo. Ma secondo me questa vicenda è anche sintomo di un problema più profondo nel pubblico, un problema di tipo culturale: troppa gente continua a pensare che backare un prodotto su Kickstarter sia un po’ come fare un preorder, con il gioco già bello pronto che ti aspetta. Invece ogni volta che si supporta un titolo su Kickstarter c’è la possibilità che quel titolo non esca mai. Può essere anche solo una remota possibilità ma è sempre lì, e bisogna essere consapevoli di star correndo un (seppur minimo) rischio. Prima la gente lo capisce e meglio è per tutti. Questo vale per i giochi singleplayer e ancor di più per i MMORPG, che sono il genere videoludico più complesso e impestato che esista, sia da sviluppare prima del lancio che da supportare dopo.
Don’t panic
Tanti utenti nei commenti su Kickstarter hanno detto che dopo questa storia non finanzieranno più MMO che si rivolgono al crowdfunding, perchè salta sempre fuori qualche grana. E sapete che c’è? C’è che è una scelta assolutamente condivisibile. Nessuno è costretto a finanziare un gioco che è ancora tutto sulla carta, e Kickstarter ha già dimostrato di funzionare meglio per gli indie singleplayer, software che richiedono meno risorse degli MMO e una volta usciti non devono essere supportati sul lungo periodo. Gli esempi virtuosi in questo senso si sprecano: Divinity: Original Sin, Undertale, Pillars of Eternity, Wasteland 2, Shadowrun, Faster than Light, Darkest Dungeon, SUPERHOT, Amplitude, Satellite Reign, Hyper Light Drifter, solo per citare i primi che mi vengono in mente.
In conclusione, Chronicles of Elyria finirà come The Stomping Land, Greed Monger, Pathfinder Online e compagnia? Io non penso, anche se ovviamente non lo posso sapere con certezza. Già solo il fatto che il direttore del progetto ci abbia messo la faccia rilasciando un’intervista sull’argomento è un segno di serietà o, perlomeno, onestà. I ragazzi di Soulbound Studios mi sembrano davvero interessati a portare a compimento una visione, un particolare tipo di design, e meritano fiducia, perchè quel che già sono riusciti a fare pur con una build pre-alpha è notevole (se non mi credete guardate il video in fondo, spettacolare sotto molti punti di vista per un MMO indie). Il potenziale non manca, per cui lasciamoli lavorare senza isterismi.
Dal canto loro i developer devono però ricordarsi di essere sempre trasparenti con il loro pubblico come avevano inizialmente promesso, perchè una community coesa intorno al gioco è il primo passo verso un gran MMORPG e non, possibilmente, un gran delirio.
In altri termini, e perdonatemi il gioco di parole, Chronicles of Elyria e non Chronicles of Delyrio.
Giornalista pubblicista, Plinious trova che non esista niente di più comunicativo dei videogiochi, in particolare quelli online. Da sempre appassionato di gioco di ruolo e MMORPG, ama immaginare ed esplorare mondi fantastici in cui perdersi dieci, cento, mille e una notte. La sua storia online inizia con Guild Wars Nightfall e prosegue con decine di MMO occidentali, da World of Warcraft a Warhammer Online, da Guild Wars 2 fino a Sea of Thieves.
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