Daybreak Games ha almeno centrato un obiettivo. Quello di avere un nome appropriato alla fine di un’era. Prendendo alla lettera “daybreak”, ovvero rompere il giorno, quello della speranza in un ritorno dei bei tempi andati. Una volta urlavamo di tutto contro Sony Online Entertainment: di casini, nella sua vita, lo studio ne aveva di certo combinati tanti, ma alla fine della fiera (e non dell’Era) il buon Smedley di cose belle ne aveva fatte. In fin dei conti ci ha regalato signori giochi come EverQuest, a cui dobbiamo quasi tutto, ed anche meno “signori”, come Matrix Online, che ricordo comunque con nostalgia per quella “voglia di evento” che insieme a Warner aveva dato il via a (questa volta sì) un’era di eventi in-game, che ancora oggi spopolano dal free to play cinese fino al tripla A occidentale.
Ebbene, la casa che bene o male ci ha fatto conoscere Star War Galaxies ha chiuso col passato per cadere nel “buco nero” di Daybreak Games, che già non prometteva bene fin dall’inizio, e che ora oscura EverQuest Next. Vaporware? Secondo le ultime dichiarazioni pare di no, ma attenzione che, insieme al tanto chiaccherato Project Titan di Blizzard, EverQuest Next perpetua la distruzione del proseguimento MMORPG secondo uno stilema classicamente incentrato sulla tradizione. Tradizione di un periodo che pare non esistere più, quello del theme park inteso come pro-genitore e che per eoni ha segnato il nostro mondo, e che lascia spazio alla distruzione del suffisso RPG nella parola MMORPG, visto che MMO (e noi su MMO.it ne siamo la testimonianza) ormai è diventato l’accezione ampia del Messia a tutti gli effetti.
EverQuest Next e Project Titan lasciano un vuoto di identità nelle cosiddette “major”: Blizzard non sa cosa fare del presunto successore di World of Warcraft. Si gioca il suo combat system, cioè quello presunto di Titan, in Overwatch, mentre la fu SOE, ora Daybreak, soffre nel considerare decente un successore di EverQuest. Insomma, alle pietre miliari i loro stessi creatori non sanno dare una nuova risposta. Fine di un’era? Forse sì. Perlomeno intesa come richiesta di mercato. Ora si pensa che un certo tipo di prodotto avrebbe aspettative troppo alte, oppure, per contro, che possa risultare troppo simile a giochi già usciti. Sta di fatto che quel “non era abbastanza divertente” ci fa pensare, ancora una volta, che quando una softco inizia a pubblicizzare un prodotto, con tanto di demo, trailer cinematografico, artwork ed affini, in realtà non ha in mano che un pugno di mosche, una sostanza inanimata che circola pulsante solo nella testa e nei desideri degli sviluppatori, ma che alla fine, proprio come il fu World of Darkness, non ha ancora nulla di concreto.
Forse il problema di fondo, a fronte anche dei licenziamenti che Carbine Studios ha sofferto in questi giorni, è che l’inventiva media di chi programma oggi un certo tipo di giochi non è minimamente all’altezza di chi lo faceva in passato. Oppure che oggi non c’è più, da parte delle generazioni intermedie, quella voglia d’impegnarsi a fondo che avevamo noi quando le alternative erano poche. Ora un videogame massivo per rimanere nella mente degli spettatori e per non far loro cambiare canale, vista l’offerta immane sempre a disposizione nella giungla del free to play, early access, beta, alpha e compagnia danzante, deve stupire da subito bruciando le tappe sparandoti una grafica esagerata addosso e precipitandoti subito nell’azione PVP come se piovesse.
Una volta si costruivano universi. Ora si cerca di mantenere vivo il quartiere il più a lungo possibile. Ma dopo Titan, World of Darkness ed Everquest Next il cerchio della fine dell’Era si completa. Ora se ne aprirà per forza di cose una nuova, come corsi e ricorsi storici insegnano. Si prega la next big thing di fare in fretta ad arrivare, grazie.
Ragazzi, a prescindere dai pareri, che rimangono personali, mi fa piacere che si commenti in questo modo, a poco dal lancio di MMO.it. Continuate così!
Cmq ieri erano 17 anni di EQ ;)