Guerrilla Games ha fatto parlare di sé negli ultimi tredici anni soprattutto per la saga di Killzone. Sony ha sempre avuto nel team olandese molta fiducia, ripagata dal fatto che allo stato attuale può tranquillamente definirsi come uno dei team first party più importanti, quasi come Naughty Dog e Santa Monica Studio. Non poteva però essere sempre Killzone la vacca da mungere e, finalmente, ci hanno proposto qualcosa di nuovo, fresco e coraggioso, quantomeno per tutto ciò che è stata la loro personale storia. Ecco quindi approdare sulle nostre PlayStation 4 Horizon Zero Dawn, titolo su cui anche noi di MMO.it, seppur in ritardo, vogliamo spendere due parole.
Aloy, PlayStation è la tua vera madre
Abbandonata la prima persona e gli ambienti un po’ chiusi a corridoio tipici degli sparatutto, nonché le sparatorie stesse, diamo un caloroso benvenuto ad Aloy, la nuova protagonista di questa grande avventura. Ci viene presentata come una neonata ancora in fasce, portata in salvo da Rost, un uomo che decide di sacrificare il proprio status sociale per badare proprio alla piccola. Esiliati entrambi dal villaggio dalle matriarche, Aloy e Rost vivono da emarginati nelle terre selvagge e proprio da quest’ultimo lei impara a vivere, o meglio a sopravvivere, trovando così la sua particolare figura paterna. Il mondo che abitano può apparire molto strano, ben distante da quello reale, pieno di creature meccaniche, simili per fattezze a dei dinosauri, e anche gli umani vivono in villaggi come dei primitivi, pur avendo a disposizione materiali piuttosto anacronistici.
Per non rovinarvi il gusto di scoprire pian piano la storia così come Guerrilla ha deciso di narrarvi, vi anticipiamo soltanto che si tratta di un mondo di fantasia proiettato nel futuro, in uno scenario post-apocalittico. Scoprirete culti religiosi che ricordano per certi versi le credenze di civiltà antiche come i Maya, alcune credenze assurde come che la Terra sia piatta e cose di questo genere. Non è dato sapere, almeno fino ad un bel punto della storia, perché esistono i “dinozord” e chi li ha creati originariamente, ma scoprirete molto presto che ne esistono di due tipologie ben distinte: da una parte abbiamo delle macchine che potremmo definire selvagge, che brucano l’erba o difendono il loro territorio come farebbero le loro controparti animali; dall’altra troviamo invece delle macchine molto più pericolose ed aggressive, corrotte da non si sa chi, che paiono quasi fuori controllo e più che mai determinate a assalire e distruggere i villaggi e gli umani che li abitano. Queste macchine in realtà non sono più gestite da una propria intelligenza artificiale programmata, bensì comandate da una pericolosa setta misteriosa.
Tornando a parlare della piccola Aloy, invece, si addentrerà in una caverna sotterranea dov’è custodita parte dei segreti della “civiltà antica”. Qui rinverrà un Focus, un apparecchio molto particolare che funge da proiettore per la realtà aumentata, dandole informazioni preziose e utilizzabile in modo simile alle comuni modalità detective che abbiamo già visto in tanti altri giochi. Un’altra importante feature, che sbloccheremo nelle prime ore di gioco, è quella dell’override, ossia un processo di hacking molto simile a quello della corruzione, che ci permetterà di ottenere, quantomeno momentaneamente e solo per le macchine selvagge che avremo già sbloccato, un alleato sul campo di battaglia.
Parlando di battaglia, non potremo certo andare spogli e impreparati. Inizialmente avremo a disposizione un semplice arco e una lancia per il combattimento all’arma bianca, ma in breve tempo avremo accesso a una serie di upgrade da far impallidire un esercito. Vari tipi di archi da cui poter scoccare diverse tipologie di frecce (incendiarie, folgoranti, congelanti, perforanti e così via), lancia cavi per imbrigliare e piantare al suolo anche le più imponenti e feroci macchine, lanciatrappole per piazzare delle funi pronte ad esplodere, folgorare o incendiare il malcapitato che oserà sfiorarle, oppure delle fionde per scagliare proiettili multifunzione sulla falsariga di quanto già detto per il resto. Avremo a disposizione soltanto quattro slot e starà a noi decidere quali armi stivare e quali equipaggiare. Saltuariamente avremo la possibilità di raccogliere ed usare, con grosse limitazioni, delle potentissime armi da fuoco, che potremmo raccogliere da qualche nemico umano sconfitto o come componente di qualche macchina.
