Incredibile ma vero, ecco un nuovo editoriale del sottoscritto. Innanzitutto faccio una doverosa introduzione per scusarmi della mia scarsa presenza in queste settimane. Non è per disaffezione al progetto che ultimamente non ho più scritto di mio pugno, anzi. MMO.it mi entusiasma sempre di più. È solo che devo laurearmi e, vi assicuro, non è facile conciliare la laurea col coordinamento di un sito. È una spada di Damocle che devo reggere, ma non temete: che vada bene o meno, a fine mese consegno la tesi e da giugno posso tornare a dedicarmi agli amati MMO.
A proposito di MMO, pochi giorni fa è uscita una notizia che mi ha fatto riflettere. In un’intervista al sito GamesIndustry.biz il lead director di The Elder Scrolls Online Matt Firor (uno che ha creato anche Dark Age of Camelot, non proprio l’ultimo arrivato) si è detto impressionato dei nuovi utenti portati dal porting del gioco su console e contento che TESO non sia diventato free to play alienando i vecchi giocatori. E fin qua ok, tanto quanto. Dopodichè però Firor inizia a parlare MMO nel senso più generale del termine, e ne escono un paio di cose interessanti.
Prima di tutto Firor dichiara che una volta i termini “MMO” e “MMORPG” erano intercambiabili, avendo di fatto la stessa valenza, mentre oggi molte software house hanno dissociato i due concetti, ZeniMax compresa. Poi continua dicendo: “Con MMO oggi si intende una tecnologia, non un game design. Qualsiasi gioco che permetta a milioni di persone di giocare assieme è un MMO. Non direi neanche che ESO è un vero MMORPG; intendo dire, ha delle feature tipiche del genere, ma ha anche feature che non ne fanno parte. ESO è una cosa a parte”.
Ora, sono contento che Firor mi abbia dato ragione, dato che è già da un po’ che vado dicendo che TESO (ma si dice TESO o ESO? boh), più che un MMORPG, è un massively singleplayer online role-playing game (Cyrodiil a parte). Il che, tradotto con un acronimo, dovrebbe fare più o meno MSORPG. Ma lasciamo stare gli acronimi impronunciabili e concentriamoci sul succo del discorso. In questi anni la percezione di cosa sia un MMO è cambiata, e secondo il buon Firor una volta si intendeva un genere videoludico preciso, fatto di certe regole ed approcci al gameplay (la necessità di gruppare, di essere in una gilda per affrontare i contenuti end-game, eccetera), mentre oggi con MMO ci si riferisce a una tecnologia che consenta a milioni di player di giocare assieme (si pensi ai megaserver).
È una visione forse un po’ semplicistica delle cose, ma sicuramente c’è un fondo di verità, e probabilmente anche qualcosa in più. I cambiamenti del mercato hanno modificato il modo in cui i giochi massivi vengono sviluppati dai developer e accolti dal pubblico: Destiny prima e The Division poi l’hanno dimostrato per le console. Quel che è certo è che si tratta di uno spunto interessante da parte del padre spirituale di molti mondi virtuali, spunto su cui riflettere se vogliamo continuare a indagare l’MMO-sfera e capire come il genere massivo sia cambiato, anche concettualmente, in questi anni.
Ora la palla balza a voi: che ne pensate? Siete d’accordo con la definizione data da Firor? Gli MMO rappresentano una tecnologia o un design ludico?
Giornalista pubblicista, Plinious trova che non esista niente di più comunicativo dei videogiochi, in particolare quelli online. Da sempre appassionato di gioco di ruolo e MMORPG, ama immaginare ed esplorare mondi fantastici in cui perdersi dieci, cento, mille e una notte. La sua storia online inizia con Guild Wars Nightfall e prosegue con decine di MMO occidentali, da World of Warcraft a Warhammer Online, da Guild Wars 2 fino a Sea of Thieves.
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