Il sandbox non esiste più. Pareva fosse il salvatore della patria quando si scatenò l’impari lotta con l’allora dirompente theme park, e per un po’ è stato effettivamente così. Ora mi direte che non è vero, che Albion online e Tree of Savior dimostrano che il sandbox è vivo e vegeto e lotta con noi. Ok, ma stiamo appunto parlando di due giochi che definirli di nicchia è già un complimento, per quanto validi.
Il problema è che il sandbox nudo e crudo non genera profitto. Se ne sono accorti i distributori, se ne sono accorte le major, e ci hanno pure posto rimedio. Come? Hanno estrapolato l’elemento principale, e cioè il PvP e ne hanno fatto un e-sport, oppure il fulcro del nuovo multiplayer. E tanto basta. Il resto dei contenuti, ma edulcorato attraverso una linea guida che non produce nuovi EVE Online, intendiamoci, ma prodotti ibridi, è stato incanalato nel cosiddetto sandpark tanto caro agli orientali, vedesi ArcheAge ma anche il pluriosannato Black Desert Online, che certo lasciano molta iniziativa ai giocatori intraprendenti, specie da un certo livello in s, ma non disdegnano per motivi anche commerciali di lasciare percorsi guidati anche per gli (ex) amanti del theme park.
Il player-driven rimane dunque un’utopia? Non del tutto ma ormai è un miraggio farlo funzionare “per tutti”. Ed è legato al guadagno commerciale, il ritorno economico che i publisher hanno e dove in un modo o nell’altro i casual player fanno sempre il loro dovere.
Se fenomeni particolari come appunto la CCP (ma ricordiamoci che un secondo tentativo come World of Darkness non è andato a buon fine) ed un po’ meno come puristi alla Darkfall resistono imperterriti su certe coordinate, ormai pare lontano il tempo in cui “tutti ci credevano”. Ora si è capito che far governare tutto ai giocatori può funzionare solo in alcune circostanze ben delimitate. Altrimenti la “caciara” si trasforma subito in un battle royale epico dove più che collaborare i giocatori si scannano fra loro. Ecco perchè gli unici veri sandbox che funzionano a meraviglia sono i survival, perché è il genere stesso che prevede la sopravvivenza del singolo sopra quella del gruppo, anche se costretto a collaborare per un periodo di tempo.
Cosa prevedere per il futuro? Non penso che il sandbox puro possa avere la faccia tosta di voler essere ancora quello che si vantava di essere tempo fa. Ha capito la lezione, gli è servito per crescere e anche se molti, pure tra gli addetti ai lavori, continuano a dire che sia la realtà dei fatti, rimane consapevole del fatto che non sia così. E’ una componente fondamentale che nel tempo è mutata. Si è adeguata alle circostanze, ha saputo adattarsi e rinascere sotto diversi nomi e situazioni. E lascia ormai il segno in una moltitudine di generi diversi, anche se da solo non è più un genere.
Ne sentiremo ancora parlare, ma sotto mentite spoglie.
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