Overwatch è un nome che, negli ultimi giorni, sta rimbombando ovunque con una frequenza quasi illegale. Lo sparatutto di Blizzard è in cima alle classifiche dei giochi più visti su Twitch, i suoi personaggi sono su ogni parete, poster o video internettiano, e tutti i forum – anche quelli solo marginalmente legati al mondo dei videogiochi – contengono ormai una qualche discussione che lo riguarda. E la discussione è sempre spezzata in due: tra coloro che lo osannano come salvatore di un genere e assoluto culmine di tutto ciò che sono gli sparatutto competitivi online, e chi lo snobba ritenendolo un titolo troppo accessibile e semplificato per valere davvero qualcosa.
La verità, come al solito, non la si trova mai nel fanatismo. Overwatch è infatti uno sparatutto che riutilizza furbescamente molti sistemi già visti, e li rimescola in modo più originale di quanto tanti dei suoi detrattori credano; al contempo però il primo esperimento di Blizzard nel mondo degli FPS non è un impeccabile esempio di “gioco perfetto”. Il mio obiettivo oggi è spiegarvi nel dettaglio cos’è effettivamente questo frenetico sparatutto, e come mai ha generato un tale quantitativo di discussioni e hype.
We can be heroes, just for one day
Partiamo dalle basi. Overwatch è al momento il principale esponente del nuovo filone degli Hero Shooter, FPS caratterizzati dalla possibilità di utilizzare vari personaggi muniti di abilità specifiche, in modo simile a quanto accade nei DOTA-like. Per dirla facile: una variante delle classi di Team Fortress 2, ma con molta più scelta e una differenziazione marcatissima legata ai poteri appena citati.
Accomunare il titolo Blizzard al free to play macina soldi di Valve è uno step mentale piuttosto automatico, dopotutto le modalità presenti nel gioco sono praticamente le stesse. La principale è proprio la modalità Payload, uno scontro in cui un team deve scortare un carico per un percorso prestabilito mentre gli avversari tentano di fermare la sua avanzata; questa è poi accompagnata da qualche variante che comprende anche il controllo di zone della mappa e da una modalità conquista divisa in round. Una delle più sfruttate motivazioni negli attacchi dei primi detrattori è proprio questa vicinanza, che stando alle voci più irritate del coro dimostra una notevole penuria di originalità da parte di Blizzard. Fatto sta che l’originalità c’è, e basta giocare ad Overwatch per qualche ora per rendersene conto. Il gioco Blizzard non è infatti costruito attorno a un fine equilibrio di squadre composte da una manciata di personaggi, né su un bilanciamento perfettamente simmetrico dei combattenti; qui il fondamentale è l’asimmetria nelle battaglie, gestita sulla base di un complesso sistema 6 contro 6 che vede ogni personaggio essere il perfetto counter per un determinato nemico, o una furba scelta per uscire da una specifica situazione complicata.
Meglio esser più precisi: in Overwatch gli eroi sono divisi in vari ruoli classici, che contano tank, personaggi difensivi, personaggi offensivi e supporti, eppure l’appartenenza a una data categoria non implica necessariamente una similarità tra i personaggi. Che si tratti di attaccanti o quant’altro, gli eroi di Overwatch sono altamente specializzati, e la loro presenza in uno scontro può portare un team a dover utilizzare strategie completamente diverse da quelle di una squadra contenente altri guerrieri con gli stessi ruoli. Ad esempio Pharah, con i suoi razzi dal raggio incredibile e la capacità di svolazzare per la mappa, è un incredibile killer di eroi statici; McCree è il miglior ammazzatank del gioco; Reinhardt e il suo scudo possono dare un vantaggio tattico incommensurabile contro cecchini e squadre molto offensive, e Mei ha la capacità di congelare eroi incredibilmente rapidi o di controllare il match murando temporaneamente certe entrate. Ogni eroe ha punti forti e marcate debolezze ed è la nemesi di qualcun altro: Blizzard ha pertanto sfruttato al meglio la situazione, dando ai giocatori la chance di cambiare alter ego ad ogni morte. Ciò che ne deriva è piuttosto palese: un match può venir del tutto ribaltato da un cambio di roster improvviso, e anche situazioni apparentemente invalicabili diventano bilanciatissime se si capisce come gira il tutto. Personaggi che possono sembrare inizialmente fuori di testa come Bastion sono dunque facilmente contrastabili, e anche se in queste prime fasi la massa di giocatori random potrebbe scoraggiarvi non c’è nulla da temere, poiché in quasi tutti gli shooter si ha una normalizzazione della community dopo qualche mese. L’unico fattore importante è che il titolo abbia un equilibrio, e Overwatch già lo possiede, cosa tutt’altro che scontata quando si mettono in campo soluzioni così singolari.
