World of Warcraft compie quattordici anni, mica robetta qualunque. E a giocarci, visto soprattutto quello che c’è sul mercato non si direbbe proprio. I suoi anni se li porta molto bene, e nel tempo ha mantenuto un numero di giocatori a pagamento decisamente stupefacente, da far invidia a chiunque.
Ad agosto, come avevamo già parlato nella prima parte della recensione, è arrivata la nuova espansione, Battle for Azeroth, che ancora una volta ha portato una vagonata di nuovi contenuti, davvero tanti, come nuove zone, una storia ancora rinnovata (e ingarbugliata), meccaniche di gioco e chi più ne ha più ne metta. Di certo il grande successo di Legion, una delle migliori espansioni di sempre, non ha fatto che aumentare l’ansia e l’attesa per la nuova, anche grazie ad alcuni eventi ad hoc e a una pre-patch sicuramente di grande presa. Ora la domanda che ci si pone è proprio se Battle for Azeroth riesce nell’intento di essere ancora più accattivante e rivoluzionaria di quelle che l’hanno preceduta. Ma andiamo con ordine.
Da buon esponente dell’Alleanza mi sono subito tuffato con il mio Demon Hunter alla scoperta della trama, che, devo dire, mi ha fatto venire anche un po’ di mal di testa, visto la complessità del tutto. Ecco allora la storia non proprio allegra di Jaina Proudmoore, tradita dal padre per salvare la pace (vi ricordate il vecchio Warcraft, l’RTS?) che ora cerca a tutti i costi di salvare capre e cavoli e riunire la famiglia all’Alleanza.
Mi si intreccia la trama
Un incipit interessante che però in parte ci fa già capire quale sarà uno dei problemi principali della nuova espansione, e cioè che proprio la complessità e la moltitudine di trame e sottotrame non si intrecciano perfettamente e non giungono ad un compimento tale da far sì che durante il gioco si senta vivo il filo narrativo che invece dovrebbe esserci. Insomma, a volte sembra solo un gran pasticcio di personaggi. Questo si riflette anche sul cuore di Battle for Azeroth, quello che fin dal titolo dovrebbe essere il piatto forte, e cioè la guerra. La guerra fra le due fazioni, che da sempre caratterizza l’ideale di World of Warcraft, mai come in questo caso è detta ma non fatta.
Se in passato, e soprattutto ai tempi gloriosi di WoW vanilla, i server PvP facevano “paura”, ora invece risulta tutto edulcorato, tanto da essere palpabile solo attivando un’apposita modalità, visto che i succitati server sono stati abbandonati. E anche la guerra paventata così fortemente dai trailer cinematografici, che tanto ci hanno colpito prima della release del gioco, alla fine si riduce a non essere avvertita, se non come si avvertiva solitamente, durante l’intreccio del piano a tre catene di missioni che il titolo offre. Certo, le Campagne di guerra vi porteranno a compierne alcune nelle zone dell’altra fazione, ma a mio avviso, specie per gli esperti del gioco, la sensazione non sarà quella che probabilmente gli sviluppatori volevano dare o offrire al pubblico pagante.
Anche se il clima palpabile non è propriamente quello che ispirerebbe a lottare per una posta in palio di valore assoluto, questo non vuol dire che le zone non siano all’altezza della situazione. È davvero sorprendente come Blizzard riesca ogni volta a proporre lande che offrano qualcosa per cui vale la pena metterci piede. E dopo così tanti anni è sicuramente uno dei meriti più grandi che la software house detiene. Le tre zone dell’Alleanza appartengono a Kul Tiras, un’isola del Grande Mare a ovest degli Eastern Kingdoms (Regni Orientali). Terra di umani, marinai e pirati, come testimonia la Baia di Tiragarde, che sembra uscita di peso da un film di Jack Sparrow (ma che ha anche le missioni più banali), essa offre forse la zona più avvincente dell’intera espansione, quella Drustvar che presenta, pur nella sua varietà di situazioni, nevi, aridità e tormenti, un clima plumpeo e velenifico, decisamente arcano e spettrale, avvincente e direi anche per molti versi sorprendente per i mob e gli NPC che si incontrano. Decisamente più banale, invece, Stormsong Valley, così verde e lussureggiante che sa comunque di deja vu e non porta (ma non toglie neppure) fascino supplementare all’espansione.
