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Blizzard banna per sei mesi anche l’American University team che aveva supportato Hong Kong

Blizzard banna per sei mesi anche l’American University team che aveva supportato Hong Kong

Ancora una volta si parla di Blizzard e del suo attuale difficile rapporto con la censura. È notizia di oggi infatti che il team American University, di cui avevamo parlato brevemente riassumendo le polemiche che avevano contornato la scelta di Blizzard di bannare Blitzchung, è stato bannato per sei mesi. Una sanzione pertanto uguale a quella comminata a Blitzchung stesso.

Il team aveva esposto un cartello in diretta streaming nel corso di una partita ufficiale di Hearthstone, durante il torneo Hearthstone Collegiate, supportando le vedute dei protestanti di Hong Kong. In esso vi era scritto: “Free Hong Kong, Boycott Blizzard”.

La mail del ban è stata prontamente diffusa su Twitter, e non ha mancato di suscitare le ennesime critiche accesissime, lì e su Reddit, dove non si vede l’ora che la BlizzCon inizi per prendere i popcorn e gustarsi il preannunciato drama.

La motivazione del ban è ovviamente da ricercarsi, dice la mail, in “una condotta non consona durante il broadcast ufficiale del The Collegiate Hearthstone Championship”, che ha violato la regola 7.1B.

Questa recita quanto segue: “È proibito ai partecipanti (del torneo) agire in qualsiasi modo, o fare qualsiasi gesto, diretto ad un altro partecipante, ad un Admin di Tespa o a qualsiasi terzo, che sia offensivo, insultante, canzonatorio o polemico, e lo stesso vale se si è incitato un altro a commettere le stesse azioni.”

Volendo analizzare giuridicamente e in modo un po’ scolastico e letterale (ma interessante) la motivazione del ban, si può giungere legittimamente a tre conclusioni differenti:

  • 1) Il team è stato bannato perché l’affissione del cartello con su scritto “Free Hong Kong, Boycott Blizzard” è offensiva, insultante o canzonatoria nei confronti di Blizzard.
  • 2) Il team è stato bannato perché la scritta è offensiva, insultante o canzonatoria nei confronti della Repubblica Popolare Cinese.
  • 3) Il team è stato bannato perché la scritta incita altri a offendere, insultare o canzonare Blizzard o la Repubblica Popolare Cinese.

 

Non è chiaro, in altre parole, quale sia effettivamente il soggetto leso: se Blizzard, la Cina o entrambe. Una differenza tutt’altro che secondaria, soprattutto in termini di pubbliche relazioni: se fosse la Cina il soggetto tutelato dalla norma, allora le polemiche che accusano Blizzard di essersi prostrata al gigante cinese per una questione economica prenderebbero nuova linfa.
Se al contrario fosse Blizzard il soggetto che ha subito il torto, allora sarebbe più facile sostenere una sorta di “autodifesa” di Blizzard stessa e della sua reputazione. In altre parole, a casa d’altri non si insultano i padroni di casa.

Ma ancora più interessante è il punto numero 3), cioè quello che prende in considerazione il fatto che la violazione non sia stata commessa direttamente dal team, ma avrebbe potuto portare altri a commetterla. Cioè, l’affissione del cartello avrebbe portato degli altri soggetti (gli spettatori in senso lato? gli stessi protestanti di Hong Kong? i dissidenti cinesi? l’adolescente casuale che guardava lo streaming di Hearthstone?) ad offendere, insultare, canzonare uno tra Blizzard e la Cina, o forse entrambi.

La suggestione di quest’ultima ipotesi è certamente forte, perché prende in esame la geopolitica e fa pensare in grande, ben oltre ai confini di un modesto torneo di un trading card game. Comunque, essa è da intendersi come una semplice riflessione su un messaggio mal costruito e privo di vere e proprie motivazioni, che invece dovrebbero essere ben esplicitate soprattutto a fronte delle polemiche e della tendenza negli ultimi giorni ad interpretare sempre al peggio ogni azione di Blizzard.

 

Fonte 1, Fonte 2

 

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