L’uscita di Resident Evil 3 Remake durante la pandemia di Covid-19 è un fatto che difficilmente mi farà dimenticare questo capitolo della saga. Un tempismo quantomeno perfetto per rilasciare un prodotto la cui narrativa affronta una minaccia batteriologica di grandi proporzioni, nata nei laboratori della Umbrella in quel di Raccoon City. Insomma, un contesto globale di pandemia che fa da sfondo all’uscita di un capitolo di una delle più grandi saghe zombie mai create.
Se gli zombie erano riusciti, durante gli anni ’70 e ’80, a catturare l’attenzione e la paura del pubblico attraverso il loro lato orrorifico e l’introduzione nel genere dell’elemento del contagio, adesso sicuramente potranno vivere nuova vita. Il filosofo Maxime Coulombe attribuiva il successo degli zombie come fenomeno culturale ad una grande metafora con l’AIDS. La metafora è piuttosto calzante con il virus degli zombie, poiché il corpo di un infetto, anche se considerato vivo, è comunque destinato alla morte e al contagio del prossimo.
La narrazione di Resident Evil, saga ideata da Shinji Mikami nel lontano 1996, introduce nel genere un fattore di grande importanza, ovvero la creazione del Virus T e la sua diffusione da parte di una compagnia privata: la Umbrella Corporation. Una nota di complottismo che rende il tutto molto più affascinante per lo spettatore che, inconsciamente, rimane più intrigato dall’intreccio narrativo e dalle collusioni dei vari personaggi con il potere politico ed economico.
L’operazione di remake di alcuni dei grandi classici della saga è un’occasione di completo mutamento per un franchise che ha vissuto sulla sua pelle cambiamenti radicali nel medium videoludico, riuscendo sempre a riadattarsi ai tempi e ai trend del momento. Resident Evil è infatti partito da una cinematografica in terza persona, per poi arrivare infine alla prima persona: scelte di design significative che hanno portato sempre con sé il passato survival di Resident Evil, acuendolo in alcuni capitoli e invece attenuandolo in altri (su questo punto potete trovare un approfondimento nella puntata del Tik Talk, nostro format in live su Twitch).
Resident Evil 3 Remake è uno di quei capitoli il cui l’elemento survival è stato attenuato (rispetto ad esempio al remake precedente di Resident Evil 2). Il prodotto fruito possiede toni leggermente diversi sia dal suo predecessore che dall’opera originale, preferendo un approccio più action e cinematografico: un elemento presente non soltanto nell’intreccio narrativo, ma anche nelle scelte di gameplay e level design.
Capcom propone un prodotto partendo da un mix vincente, ma lo sfrutta soltanto a metà. Un titolo sicuramente di alto livello che però non riesce ad esprimere tutto il suo potenziale, castrando l’esperienza di gioco senza approfondirla nei dettagli.
Vediamo ora più nel dettaglio quali sono i punti di forza e i punti di cedimento di questo remake di Resident Evil 3, sviluppato ed edito da Capcom e distribuito in Italia da Halifax Italia. Il prodotto è disponibile all’acquisto dal 3 aprile su PC tramite Steam, PlayStation 4 e Xbox One al prezzo di 59,99€.
What’s the plan? Go to the Winchester and have a nice cold pint
L’agente della S.T.A.R.S. Jill Valentine e l’agente della U.B.C.S. (sezione batteriologica della Umbrella) Carlos Oliveira si ritrovano a dover fuggire dalla città di Raccoon City durante l’epidemia causata dal Virus T, incappando però in una serie di segreti che portano i due protagonisti ad imbarcasi in un’avventura perigliosa.