Pur avendole frequentate meno, è indubbio che anche le nuove zone dell’Orda siano fresche, lussureggianti e cariche di un tipico flavour “all’Indiana Jones”, così pregne di riferimenti maya, aztechi, e generalmente sudamericani. Zandalar non fa che confermare la passione degli sviluppatori Blizzard per certi caratteristici tipi di atmosfere soleggiate che tanto hanno dato alla franchigia nel corso degli anni, e che per un vecchio giocatore come me (in tutti i sensi) non fanno che confermare il fatto che si può continuare a stupire pur nel solco della tradizione.
Il cuore di Azeroth
Dove invece e sicuramente Battle for Azeroth pecca rispetto a Legion è nella scelta di abbandonare le riuscitissime Armi Artefatto a favore dell’Azerite, questo “sangue” che diventa il nuovo fulcro e oggetto di contenzioso per tutto l’universo giocabile dell’espansione. Tutto ruota intorno al possesso di questo materiale: la guerra, l’onore, le armature e la soddisfazione del giocatore, che alla fine non potrà essere così contento della scelta effettuata da Blizzard. Anche perché le personalizzazioni e le abilità risultano alla fine meno appaganti, se non proprio minori di numero, di quel che si poteva godere con le vecchie armi di Legion. L’effetto è discretamente scialbo, purtroppo. E sinceramente vedere il Demon Hunter soffrire per la perdita di abilità dagli artefatti mi sembra insostenibile. Quelle passive che vengono assicurate ai vari componenti dell’armatura del personaggio vedono scricchiolare e serpeggiare il disappunto fin da subito. Certo, il fatto che le abilità varino leggermente a seconda del pezzo di armatura usata costituisce un incentivo per trovarne e provarne di nuove, e soprattutto salendo di livello anche le skill associate sono migliori, ma è propriamente un fatto di sensazione a pelle, di attrazione letale che aveva causato nei player più esperti lo sconvolgimento delle armi leggendarie e che qui invece non si avverte minimamente.
Purtroppo, anche guardandolo da diversi punti di vista, il contenuto non si presta a troppi complimenti, anzi. Dicevamo della perdita di identità dell’afflato guerresco dato dalla dispersione della trama principale in molte sottotrame a uso e consumo delle varie quest. Questo capita anche nelle cosiddette Campagne di Guerra, dove ci si addentra famelicamente in terra nemica, e si compiono alcune catene di missioni in grado di sbloccare nuovi seguaci ma anche nuove fazioni delle razze già presenti in gioco, altro elemento inedito dell’espansione, e già analizzato nell’hands-on scritto dopo l’uscita di Battle for Azeroth.
Il problema è che anche qui non c’è molto di nuovo da raccontare se non che il divertimento può essere adeguato solo se attiverete il tanto chiacchierato War Mode, ovvero il sistema che ha sostituito i server PvP e che consente in ognuno di questi di poter decidere singolarmente se essere passabili di massacro da parte di orde organizzate di player dell’opposta fazione o se (non attivandolo) farsi strada solo a suon di PvE.
Novità?
Un altro elemento di novità sono le Scorrerie sulle Isole, ovvero una sorta di modalità co-op dove due gruppi di tre giocatori si scontrano per la raccolta dell’Azerite in uno scenario generato dinamicamente. Chi arriverà per primo a un certo quantitativo risulterà vincitore. Ovviamente per fare ciò sarà d’uopo ammazzare una bella quantità di mob ed estrarre la risorsa dai giacimenti. Peccato per le ricompense poco soddisfacenti, il vero punto debole della modalità, che per il resto risulta un buon diversivo. Il tutto si svolge in sette isole e, come al solito, attivando la modalità PvP finisce inevitabilmente per essere più accattivante.
Per la prima volta nella storia di un’espansione, poi, Battle for Azeroth è stato introdotto da eventi separati per fazione, l’Assedio di Sepulcra da parte di re Anduin e l‘Incendio di Teldrassil da parte di Sylvanas. Cosa non da poco che testimonia come anche nell’approccio pre-release Blizzard ormai abbia capito che bisogna tenere alta l’attenzione del fan e dare continuità a una storia sempre più epica e intricata. Ora, mesi dopo l’uscita, è stato reso disponibile anche il famoso raid Uldir, una struttura sotterranea costruita dai Titani per studiare e scongiurare la minaccia degli Antichi.
