Il gioco di ruolo è uno dei generi videoludici più vecchi in assoluto. Anzi, qualcuno potrebbe obiettare che buona parte del pubblico iniziale dei videogiocatori era proprio lo stesso di coloro i quali giocavano spesso di ruolo nella vita reale, e che giochi da tavolo come Dungeons & Dragons abbiano dato il via alla concezione di pensiero che si è poi affermata videogiocando.
Se poi si pensa all’atto del giocare di ruolo, questo è vecchio come l’uomo, ma grazie alle moderne tecnologie è possibile avere tangibilmente davanti agli occhi ciò che per molti secoli è stato relegato solo alla fantasia. È proprio grazie ai mondi virtuali che il roleplay ha raggiunto il suo apice, facendo percepire al giocatore coi sensi, veramente, quel che sta fingendo di fare.
Giocare di ruolo, all’apparenza, vuol dire impersonare un altro personaggio, far finta che esista qualcosa che non c’è. Scindere di fatto la propria persona rispetto a ciò che stiamo fingendo di essere. Nel momento in cui impersona xxDarkLamerxx, elfo dei boschi, Mario Rossi non è più Mario Rossi: all’interno del mondo di gioco, se vuole veramente fare roleplay, è il suo personaggio, che non per forza ha le stesse caratteristiche del suo giocatore, anzi, quasi mai. D’altra parte essere il cattivo Sith consumato dal lato oscuro in un gioco di ruolo di Star Wars non vuole certamente dire andare in giro a massacrare gli innocenti per strada sparando fulmini dalle mani.
Certo, ognuno può dosare il proprio giocare di ruolo come meglio crede: c’è chi dà tutto se stesso e si impersona completamente nel personaggio, e chi invece si scinde di meno, limitandosi a vedere da fuori il proprio avatar, ma magari rimanendo colpito dal mondo plausibile che in un buon GdR dovrebbe aprirsi davanti a lui.
È poi possibile giocare di ruolo in tutt’altra maniera, invertendo cioè completamente il binomio giocatore-personaggio. In quest’ultimo caso, il personaggio È il giocatore: pregi, difetti e caratteristiche del giocatore diventano le stesse del personaggio virtuale, che a questo punto diventa una proiezione del giocatore, e non il contrario, come accade usualmente.
Non è frequente che sia possibile giocare di ruolo in questa seconda maniera, sempre che si possa parlare, a questo punto, di giocare ancora di ruolo. È certamente più difficile che sia fattibile in un RPG fantasy qualsiasi, anche solo per il fatto che è usuale scegliere una razza diversa dall’umano durante la creazione del personaggio.
In altri casi, tuttavia, è proprio la struttura di gioco che porta il giocatore a proiettare se stesso nel personaggio del gioco. È il caso solitamente di giochi singleplayer ben realizzati che fanno comportare il giocatore nel mondo virtuale così come si comporterebbe nel mondo reale se fosse posto in una situazione simile. Si pensi a Mass Effect o Dragon Age, o Baldur’s Gate, Planescape Torment e simili e recentemente un Witcher. C’è anche qualcuno che fa il “playthrough renegade” su Mass Effect e si comporta da pazzo, ma è parte di una minoranza: nella gran parte dei casi, i dilemmi morali così tipici di quei giochi vengono risolti, almeno durante il primo playthrough, non facendo fede ad un ruolo finto, ma appellandosi alla propria unica coscienza.
Al contrario, giochi da temi simili ma gameplay profondamente diversi, come Skyrim o tutti gli Elder Scrolls in generale, portano maggiormente ad immedesimarsi in un vero alter-ego che con il giocatore ha poco o nulla a che spartire. In questo senso verrebbe da pensare che il discrimine sia principalmente la possibilità di personalizzare completamente il proprio personaggio, e tutto ciò che consegue a questo in termini di gameplay e storia. In questi casi il personaggio nasce come un signor nessuno senza nome, circostanza che si realizza negli Elder Scrolls, ad esempio, ma non in un Mass Effect o nei titoli precedentemente citati, dove il personaggio è uno, ha una backstory, e anche se cambia di aspetto esteriore di fatto si porta dietro un passato già precostituito.
Negli MMORPG soltanto una minoranza gioca di ruolo “veramente”, riunita in piccole comunità di appassionati o in server appositi. Di questi lidi io non posso parlare, perchè non sono mai stato appassionato ed anzi ho sempre sentito una certa forzatura nel giocare di ruolo fingendomi qualcun altro.
Tuttavia, non si gioca di ruolo nemmeno nella seconda maniera, complice anche certamente la natura dei giochi online, che lasciano molto meno la sensazione di essere protagonisti e di dover scegliere chissà che cosa, malgrado i più feroci tentativi degli ultimi anni di renderli sempre più simili ai single player, almeno dal punto di vista della trama.
Un esempio virtuoso degli ultimi tempi, e forse l’unico gioco che offre davvero tutti gli strumenti per completare quell’inversione giocatore-personaggio che permette di giocare di ruolo in tutt’altra maniera, è GTA Online. Di fatto un “simulatore della vita che non faresti mai”, GTA Online permette al giocatore di trasferire se stesso nel mondo di gioco, comprensivo di vizi, difetti e tutto ciò che ci rende persone. Non è una questione di scelte o dilemmi morali, ma semplicemente di variegate possibilità di interazione lasciate al giocatore. Il mondo è quello di oggi; i vestiti, le macchine, i luoghi pure. Si può, a patto di satirizzare se stessi, giocare di ruolo all’opposto, ed è bellissimo.
Su GTA Online posso invitare Plinious a casa mia vestendomi con una felpa arancione esattamente come faccio nella realtà, fumando come un tossico mentre lo aspetto guardando dalla finestra: in quel momento non c’è un altro personaggio, ma ci sono io nel mondo di GTA. La quantità di piccole finezze lasciate da Rockstar all’interno del mondo di gioco permettono un roleplay divertente, mai banale e soprattutto verosimile (seppure, appunto, satirizzato). Alcuni esempi lampanti di queste finezze sono tutta una serie di azioni possibili con gli oggetti di gioco all’interno di luoghi “neutri” come appartamenti o uffici; la stessa idea di housing peculiare di GTA Online; il gesto “point” azionabile con B, che permette al proprio PG di indicare qualcosa col dito. La componente ruolistica, seppure non sia quella principale, è insomma ben inserita e non pesa minimamente, anzi viene incentivata.
Seppure GTA Online sia ancora lontano dalla perfezione contenutistica, soprattutto perchè non è altro che una parte di un gioco ben più ampio, è di sicuro l’esempio migliore di un titolo che ha fatto di questo secondo tipo di concezione del gioco di ruolo la sua bandiera, e l’auspicio è che non sia, in futuro, l’unico.
Ad Asczor piace videogiocare e soprattutto videogiocare bene. I giochi per lui vanno fruiti sfruttandoli fino in fondo al meglio delle proprie capacità. È per questo che Asczor s’incazza, e non poco, quando i giochi non rispettano i suoi standard di qualità. Però ha sempre le sue buone ragioni per farlo e, al contrario, non manca mai di lodare i giochi meritevoli. Peccato che siano davvero pochi.
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