La narrativa di Resident Evil 3 Remake è costruita in maniera lineare, senza particolari tecnicismi se non un cambio di personaggio in alcune fasi di gioco. Per la maggior parte della partita vestiremo i panni di Jill, agente speciale caratterizzata ottimamente e che non casca in stereotipi di genere particolarmente fastidiosi. La sua tenacia e la sua determinazione saranno la colonna portante della campagna e motiveranno il giocatore alla scoperta della verità che si cela dietro a questa anomala epidemia. Un modello femminile non sessualizzato che ha visto lo stesso trattamento che ha subito il personaggio di Lara Croft, ovvero una caratterizzazione e un design più realistico. Rispetto all’opera originale Jill Valentine non indossa più stivali alti coi tacchi, gonna e top blu elettrico senza spalline, bensì anfibi, jeans e top blu con spalline e canottiera sotto: un look decisamente meno sessualizzato e molto più attinente al contesto.
Il personaggio di Carlos, con il quale affronteremo alcune fasi di gioco, è anch’esso caratterizzato ottimamente, descrivendo un personaggio non dei più originali, ma che muta nel corso della storia assieme agli avvenimenti, senza risultare un soldatino cristallizzato, ma acquisendo coscienza del suo ruolo. Un personaggio estremamente diretto e trasparente nel rapporto con gli altri, che trova sempre le parole giuste per l’occasione giusta ed esce fuori dal suo guscio di ingenuità durante la storia.
Si tratta di intreccio narrativo che riesce a tenere sempre alta l’attenzione con un climax ascendente ben studiato. Tuttavia a tarpare le ali è una conclusione frettolosa e con una morale finale poco sentita nel corso della narrazione: il tema dell’avidità dell’uomo che emerge nelle fasi finali è calzante, ma poco approfondito nelle 4 ore e 30 che ci portano al completamento del gioco. Questo rappresenta il punto più critico della produzione che ha tagliato parti del prodotto originale, tagliando anche di conseguenza la durata complessiva del titolo. L’enorme spreco di potenzialità è infatti visibile in alcuni aspetti della narrazione abbozzati e poco approfonditi, soprattutto quando l’intenzione è quella di far risaltare una morale o di formulare una critica alla società.
Dal punto di vista del gameplay, alla fine di ogni run della storia si ottiene un punteggio in lettere a seconda di quanti salvataggi abbiamo fatto, quanto tempo ci abbiamo impiegato e quante volte siamo morti. Inoltre è possibile guadagnare dei punti completando delle sfide, sostanzialmente degli achievement che danno punteggio come ad esempio “elimina 100 nemici con il fucile a pompa”. Ad aumentare la longevità del gioco c’è la possibilità di rigiocarlo con nuovi perk e armi. Questi punti possono essere spesi acquistando potenziamenti dal negozio nel menu principale, ottenendo così vantaggi durante la nuova partita che permettono di scoprire più segreti o finire in meno tempo la storia. Tutto questo innesca una sequenza di acquisti e nuove partite che, comunque, si esaurirà in breve tempo.
È stata poi introdotta una modalità multiplayer online chiamata Resistance: una modalità dal gameplay asimmetrico in cui quattro giocatori dovranno cercare di sopravvivere contro orde di zombie comandate da un altro giocatore, che approfondiremo in un altro articolo.
La parola “remake” lasciava agli sviluppatori la possibilità di attingere dall’opera originale per ridisegnare completamente non soltanto la veste grafica, ma anche i temi e la loro profondità. Le potenzialità per un action horror di tutto rispetto c’erano tutte, ma purtroppo sono state sfruttate a metà, realizzando un buon gioco che però poteva essere molto di più. Stando così le cose la durata totale dell’esperienza è molto breve per qualsivoglia approfondimento narrativo, e lascia eccessivo spazio alla spettacolarizzazione e poco all’approfondimento del contenuto.
What do you need? Guns, lots of guns
I toni di Resident Evil 3 Remake, come accennato prima, si declinano attraverso una costruzione molto più action rispetto allo standard della serie. Questo è reso palese da svariate cutscene e quick time event, ma anche attraverso la possibilità del giocatore di schivare gli attacchi: con il giusto tempismo, infatti, è possibile schivare completamente molti degli attacchi dei nemici.