A tal proposito vogliamo chiarire uno degli aspetti più riusciti di tutta la produzione: le macchine. Pur essendo circa una ventina di modelli soltanto, è incredibile vedere con quanta cura siano state realizzate e programmate, fin nei minimi dettagli. Analizzando un esemplare col focus scopriremo tutta l’architettura che c’è dietro, i punti deboli o anche semplici componenti che sono sensibili a un certo tipo di elemento sulla base della loro funzione. Per esempio, colpendo dei serbatoi di vampa (simil benzina/petrolio utilizzato anche nella produzione di munizioni e trappole incendiarie, oltre che dalle macchine come combustibile per le loro fiammate) con attacchi di fuoco, questi esploderanno causando ingenti danni alla creatura. Tutte sono poi costituite da uno spesso strato di corazza, che per loro rappresenta un vero e proprio scudo. È comunque nelle nostre possibilità “spogliare” le macchine di queste lastre metalliche o con attacchi normali e corpo a corpo oppure utilizzando delle frecce specifiche. Ogni singolo elemento può essere colpito e viene distrutto in maniera coerente, senza dimenticare che è possibile staccare letteralmente i cannoni che questi colossi hanno equipaggiati in groppa, tornando poi all’utilizzo menzionato in precedenza.
Tra tecnologia e antichità
Tutto il mondo di gioco è un vasto open world, quasi totalmente esplorabile dall’inizio, con annesse alcune zone al chiuso, come i calderoni o scenari per determinate missioni. La mappa, in particolar modo, è progettata per sembrare un piccolo continente in miniatura. Spostandoci da una parte all’altra noteremo grosse differenze, sia morfologiche che legate alla natura circostante. Alcune zone sono innevate, altre desertiche e rocciose, o ancora verdi boschi lussureggianti che richiamano le foreste dell’Amazzonia. Avremo molto da fare, nei centri abitati e nei villaggi così come nelle vaste zone aperte, che sia aiutare qualcuno, continuare la main quest o dedicarsi alla raccolta di risorse varie, che possono essere o di natura vegetale, animale o meccanica.
Questo è incentivato dalla grossa componente RPG di Horizon, in cui bisogna prima raccogliere e poi utilizzare vari elementi per costruire munizioni, aumentare la capacità delle borse, scambiare con i mercanti per valuta o oggetti particolari e collezionabili vari. A questo va aggiunto anche il sistema di esperienza implementato, che prevede un punto abilità da spendere per ogni level up, mentre altri verranno regalati come bonus al compimento di determinate missioni. Il sistema delle abilità è il tipico ad albero ma non condiziona di per sé lo sviluppo che decideremo per la nostra personale Aloy, quanto semplicemente il percorso iniziale. Un giocatore potrebbe prediligere puntare da subito a perk da combattimento, mentre altri potrebbero optare prima per quelli stealth o anche per il farming. Pochi potenziamenti sono realmente importanti – e siamo convinti che la maggior parte dei giocatori la penserà allo stesso modo e tenderà a sbloccarli per primi, diversificandosi poi solo verso l’endgame – ma tutti sono in qualche modo utili, non per forza indispensabili. In molti casi, già dalle fasi un po’ più avanzate del gioco, sarà fondamentalmente l’arsenale a fare l’effettiva differenza.
Ciò che di Horizon Zero Dawn lascia sul serio a bocca aperta è senza dubbio il comparto grafico, che però non va confuso con quello tecnico. Dal punto di vista visivo, ogni scenario è una gioia per gli occhi. Colori vividi ma non così saturi da apparire innaturali, dettagli curati in quasi ogni elemento del gioco. Gli scenari, la vegetazione, le macchine e la stessa Aloy sono tra le rappresentazioni videoludiche più belle che abbiamo visto fino ad oggi. Non temete: se anche voi vi siete soffermati ad ammirare il panorama, giocando o anche solo guardando un trailer o un video di gameplay, non siete gli unici.
Regia al comando
C’è tuttavia un risvolto della medaglia e, come spesso accade, più alcuni aspetti brillano di luce propria e più gettano ombre su particolari che, di per sé, non rappresenterebbero un problema. Pensiamo ad esempio alle animazioni facciali: Aloy può risultare un po’ apatica, sia in volto che nei toni, anche se si percepisce una cura nel capture che viene anche condivisa con gli altri personaggi principali. Molti altri personaggi, magari relegati al ruolo di comparse per le missioncine secondarie di poco conto, sembrano pupazzi con animazioni standard, quasi sempre con un lipsync assente. Il che ci porta anche ad un secondo grosso problema, cioè la regia. Nel 99% dei dialoghi assisteremo ad una chiacchierata dove tutti stanno fermi a fissarsi e la telecamera che si alterna, anche bruscamente e con qualche bug grafico, su chi parla in quel momento. Le cutscene dinamiche che hanno qualcosa da offrire al giocatore dal punto di vista cinematografico sono poche, davvero troppo poche. Forse è questo uno dei motivi per cui la storia fa fatica a coinvolgere, e questo è un gran peccato. La trama è splendida e la lore eccezionale, purtroppo però il titolo non riesce sempre a trovare un modo concreto di comunicare col giocatore, o di immergerlo in quel mondo. Tutto questo non è per forza un problema a prescindere, ma lo diventa se inserito in una produzione del genere, dove si punta a far brillare tutto il comparto tecnico ma ci si riesce solo in parte. Col senno di poi, siamo ancor più curiosi di vedere quel che, prima o poi, Hideo Kojima riuscirà a tirar fuori dal cilindro, dato che utilizzerà lo stesso motore di Horizon, di proprietà dei Guerrilla Games. Siamo convinti che in futuro queste lacune registiche, oggi forse sottovalutate, risalteranno ancora di più.