Elemento non trascurabile, e tra i più riusciti, è invece quello riconducibile ai Fronti di Guerra, ovvero un vero proprio RTS dove il giocatore è chiamato a comandare le proprie truppe e a costruire strutture in grado di far progredire la linea offensiva della propria fazione. Battaglia su ampia scala da 20 player, con ricompense importanti come molte missioni aggiuntive. Insomma tanta carne al fuoco, come avevamo sottolineato nella prima parte della recensione. Quello che non avevamo detto non sono tanto i contenuti che qui abbiamo riepilogato, ma il feeling, che a mio avviso rispetto a Legion ha fatto un passo indietro. Forse anche grazie al fatto che quella veniva subito dopo una delle peggiori, ovvero Warlords of Draenor, e per i giocatori è stata una boccata di aria fresca e una grande occasione di rilancio per la franchigia. Battle for Azeroth sembra voler continuare a percorrere la stessa direzione, ma senza rischiare troppo in termini di innovazione: pare quasi che non voglia spingere troppo l’acceleratore per non perdere quanto di buono conquistato con Legion, sia in termini di ritorno giocatori all’ovile, sia in termini di pura programmazione MMORPG.
Ora però è stato annunciato per il 12 dicembre il primo grande update post-lancio, la patch 8.1: Maree di Vendetta, che pare dimostrare come la software house americana voglia correggere il tiro e proporre qualcosa di più di un semplice aggiornamento. Un’evoluzione sul conflitto tra Alleanza e Orda e sugli Elfi della Notte, sconvolti da quanto accaduto nella pre-patch. E poi il tanto atteso raid Alleanza contro Orda, chiamato Battaglia per Dazar’alor e previsto per l’inizio del 2019, con esperienze di gioco e boss differenti per le due fazioni.
Le impressioni di settembre
Quindi, ricapitolando, possiamo dire che le impressioni del primo minuto sono le stesse che si hanno dopo un paio di mesi di gioco. Dieci livelli da completare senza colpo ferire, senza troppi scossoni o difficoltà. Buone divagazioni rispetto alle missioni principali con i Fronti di Guerra e le Campagne, ma niente di più che un mini-gioco, con qualche punto in più per i primi. I dungeon sono nella norma e non aggiungono niente di nuovo a quanto già detto in precedenza, se non fosse per la modalità Mitica+ (soprattutto per il nuovo raid), veramente ben fatta. Il raid stesso non pare brillare per originalità dei mob, e spesso i gruppi che precedono i vari boss sono fin troppo… noiosi. Però c’è da dire che il background del raid è davvero curato.
Una delle pecche che poi si ripercuote su tutta l’espansione è la poca attrattiva che hanno i set di armature potenziate dal cuore di Azeroth (di cui purtroppo si diventa eccessivamente dipendenti). Chiaramente il tutto è paragonato a un passato dove solo l’aspetto estetico faceva emettere mugolii di goduria che ora si sono decisamente estinti.
Inoltre la community dell’MMO di Blizzard, specie i gruppi votati al PUG, è diventata quanto di più maniacale ci sia, e le richieste anche per cose semplici stanno diventando esagerate ed eccessive. Concludendo, World of Warcraft è vivo e vegeto, non c’è dubbio. Lontano dal morire, anzi è ancora il numero uno. Certo che continuare ad aggiungere contenuti è sempre più difficile, soprattutto di un certo peso. E Battle for Azeroth ci riesce fino a un certo punto.
CONSIDERAZIONI FINALI
Battle for Azeroth è la settima espansione di World of Warcraft, che porta avanti la storia dal 2004 in avanti. Non è la peggiore ma nemmeno la migliore, spesso ripetitiva e soprattutto meno convincente della precedente, Legion.
Senza infamia e senza lode, Battle for Azeroth ha il pregio di introdurre ottime storie per le nuove varianti delle razze delle due fazioni, ma rende contorta quella principale e soprattutto, di fatto, non trasmette quel senso di epicità e di tensione per la posta in palio che a parole promette. I contenuti sono tanti ma non tutti all’altezza: non che siano brutti, ma spesso appaiono più come un riempitivo che non come una vera aggiunta di peso al mondo di gioco.
In sostanza Battle for Azeroth si pone senz’altro sopra il livello di Warlords of Draenor ma non raggiunge assolutamente i livelli di eccellenza di Legion. Vedremo se le prossime e annunciate patch, la 8.1 e la 8.2, alzeranno il livello qualitativo.
Lascia una risposta