Il design dei combattimenti e degli encounter è strutturato per far utilizzare al giocatore molti proiettili: questi sono sparsi in grandi quantità lungo tutte le mappe di gioco, rendendo praticamente impossibile rimanere senza colpi. La grande presenza di proiettili stempera un po’ l’atmosfera di gioco, poiché mette il giocatore nella possibilità costante di difendersi efficacemente: questo elemento attenua di molto l’atmosfera orrorifica, che però riesce a ribilanciarsi grazie alla presenza del Nemesis (di cui parleremo più tardi) e alla struttura labirintica di alcune aree.
A controbilanciare le tonnellate di proiettili ci pensa un ottimo level design che mette il giocatore in una situazione svantaggiosa, equilibrando l’esperienza. Gli ambienti e i livelli sono stati progettati in maniera meticolosa e restituiscono un’ambientazione horror di tutto rispetto, nonostante la tipica meccanica di backtracking sia ridotta rispetto al precedente remake. Il coinvolgimento spaziale e la conoscenza dei livelli rimangono un punto centrale del gameplay, ma non sono necessari per la scoperta dei segreti e per il backtracking. Anche l’elemento degli enigmi, tipico della saga di Resident Evil, è stato attenuato: il gioco infatti contiene pochi enigmi da risolvere e punta l’attenzione su altri fattori di gameplay.
Il design in generale si pone su un buono livello, sfruttando caratteristiche di gioco diverse da quelle degli altri capitoli e concedendo al giocatore molto più potere di risposta in ambienti più claustrofobici e di tensione.
Il famoso inventario a griglie fa il suo lavoro, concedendoci uno spazio limitato e costringendoci ad equipaggiarci in maniera attenta a seconda di dove stiamo andando. A tratti può essere davvero frustrante, ma è progettato apposta per costringerci ad una scelta oculata del nostro equipaggiamento. Possiamo depositare gli oggetti che non utilizziamo all’interno delle casse sparse nei punti di salvataggio tra le varie aree. È inoltre possibile combinare alcuni oggetti per ottenere munizioni o oggetti di cura, attraverso un sistema molto intuitivo e semplice: si tratta di una meccanica di crafting di contorno, che potrebbe essere sfruttata meglio e ampliata in previsione di Resident Evil 8.
Nemesis: un rapporto tossico
“Corri, scappa, c’è il Nemesis!”
– Poeta sconosciuto
Se i giocatori non avessero ben chiaro che cosa sia il fenomeno dello stalking, vedere il rapporto che il Nemesis ha con la nostra protagonista permetterà loro di acquisire sicuramente più consapevolezza del fenomeno. Questi è un mostro gigantesco che tenta in ogni modo di ucciderci e sarà la nostra spina nel fianco per tutta la durata della storia.
E se nell’opera originale la sua presenza incuteva timore nonostante la sua mobilità molto ridotta, adesso questa sensazione è portata all’estremo. La sua agilità in questo remake è spaventosa e sarà normale vederlo saltare a destra e sinistra su palazzi ed elementi della mappa nel tentativo di tirarci un colpo mortale. Le boss fight che affronteremo saranno esclusivamente contro il Nemesis in tutte le sue forme evolutive, essendo lui un arma biotecnologica con grandi poteri rigenerativi e grande capacità di adattamento. Queste sessioni di combattimento sono impostate equamente, garantendo una sfida interessante senza rendere l’esperienza frustrante. Ogni volta che ci capiterà di morire sarà solamente per errori da noi commessi durante la pianificazione della battaglia e non dovuti ad un eccessivo sbilanciamento verso il nostro avversario che, seppur molto forte e oggettivamente spaventoso, ha un moveset ben visibile e varie fasi che non è difficile comprendere e imparare strada facendo.