Dal lato ludico, invece, Horizon Zero Dawn funziona abbastanza bene ma anche qui si notano alcuni limiti, probabilmente di esperienza, degli sviluppatori che – ricordiamo – si cimentano per la prima volta in qualcosa di molto distante da ciò che erano abituati a programmare. Il combattimento melee, per fare un esempio su tutti, non è pienamente soddisfacente, poiché ogni attacco fa un utilizzo eccessivo di script. Questo può anche andar bene per le fasi stealth, ma in combattimento aperto può risultare fastidioso veder sciare Aloy per colpire un nemico fuori portata con la sua lancia solo perché ormai era stato “lockato” un attimo prima che partisse l’animazione. Anche nelle fasi esplorative c’è qualche neo, ma se non altro risulta molto più in linea con le recenti produzioni di genere. Basti vedere il sistema utilizzato per la scalata, dove non è possibile arrampicarsi su qualsiasi superficie o appiglio (d’altronde mica tutti i giochi sono Zelda: Breath of the Wild, NdPlinious). Gli appigli infatti sono evidenziati e riconosciuti come tali solo in presenza della classica pitturina giallastra, che manda il chiaro messaggio al giocatore di “hey, ti puoi aggrappare qui!”, cosa che avrete notato sicuramente in altri titoli, anche recenti. Il problema è che il tempo passa, gli standard si alzano e vedere questi mezzucci per tener sotto controllo un gioco, in gergo “working as intended”, un po’ fa comunque storcere il naso. Ci saremmo aspettati un’avventura più libera, coinvolgente e appassionante ma, come dicevamo, si fa fatica per tutti questi piccoli intoppi.
L’ultima nota è per il framerate, di norma molto stabile e che garantisce una godibilità piena e fluida dell’esperienza, pur limitandosi a 30 fotogrammi al secondo. Avendo potuto giocare su PS4 Pro, ci saremmo aspettati che la modalità per giocare in Full HD favorendo le prestazioni avesse portato il limite fino ai fatidici 60, mentre invece risulta essere semplicemente un modo per non stressare troppo la console con il supersampling.
CONSIDERAZIONI FINALI
Horizon Zero Dawn è senza dubbio un gran gioco che aggiunge valore alla libreria esclusiva di PlayStation 4. I ragazzi di Guerrilla Games possono essere orgogliosi del loro lavoro ma, forse, non totalmente appagati. In questo magnifico open world abbiamo infatti trovato un’avventura all’altezza della protagonista ma, proprio come Aloy, la serie ha ancora un grande margine di crescita per potersi migliorare e perfezionare.
Per tutti questi motivi siamo fiduciosi per il futuro, nonché speranzosi di vedere anche un sequel, dove tutta l’esperienza accumulata dal team di sviluppo possa essere realmente valorizzata. Se, quindi, avete una PS4 e vi piacciono i giochi d’avventura con qualche componente ruolistica, molto probabilmente non rimarrete delusi e potrete godervi decine e decine di ore di intrattenimento.
Una recensione sulla quale concordo pienamente, mi sento di dire che certi giochi non dovrebbero essere esclusive poichè tutti dovrebbero avere la possibilità di apprezzare titoli di questo calibro.
Vero, come anche Zelda BotW!
Vero ma in parte. C’è da considerare che il business delle esclusive tira avanti il mercato console. Se tutti diventassero tutti produttori software, lasciando in piedi praticamente solo i pc o rebrand (tipo un pc versione Sony e uno di Microsoft e uno Nintendo, ma tutti compatibili con tutto), credo che diventerebbe un mercato troppo difficile.
Però diciamo la verità, sarebbe uno spettacolo avere tutti i giochi migliori sulla stessa piattaforma :)
Sarebbe uno spettacolo pure svegliarsi con tre gnocche bisex nel letto :D poi, purtroppo, c’è da fare i conti con la realtà
E’ uno spettacolo.