Shooting gallery
Overwatch qualche ruga la mostra pertanto non sul bilanciamento, bensì sulle meccaniche. Lo shooting del gioco è spassoso, e guadagna moltissimo dalla necessità di imparare ad usare più eroi e dalla mutevolezza delle partite, ma non è raffinato quanto si possa credere. La precisione c’è, così come buona è la risposta delle armi, eppure queste non possiedono una gran potenza, i colpi in grado di spostare i nemici o fermarli durante i movimenti sono spesso legati ad abilità dedicate proprio a quel compito, e le uccisioni sono principalmente una questione di posizione e freddi numeri (le stesse hitbox sono divise grossolanamente, con i danni legati in primis alla testa dei nemici e al degrado della potenza dei colpi sulla lunga distanza). Si tratta di una scelta quanto mai sensata in un competitivo di questo tipo, ma una potenza maggiore di certe bocche da fuoco avrebbe probabilmente fatto piacere a chi voleva un’esperienza più vicina a uno shooter classico. Pare ci sia poi un leggero problema di latenza agli alti livelli, a cui Blizzard sta attivamente lavorando, ma per il momento questi ritardi di qualche millesimo di secondo non hanno mai rovinato le nostre partite.
A parte queste mancanze legate in primis ai gusti dell’utenza, Overwatch è uno shooter fin troppo competente in ogni suo aspetto. Sarà anche il primo sparatutto di Blizzard, ma è impressionante notare la cura per i dettagli nelle varie mappe e il layout spesso brillante delle stesse. Al di fuori di un paio di location che avrebbero goduto molto di un paio di vie d’entrata alternative, ogni mappa offre innumerevoli possibilità di approccio, rendendo quasi impossibile la messa in campo di una formazione difensiva imbattibile. Uno studio così accurato delle arene richiede spesso anni di planning ed esperienza, Blizzard invece ci ha azzeccato alla prima botta, ad ulteriore dimostrazione delle impressionanti capacità di questa software house. Certo, il numero piuttosto limitato di modalità li ha indubbiamente aiutati nel compito.
Dove sono le mie classifiche?
Proprio le modalità sono forse l’unico elemento di Overwatch criticabile in modo pesante. Parliamoci chiaro, i difetti del gameplay sono inezie cancellate seduta stante dalle qualità del sistema e dalla varietà degli eroi, il bilanciamento funziona (e verrà ritoccato in caso di disequilibri) e i server si sono dimostrati così stabili da reggere persino il terrificante giorno del lancio. L’unica reale mancanza dell’opera di Blizzard sono i contenuti, poiché parliamo di un titolo puramente online con molte mappe e personaggi, ma una manciata di modalità e le partite classificate lasciate fuori alla release. Non ci aspettavamo ovviamente una campagna singleplayer o dozzine di opzioni, però qualche modalità extra e le ranked si potevano pretendere da un gioco a prezzo pieno.
Il fatto curioso è che pure davanti a contenuti così risicati è difficile scuotere la testa: le ranked sono state già annunciate e arriveranno a breve, tutti gli eroi e le mappe future verranno rilasciati gratuitamente e, conoscendo Blizzard, è il caso di aspettarsi update costanti e di altissimo livello durante la vita del prodotto. Quanto lo status al lancio di Overwatch vi infastidisca, insomma, dipende solo dalla vostra pazienza.
Chiudiamo con il comparto tecnico, assolutamente ineccepibile. Overwatch ha una grafica cartoonesca, ma vanta la tipica art direction stratosferica del colosso statunitense, e le sue mappe (ispirate da una versione fantascientifica del mondo reale) sono davvero splendide e ricchissime di dettagli. Il look degli eroi non è da meno – con qualche alto e basso – e in particolare i costumi alternativi alle volte ci hanno fatto cascare la mascella per la loro bellezza. C’è un sistema di microtransazioni correlato a queste modifiche estetiche, ma c’è davvero poco di cui preoccuparsi; i soldi qui comprano solo costumi, frasi fatte e loghi, e tutto può venir facilmente trovato in forzieri ottenuti ad ogni passaggio di livello. Nel giro di poche ore avrete già un bel po’ di vestiti da sfoggiare sui vostri eroi. Da applausi anche il numero di opzioni disponibili, che offrono un livello di personalizzazione dei comandi visto davvero di rado (e particolarmente utile per giocatori con handicap motori), e settaggi avanzatissimi anche per quanto riguarda il comparto tecnico o i singoli stili di gioco degli eroi.
CONSIDERAZIONI FINALI
Overwatch non è che un’altra finestra spalancata sullo spaventoso talento di Blizzard. Si tratta del loro primo FPS, eppure riesce a mescolare elementi ibridi con sapienza e a risultare originale pur riutilizzando formule in parte già viste. Velocissimo, incredibilmente vario e tra gli sparatutto più spassosi che abbia mai avuto modo di provare, questo è indubbiamente un titolo che consiglio a chiunque stia cercando uno shooter online di alta qualità. L’unica critica che gli si può muovere riguarda i risicati contenuti al lancio, ma anche questa è una situazione che verrà risolta con il passare del tempo. Tanto di cappello.
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