Nemesis ci perseguiterà non soltanto nelle boss battle, ma anche durante alcune normali sessioni in ambienti urbani. Questo rende interessante la partita aggiungendo un ulteriore elemento di stress che ci accompagna anche durante fasi di backtracking o nelle quali dobbiamo trovare oggetti importanti per la missione. Fortunatamente fermarlo anche durante queste fasi non sarà difficile: basterà utilizzare il proprio arsenale ed interagire con l’ambiente circostante per fargli esplodere a fianco un barile o per sovraccaricare dei generatori di corrente elettrica. Una volta colpito in alcuni punti deboli il Nemesis si fermerà per qualche secondo, permettendoci di scappare e di riorganizzarci per quando lo incontreremo nuovamente.
Se già era normale provare un senso di angoscia solo a guardare il Nemesis, per via della conformazione body horror, adesso questa è aumentata esponenzialmente. Questo gigantesco bestione è il nostro stalker ufficiale che ad ogni sua comparsa mette agitazione, rendendo le sequenze molto più stressanti.
Comparto grafico e sonoro
Il motore grafico utilizzato da Capcom è il RE Engine, motore proprietario che è già stato utilizzato in altri capitoli della serie e in altre produzioni: il RE Engine infatti era presente non solo in Resident Evil 2 Remake e in Resident Evil 7, ma anche in Devil May Cry 5. E non a caso: si tratta di un motore grafico estremamente ben congegnato che garantisce un’ottima qualità dell’immagine e un’ottima stabilità del frame rate, il tutto senza avere richieste hardware eccessive.
Il livello di dettaglio è davvero notevole e la mimica facciale dei personaggi e ben realizzata, esattamente come i modelli e le ambientazioni. La fotografia e la gestione delle luci e delle ombre è magistrale ed evoca alla perfezione la tensione necessaria ad un titolo di questo genere.
Infine il comparto sonoro rappresenta un altro punto a favore realizzato, sia per la colonna sonora che per il sound design. I rumori di ogni singolo zombie e del Nemesis sono stati realizzati magistralmente, riuscendo a rendere chiaramente l’idea di ciò che sta avvenendo a schermo o alle nostre spalle. La colonna sonora imposta il ritmo giusto per l’azione di gioco senza scavalcarlo eccessivamente. Resident Evil 3 Remake è completamente doppiato in italiano, con un ottimo voice acting che restituisce appieno la caratterizzazione di Jill e Carlos.
Dal punto di vista tecnico questo nuovo remake si attesta quindi su un ottimo livello: un completo lavoro di restyling necessario per un Resident Evil 3 invecchiato un po’ male e troppo in fretta.
CONSIDERAZIONI FINALI
Resident Evil 3 Remake è un buon prodotto con una narrativa semplice ma ben strutturata, nonostante la chiusura un po’ frettolosa. Il gameplay strizza l’occhio all’action, cercando di restituire al giocatore un’esperienza adrenalinica e con dei toni horror un po’ più attenuati rispetto al remake del capitolo precedente. Le fasi di gioco sono ben scandite e il level design riesce a ricreare ottimamente una Raccoon City distrutta dell’epidemia zombie.
Il comparto tecnico e sonoro completano il prodotto con un motore grafico molto stabile e stilisticamente ben delineato e una colonna sonora ben scritta ed eseguita, che accompagna il giocatore durante tutta l’avventura. La valutazione è però inficiata dalla scarsa durata della campagna, di sole 4 ore e 30.
Studente di Scienze Politiche e Sociali, Damians è appassionato di videogiochi, film, serie TV e fumetti. Ah e non dimentichiamo anche la musica e, ovviamente, la politica. Discute di queste cose in continuazione e ha sempre qualcosa da dire. Dentro MMO.it ha finalmente trovato lo spazio per continuare a parlare di ciò che gli piace senza assillare i passanti. Insomma, una fortuna per la quiete pubblica.
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